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Mons. Raspanti nominato presidente della CESi

È S.E. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, il nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana. Lo hanno eletto i vescovi delle 18 diocesi dell’Isola riuniti a Palermo per la sessione primaverile della CESi. Con l’inizio del ministero pastorale di mons. Luigi Renna a Catania, l’arcivescovo Salvatore Gristina ha concluso il suo mandato. I Vescovi hanno espresso il loro compiacimento e ringraziato Mons. Salvatore Gristina, presente alla votazione.

Mons. Antonino Raspanti è nato ad Alcamo, in provincia e diocesi di Trapani, il 20 giugno 1959. Dopo gli studi liceali, è entrato nel Seminario diocesano, frequentando quello arcidiocesano di Palermo, conseguendo il Baccellierato in Teologia presso la Facoltà Teologica di Sicilia nel 1982. Ha poi completato gli studi accademici presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, con il Dottorato in Teologia nel 1990. Ha ricevuto il diaconato il 6 marzo 1982 ed è stato ordinato presbitero il 7 settembre 1982, nella Chiesa Madre di Alcamo, da S.E. Mons. Emanuele Romano. Il 26 luglio del 2011 è stato nominato dal Papa Benedetto XVI vescovo eletto della Diocesi di Acireale e il giorno 1 Ottobre, ricevendo l’Ordinazione Episcopale nella basilica cattedrale, ha preso possesso della Diocesi.
E’ stato Preside della Facoltà teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” (dal 2002 al 2009) e attualmente è Vice Presidente per l’Italia meridionale della CEI (incarico assunto nel 2017)  Dal 2019 è membro del Pontificio Consiglio della Cultura.

 

Si conclude oggi la sessione primaverile della Conferenza Episcopale Siciliana. Tanti gli argomenti: confronto sulla bozza del documento da rivolgere alle Confraternite di Sicilia; Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano; presentazione del Bilancio aggregato dei Tribunali ecclesiastici della Sicilia a cura del vicario giudiziale mons. Antonino Legname; relazione annuale del Preside della Facoltà Teologica di Sicilia, prof. p. Rosario Pistone o.p. I vescovi incontreranno Oliviero Forti, responsabile di Caritas italiana per l’immigrazione e i corridori umanitari. Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania e Presidente del Comitato scientifico organizzatore delle Settimane Sociali, illustrerà il prosieguo del cammino dopo la Settimana sociale di Taranto. Mons. Guglielmo Giombanco, delegato per la formazione del clero, informerà circa la XXX Giornata regionale sacerdotale mariana, in programma a Roma nei giorni 7-9 giugno 2022, che si concluderà con l’udienza speciale con Papa Francesco.

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Raccolta di fondi per sostenere la popolazione ucraina

Una raccolta fondi domenica 6 marzo per “dare un segno concreto di solidarietà e comunione verso i nostri fratelli e sorelle ucraini che stanno vivendo il dramma della guerra“. E’ l’invito che l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha rivolto alla comunità diocesana.

L’Iban per il versamento delle offerte raccolte in occasione dell’emergenza Ucraina è:
Arcidiocesi di Siracusa – Caritas
IT 96 N 03069 09606 100000017300                                                                 specificando nella causale “Emergenza Ucraina”

In un clima di grande instabilità e di continui cambiamenti non è consigliabile acquisire, donare ed inviare generi materiali – scrive mons. Lomanto – poiché si rischierebbe di disperdere risorse preziose e non necessarie in questo specifico frangente. Risulta invece determinante avviare una campagna di raccolta fondi per sostenere azioni rappresentate come le più necessarie in questo momento da parte della Caritas Ucraina: predisposizione di alloggi e spazi protetti; forniture di materiale igienico; fornitura di cibo e acqua; organizzazione in sicurezza dei trasporti e servizio di sostegno psico sociale per i bambini e le famiglie in condizioni di vulnerabilità“.

La Presidenza della CEI rinnova l’appello già espresso: si depongano subito le armi e si promuova ogni azione a favore della pace.
La Presidenza invita a sostenere la raccolta fondi, avviata da Caritas Italiana, per far fronte ai bisogni immediati delle popolazioni vittime del conflitto, chiamando anche alla prossimità con le sorelle e i fratelli ucraini che sono nel nostro Paese. In questa fase è importante non disperdere le azioni ma seguire le indicazioni che Caritas Italiana fornirà in base all’evoluzione della situazione.
Caritas Italiana è in costante collegamento con le Caritas in Ucraina, in coordinamento con Caritas Europa e Caritas Internationalis e resta accanto alla popolazione, confermandosi una presenza instancabile nell’emergenza, con una costante attenzione alle persone. Inoltre, a fianco e a supporto delle Caritas dei Paesi confinanti, si adopera per l’accoglienza delle persone in fuga dalla guerra. Si stima che nei prossimi giorni tra uno e cinque milioni di ucraini potrebbero cercare rifugio in Europa: l’intera rete delle Caritas diocesane su tutto il territorio nazionale sostiene le azioni necessarie per rispondere ai bisogni più urgenti della popolazione in sofferenza o in fuga e a contribuire all’accoglienza di quanti arriveranno in Italia.

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Il messaggio dell'arcivescovo Francesco Lomanto alla Diocesi

Ascoltare, vedere, tacere per il tempo di Quaresima

Ascoltare, vedere, tacere. Sono i tre verbi che l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha voluto consegnare nella lettera per il tempo di Quaresima indirizzato alla Diocesi. Un invito a percorrere insieme il cammino quaresimale, “sostenendoci nell’adesione e nella partecipazione al mistero pasquale, che ci consente di rinnovare realmente la nostra vita“. Un modo per prepararsi “con spirito nuovo” alla Pasqua. I tre verbi si ritrovano nella narrazione lucana della trasfigurazione di Gesù: ascoltare, vedere e tacere (cf. Lc 9,28-36).

Ascoltare

“La vita cristiana suppone una vocazione divina: Dio chiama gli uomini alla comunione con Lui e la sua Parola rimane. È la Parola di Dio che crea e chiama. E, fintanto che non la accogliamo fino in fondo, la nostra vita non si realizza in pienezza. L’ascolto, dunque, si impone a noi come legge della nostra vita. La nostra vocazione, più che sotto il segno del vedere, è posta sotto il segno dell’ascoltare. Come già presso il popolo ebraico (Dt 6,4), anche per noi cristiani la fede — che dipende precisamente dall’ascoltare: «Fides ex auditu» («la fede viene dall’ascolto» Rm 10,17) — richiede l’accoglienza e l’ascolto della Parola di Dio. A questo ci richiama anche il Vangelo della trasfigurazione: se gli Apostoli vedono Gesù nella gloria e lo confessano come il Cristo, lo riconoscono solo per ascoltarlo. Proprio mentre Gesù è trasfigurato dinanzi ai loro sguardi, la voce del Padre conferma: «Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo» (Lc 9,36). L’ascolto, in questo senso, non è semplice esercizio dell’udito, ma è obbedienza alla Parola, sequela del Signore. Alla base di tutto deve rimanere l’ascolto che è la nostra vocazione divina. Anche il costante invito a percorrere il cammino sinodale implica necessariamente una continua conversione all’ascolto, un sincero «atteggiamento di apertura nei confronti della voce di Dio, che ci raggiunge attraverso la Scrittura, i fratelli e gli eventi della vita» (CEI, Il messaggio per la Quaresima, 2022).

Vedere
Il verbo vedere appartiene alla natura stessa della vita cristiana. Noi non siamo soltanto di questo mondo: siamo nel mondo, ma non siamo del mondo, perché apparteniamo al Regno di Dio (cf. Lettera a Diogneto). Mediante il battesimo, infatti, siamo entrati nel mistero divino. Nell’evento della trasfigurazione si aprirono gli occhi dei discepoli — prima velati — e videro Gesù, Verbo del Padre, splendore infinito della sua gloria. Anche noi, ora, viviamo in un mondo passibile in cui — pur essendo già in Dio — se i nostri sensi spirituali rimangono ottusi, rischiamo di non prendere coscienza della grandezza della nostra condizione di figli di Dio. Vedendo là gloria di Gesù, in Lui ci riscopriamo figli di Dio. Siamo figli di Dio, ma viviamo in questo mondo. E vivere in questo mondo può in gran parte velare la dimensione vera della nostra vita. Col battesimo siamo entrati nel mondo di Dio, che vediamo e non vediamo (cf. 1Cor 13,12). E, invece, siamo chiamati a vedere, perché la dimensione propria della nostra vita cristiana si caratterizza dall’ascendere al monte per vedere nella fede lo splendore della gloria di Gesù che — oltre la passione e la croce, al di là del tempo e dello spazio — ci raggiunge e ci coinvolge nel mistero di Dio. L’ascolto porta alla visione e la parola è fonte di vita e di carità. Chi ascolta vede il volto del Padre nel Figlio, il quale illumina anche il volto di chi ascolta.

Tacere
L’evangelista Luca annota: «Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto» (Lc 28,36). Alla fine, la voce si spegne, non si vede la gloria di Gesù, il quale resta solo e i discepoli tacciono. Il silenzio dei discepoli non è mutismo, né distacco, ma diventa un grande atto di fiducia in Gesù che — pur non comprendendolo del tutto — avevano contemplato nella gloria del Padre e che dovevano accompagnare fino a Gerusalemme, dove «sarà consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 28,44). Il loro silenzio diventerà preghiera e affidamento a Gesù, che consentirà loro di entrare sempre più nella luce del mondo divino e avere una esperienza sempre più grande e più vera di Dio. Il senso del cammino quaresimale è quello di stare sempre accanto a Gesù, affinché la nostra vita diventi sacramento vivo del Cristo, che vuole poter abitare nel nostro cuore. Col dono del suo Spirito, Cristo abita nei cuori dei discepoli ed essi lo conoscono di una conoscenza che è comunione con Lui, perché — come dice Pietro — «la stella del mattino è sorta nei loro cuori» (2Pt 1,19), illumina il loro intimo, li colma di pace anche nei momenti difficili e oscuri.

Scendiamo, dunque, dal monte e viviamo il nostro esodo verso la Pasqua. Affrontiamo i pericoli della pandemia e del post pandemia, rigettando ogni forma di individualismo e di egoismo, promuovendo piuttosto il senso dell’unità, dell’aiuto reciproco, dello stare insieme, del camminare insieme, del progredire insieme, perché non ci si salva da soli, ma insieme in Cristo Gesù. Prima di chiudere questa lettera, mi unisco all’appello accorato del Papa, affinché all’insensatezza diabolica della violenza rispondiamo con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno, che il prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, offriremo al Signore per la Pace, contro ogni forma di guerra che umilia e mortifica la persona e l’umana convivenza (cf. Francesco, Appello, 23.02.2022). Impariamo a coltivare il dono della pace, promuovendo il bene comune. Costruiamo con coraggio creativo la civiltà dell’amore. Percorriamo insieme il cammino della pace per uno sviluppo integrale della vita reale delle persone, delle famiglie e della società e per un dialogo costruttivo tra le nazioni, nonostante «l’assordante rumore di guerre e di conflitti» (Francesco, Messaggio per la L V Giornata Mondiale della Pace, 01.01.2022). Viviamo la Pace vera, intima e pura che è Gesù, cresciamo nell’amore che ci unisce per la pietà di un cuore solo e portiamo nel mondo la vera gioia della Pasqua. Sia con voi il Signore sempre, affinché possiate vivere da risorti ed essere per tutti un dono ineffabile di carità. Vi auguro un buon cammino quaresimale, vi assicuro la mia preghiera e vi benedico tutti nel Signore.

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Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza

Le parole di papa Francesco, quelle di San Giovanni Paolo II, letture dal Vangelo, l’esposizione eucaristica, la preghiera. Migliaia di persone hanno preso parte ieri sera alla veglia per la pace nella Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime. Un momento promosso dall’Arcidiocesi di Siracusa per ripudiare la guerra, chiedere che vengano deposte le armi, superare le barriere per il bene dell’umanità. Partendo proprio da quanto detto dal Santo Padre all’Angelus di domenica scorsa: “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza”.
E per far risplendere quella luce portata da Gesù, sono stati accesi i lumini dal cero pasquale per far risplendere la luce della pace.
Il primo dono del Risorto ai discepoli è la pace – ha detto l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, che ha presieduto la veglia -. Tre volte nel Vangelo è ripetuto il saluto del Risorto ai discepoli. Non esprime lʼaspetto negativo del perdono che suppone il ricordo del peccato, ma la pace che è il possesso del bene, che è la salvezza. Proprio in conseguenza di questa pace essi non provano sgomento o paura, non dubitano, ma, nella presenza amata del Risorto, vivono la gioia pura, piena, perfetta”. Mons. Lomanto ha spiegato come “la prima pace che siamo chiamati a vivere è la pace prima di tutto di noi stessi con Dio, pace che nasce dall’unione con Lui per cui non possiamo vivere più altra vita che la sua. Questa è la prima pace: l’unione più intima con Dio. Nell’unità col Cristo noi dobbiamo vivere anche un’altra pace con tutti gli uomini”.
Contenuto essenziale dell’annunzio cristiano è la ricerca della pace: “una prova della testimonianza di carità, un aspetto essenziale del dialogo della Chiesa con gli uomini del nostro tempo. Nel Novecento Benedetto XV, durante la prima guerra mondiale, condannò più volte la guerra in quanto tale definendola «il suicidio dell’Europa civile» (4 marzo 1916), «la più fosca tragedia della follia umana» (4 dicembre 1916) e infine «inutile strage» (Nota, 1 agosto 1917). Il successore Pio XI, mentre lʼEuropa si preparava al secondo conflitto mondiale, dichiarò tutta la sua avversione alla guerra, invocando Dio, con le parole di un salmo, a disperdere coloro che vogliono la guerra. Pio XII, poi, nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, lanciò lʼappello: «Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace». Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris affermò la sua ferma convinzione che la pace non è impossibile. Paolo VI insistette molto nel suo magistero sulla pace come condizione di ogni possibilità di sviluppo integrale dellʼuomo. Istituì l’uso del messaggio papale per la pace all’ inizio di ogni anno. E, infine, Giovanni Paolo II ha parlato della guerra come di «Avventura senza ritorno» (1989); una «Sconfitta dell’umanità». Papa Francesco: «Chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11); «Tacciano le armi: Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza».
In occasione della 55esima Giornata Mondiale della Pace, papa Francesco ha affermato: «In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati».
E prima della supplica alla Madonna delle lacrime, ancora le parole di papa Francesco: “A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Aiutaci Maria a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno ed in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace”.
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Auguri al pastore della Chiesa siracusana

La Diocesi esprime i più filiali e sinceri auguri all’arcivescovo mons. Francesco Lomanto, nel giorno del 60esimo compleanno.
“Li esprimiamo – scrive il vicario generale dell’Arcidiocesi, mons. Sebastiano Amenta – facendo nostra l’esortazione che spesso il nostro Pastore ci rivolge: andiamo avanti! Andiamo avanti, seguendo il nostro Padre Vescovo, come suggerisce l’invocazione latina: Orémus pro Antistite nostro: stet et pascat in fortitúdine Tua, Dómine, in sublimitate Nóminis Tui. Preghiamo per il nostro Arcivescovo Francesco, per colui che sta davanti a noi segnandoci il percorso e aprendoci il cammino con il suo passo saldo, pascendo il popolo nella tua fortezza, o Signore, illuminato e guidato dalla sublimità del tuo nome”.

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Il momento di preghiera sarà presieduto dall'arcivescovo Lomanto

Uniti nella pace, veglia al Santuario

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27).
Una veglia di preghiera per la pace avrà luogo lunedì prossimo, 28 febbraio, alle ore 20.00, nel Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa. La veglia sarà presieduta dall’arcivescovo, mons. Francesco Lomanto. L’iniziativa “Uniti nella pace” è stata promossa dalla Diocesi di Siracusa in seguito al conflitto bellico che sta avvenendo in Ucraina.
Di fronte alla gravità delle ore che il mondo vive, i cattolici di Siracusa condividono con tutti i credenti la certezza che la preghiera alimenta la speranza che deve sempre sorreggere l’impegno di essere costruttori di pace. Come cittadini ci impegniamo a costruire relazioni di reciproco rispetto e come cittadini cristiani offriamo la nostra preghiera per la pace nel mondo, consapevoli che la logica evangelica contrasta con la logica della geopolitica. Sarà possibile partecipare al momento di preghiera anche in collegamento streaming dal sito
www.madonnadellelacrime.it.
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Le istanze della Chiesa al San Metodio

Si terrà venerdì 25 alle ore 18.30, il settimo appuntamento del corso di aggiornamento on line su Le nuove forme di sinodalità promosso dall’ISSR, Istituto Superiore di Scienze Religiose, San Metodio e dall’Ufficio per l’insegnamento della religione cattolica. Interverrà la prof.ssa Tina Buccheri, sociologa e docente di Sociologia della religione al San Metodio, che parlerà su “Le istanze nella Chiesa del Novecento”. Interverrà il direttore don Salvatore Spataro.
L’incontro è aperto a tutti e si tiene on line su piattaforma cisco webex meetings. È possibile richiedere l’invito scrivendo a info@sanmetodio.it  fino alle 17.00 dello stesso giorno.

 

Le nuove forme di sinodalità programma

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Padre Maccalli: “C’è da essere, non c’è solo da fare”

Che Dio ci faccia comprendere un giorno che siamo tutti fratelli”. E’ questa la frase che padre Gigi Maccalli ha detto al capo del villaggio che lo aveva tenuto nascosto per mesi. Era arrivato il momento della sua liberazione e alcune ore dopo sarebbe rientrato in Italia. Il padre missionario della provincia di Crema, 59 anni, della Società Missione Africane, era stato rapito in Niger al confine col Burkina Faso, nella notte tra il 17 e il 18 settembre del 2018, da miliziani jihadisti. Prestava la sua opera nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey. Dopo due anni, l’8 ottobre del 2020, la liberazione in Mali. La testimonianza di padre Gigi è stata al centro della giornata  organizzata dal Centro missionario diocesano guidato da don Salvo Musso al Palazzo San Zosimo, in Arcivescovado.
Con padre Maccalli anche padre Salvatore Cardile del Pime, missionario per molti anni in Brasile; e Alex Zappalà, direttore del Centro missionario della diocesi di Pordenone-Concordia che ha svolto per 15 anni il suo servizio in Missio Giovani, organismo della CEI per l’animazione missionaria dei giovani. Zappalà ha parlato della sua esperienza in Amazzonia: “I martiri sono tali non solo perché hanno perso la vita ma perché hanno testimoniato fino alla fine. Fare qualcosa per gli altri e importante. Ma essere qualcosa per gli altri è di più“.
Ad aprire l’incontro è stato l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto. Come ci dice papa Francesco , siamo missionari con l’annunzio e la testimonianza. Dobbiamo prendere coscienza della nostra identità e vivere l’annunzio del Vangelo. Coltivare lo spirito missionario nel nostro cuore. Siamo canali di grazia per portare Gesù all’altro” ha detto mons Francesco Lomanto.
Padre Gigi ha raccontato la sua esperienza missionaria nel Niger e la sua prigionia durata due anni: “Il mio rapporto con Dio si è rafforzato. Ho gridato il mio dolore nella preghiera dei salmi. Anche nel più grande buio c’è una luce. Il Signore mi ha dato un’esperienza profonda da fare“. Il missionario ha raccontato del rapimento, del viaggio in motocicletta per 17 giorni. Delle catene chiuse alle caviglie. Del trasferimento in auto e del deserto, “prigione a cielo aperto“.  Per mesi tra le dune. I trasferimenti dal Niger al Burkina Fasu fino all’Algeria. “Mi ero fatto dare un foglietto dove annotavo i miei pensieri. Poi mi hanno dato l’etichetta di un ananas e poi un pezzo di cartone“. Padre Gigi ha mostrato i tre regali che si è portato a casa: “Un anello della catena. Sono riuscito anche ad aprire il bullone, anche se poi lo hanno sostituito con uno più grosso. Questo anello mi ricorda la comunione con tante vittime innocenti. La gente è ostaggio di tanta violenza e tanta paura. Il secondo regalo è questo straccio di stoffa. L’ho annodato, come fosse un rosario e pregavo. Quello che ho scoperto è stato l’essenziale. Ho sofferto la fame, il freddo ed il caldo. Mi mancava poter comunicare. Comunicare amore e vivere la libertà. Ero circondato da sette giovani con kalashnikov, ostaggi di analfabetismo e propaganda“. Il terzo regalo è un oggetto che il missionario ha costruito con le sue mani: “Mi sono costruito una piccola croce in legno. Mi resta il silenzio. Ho fatto esperienza del silenzio e del silenzio di Dio. Ho scoperto in quel silenzio un Dio che è oltre la Parola. La nostra vita è tra dono e perdono. La speranza mi accompagnava. Padre perdona loro non sanno quello che fanno, mi ripetevo. La prima parola di Gesù risorto è Shalom, pace a voi. Il perdono fasciato di silenzio genera la pace. Questo credo fortemente. Mi trovo oggi a testimoniare: non ci sono solo cose da fare, c’è da essere, c’è da essere comunione con questo Dio che ama gratuitamente tutta l’umanità e pregare perchè nasca davvero la pace“.

L’incontro è stato promosso dal Centro missionario diocesano, dalla Caritas diocesana, dall’Ufficio per la Pastorale giovanile, dall’Ufficio Migrantes, dal Centro diocesano per le vocazioni, dal Servizio per la pastorale del turismo, tempo libero e sport.

 

 

 

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Fra Vittorio è tornato alla casa del Padre

Fra Vittorio Midolo, 39 anni di Augusta, della Provincia cappuccina di Siracusa, è ritornato alla Casa del Padre. L’amore per la fraternità, la dedizione alla Gioventù Francescana hanno caratterizzato il suo servizio sempre con il sorriso. Martedì 22 alle ore 18.45 nella Chiesa di Cristo Re di Augusta, la Fraternità e la Comunità si raccoglieranno per pregare per il  fratello Vittorio.
Il rito funebre avrà luogo mercoledì 23 alle ore 10.30 nella Chiesa di Cristo Re.

 

 

Padre Vittorio, 39 anni, è ritornato alla casa del Padre – Lo ricordiamo con le sue stesse parole di gioia e di fede

 

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Padre Gigi Maccalli: vivere per dono

La testimonianza di padre Gigi Maccalli, missionario dello Sma, caratterizzerà domenica 20 l’incontro promosso dal Centro missionario nel cammino di preparazione al MissioFest che si terrà dal 25 al 27 marzo.

Al Palazzo San Zosimo, in Arcivescovado (piazza Duomo 5), alle ore 10.15 momento di preghiera per il benvenuto e la presentazione di padre Salvatore Cardile del Pime, missionario per molti anni in Brasile; Alex Zappalà, direttore del Centro missionario della diocesi di Pordenone-Concordia che ha svolto per 15 anni il suo servizio in Missio Giovani, organismo della CEI per l’animazione missionaria dei giovani. Seguirà la testimonianza di padre Gigi Maccalli, che racconterà la sua esperienza missionaria nel Niger e la sua prigionia durata due anni nelle mani dei jihadisti.
Alle ore 12.00 avranno luogo i laboratori interrotti solo dal pranzo a sacco. Alle ore 16.00 le conclusioni e alle ore 16.30 la celebrazione della messa. 

L’incontro è promosso dal Centro missionario diocesano, dalla Caritas diocesana, dall’Ufficio per la Pastorale giovanile, dall’Ufficio Migrantes, dal Centro diocesano per le vocazioni, dal Servizio per la pastorale del turismo, tempo libero e sport.

 «Adesso sono libero per liberare il perdono e spegnere sul nascere ogni inizio di violenza. Sono libero per liberare l’accoglienza e consolare chi è affaticato e oppresso. Sono libero per liberare la parola e dire a tutti di non incatenare mai nessuno» (Padre Gigi Maccalli)

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