Archivi della categoria: Vescovo Francesco

Cammino, da 40 anni al servizio della verità

I giornalisti stanno vivendo, forse più di altre categorie, una crisi difficile, dalla quale non sarà facile rialzarsi. In un periodo nel quale assistiamo alla scomparsa dei giornali, soprattutto dei quotidiani, celebriamo il 40esimo anniversario del settimanale cattolico della nostra Diocesi, Cammino, che esprime la capacità di rinnovarsi nel servizio della verità, nel sostegno alla missione evangelizzatrice della Chiesa e nel confronto con i segni dei tempi”. L’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, benedice una sacra immagine di Gesù posizionata nei locali della nuova redazione del settimanale Cammino. Locali messi a disposizione dalla Diocesi che ospiteranno, oltre alla redazione, anche la sede provinciale dell’UCSI, Unione cattolica stampa italiana. L’arcivescovo Lomanto ha sottolineato la laicità per la missione evangelizzatrice, una dimensione fondamentale per il servizio alla verità. Ed ha richiamato le parole del Santo Padre nel messaggio per la 55esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul «rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società».
All’inaugurazione dei locali, in via Lentini 42 a Siracusa, era presente il presidente nazionale della FISC (Federazione italiana settimanali cattolici) Mauro Ungaro: “L’augurio al Cammino è di saper ancora ascoltare facendo emergere, come ha fatto in questi primi 40 anni, tante storie di quotidiana speranza che hanno come protagonisti gli uomini e le donne che vivono nel nostro territorio perché la loro testimonianza divenga davvero esperienza condivisa e narrazione sinodale” ha detto Ungaro. “Il territorio non rappresenta solo ciò di cui ci occupiamo ma coloro a cui ci rivolgiamo, che ascoltiamo e di cui parliamo: le persone che lo abitano e lo costituiscono, la generazione presente, quelle passate e quelle future. È stato scritto che la Chiesa sta in terra come una pianta con radici ben solide, legate al paese ed alle città ma è sempre in mare aperto per evangelizzare nuovi territori e terre sconosciute. Il legame con il territorio, quindi, non è un ostacolo né un invito al campanilismo ma il trampolino di slancio per aprirsi ulteriormente all’altro”.

Francesco Lomanto, Alessandro Ricupero, Mauro Ungaro

Subito mi vengono alla memoria quanti hanno speso energie di mente e di cuore per prepararlo e diffonderlo, con passione grande, nelle diverse parti della diocesi – ha detto Salvo di Salvo, tesoriere dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia -. A mons. Gozzo, padre Inserra e padre Pippo Lombardo che negli ultimi tre decenni hanno speso la loro vita per il giornalismo cattolico e siracusano. Il nostro settimanale è stato ed è e sarà per la nostra diocesi uno strumento indispensabile per garantire comunione e discernere criticamente i diversi avvenimenti della Chiesa e del mondo. Questo anniversario susciti il desiderio di considerare questo strumento di comunicazione come uno dei sussidi indispensabili alla evangelizzazione per arrivare in ogni ambiente, una possibilità quindi per una “Chiesa in uscita”, come afferma Papa Francesco”.

All’incontro hanno partecipato anche mons. Maurizio Aliotta, direttore dell’Ufficio per la pastorale delle Comunicazioni sociali e della cultura della Diocesi di Siracusa; Domenico Interdonato e Alberto Lo Passo, rispettivamente presidente UCSI Sicilia e presidente UCSI Siracusa. “Un evento che si realizza proprio mentre in città si stanno spengono le luci delle prestigiose redazioni provinciali dei quotidiani siciliani, cioè mentre si materializza la crisi della carta stampata – ha detto il direttore del Cammino, Orazio Mezzio -. In quest’anno cureremo la digitalizzazione dell’archivio editoriale e fotografico, per metterlo a disposizione del patrimonio culturale della città”. Un modo per non disperdere la memoria collettiva. Siamo passati al web ma continuiamo ad uscire in edizione cartacea. La linea editoriale resta sempre quella di contribuire al dibattito fra le persone, soprattutto oggi che ci troviamo a vivere in una dimensione dove non sappiamo quale futuro ci attende ha concluso Mezzio.
“Portiamo avanti un progetto che ha otto lustri di vita e che grandi uomini di una grande Chiesa hanno voluto, concepito, portato avanti – ha aggiunto Luca Marino, presidente della cooperativa Cammino -. Ne siamo gli indegni eredi, in un contesto sociale, economico, ecclesiale certamente complesso e complicato”. Un saluto è arrivato anche dal segretario provinciale dell’Assostampa Prospero Dente mentre le testimonianze sono state di tre storici collaboratori della testata giornalista: Marco Fatuzzo, Gianni Failla e Giuseppe Matarazzo.

condividi su

Raccolta di fondi per sostenere la popolazione ucraina

Una raccolta fondi domenica 6 marzo per “dare un segno concreto di solidarietà e comunione verso i nostri fratelli e sorelle ucraini che stanno vivendo il dramma della guerra“. E’ l’invito che l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha rivolto alla comunità diocesana.

L’Iban per il versamento delle offerte raccolte in occasione dell’emergenza Ucraina è:
Arcidiocesi di Siracusa – Caritas
IT 96 N 03069 09606 100000017300                                                                 specificando nella causale “Emergenza Ucraina”

In un clima di grande instabilità e di continui cambiamenti non è consigliabile acquisire, donare ed inviare generi materiali – scrive mons. Lomanto – poiché si rischierebbe di disperdere risorse preziose e non necessarie in questo specifico frangente. Risulta invece determinante avviare una campagna di raccolta fondi per sostenere azioni rappresentate come le più necessarie in questo momento da parte della Caritas Ucraina: predisposizione di alloggi e spazi protetti; forniture di materiale igienico; fornitura di cibo e acqua; organizzazione in sicurezza dei trasporti e servizio di sostegno psico sociale per i bambini e le famiglie in condizioni di vulnerabilità“.

La Presidenza della CEI rinnova l’appello già espresso: si depongano subito le armi e si promuova ogni azione a favore della pace.
La Presidenza invita a sostenere la raccolta fondi, avviata da Caritas Italiana, per far fronte ai bisogni immediati delle popolazioni vittime del conflitto, chiamando anche alla prossimità con le sorelle e i fratelli ucraini che sono nel nostro Paese. In questa fase è importante non disperdere le azioni ma seguire le indicazioni che Caritas Italiana fornirà in base all’evoluzione della situazione.
Caritas Italiana è in costante collegamento con le Caritas in Ucraina, in coordinamento con Caritas Europa e Caritas Internationalis e resta accanto alla popolazione, confermandosi una presenza instancabile nell’emergenza, con una costante attenzione alle persone. Inoltre, a fianco e a supporto delle Caritas dei Paesi confinanti, si adopera per l’accoglienza delle persone in fuga dalla guerra. Si stima che nei prossimi giorni tra uno e cinque milioni di ucraini potrebbero cercare rifugio in Europa: l’intera rete delle Caritas diocesane su tutto il territorio nazionale sostiene le azioni necessarie per rispondere ai bisogni più urgenti della popolazione in sofferenza o in fuga e a contribuire all’accoglienza di quanti arriveranno in Italia.

condividi su

Il messaggio dell'arcivescovo Francesco Lomanto alla Diocesi

Ascoltare, vedere, tacere per il tempo di Quaresima

Ascoltare, vedere, tacere. Sono i tre verbi che l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha voluto consegnare nella lettera per il tempo di Quaresima indirizzato alla Diocesi. Un invito a percorrere insieme il cammino quaresimale, “sostenendoci nell’adesione e nella partecipazione al mistero pasquale, che ci consente di rinnovare realmente la nostra vita“. Un modo per prepararsi “con spirito nuovo” alla Pasqua. I tre verbi si ritrovano nella narrazione lucana della trasfigurazione di Gesù: ascoltare, vedere e tacere (cf. Lc 9,28-36).

Ascoltare

“La vita cristiana suppone una vocazione divina: Dio chiama gli uomini alla comunione con Lui e la sua Parola rimane. È la Parola di Dio che crea e chiama. E, fintanto che non la accogliamo fino in fondo, la nostra vita non si realizza in pienezza. L’ascolto, dunque, si impone a noi come legge della nostra vita. La nostra vocazione, più che sotto il segno del vedere, è posta sotto il segno dell’ascoltare. Come già presso il popolo ebraico (Dt 6,4), anche per noi cristiani la fede — che dipende precisamente dall’ascoltare: «Fides ex auditu» («la fede viene dall’ascolto» Rm 10,17) — richiede l’accoglienza e l’ascolto della Parola di Dio. A questo ci richiama anche il Vangelo della trasfigurazione: se gli Apostoli vedono Gesù nella gloria e lo confessano come il Cristo, lo riconoscono solo per ascoltarlo. Proprio mentre Gesù è trasfigurato dinanzi ai loro sguardi, la voce del Padre conferma: «Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo» (Lc 9,36). L’ascolto, in questo senso, non è semplice esercizio dell’udito, ma è obbedienza alla Parola, sequela del Signore. Alla base di tutto deve rimanere l’ascolto che è la nostra vocazione divina. Anche il costante invito a percorrere il cammino sinodale implica necessariamente una continua conversione all’ascolto, un sincero «atteggiamento di apertura nei confronti della voce di Dio, che ci raggiunge attraverso la Scrittura, i fratelli e gli eventi della vita» (CEI, Il messaggio per la Quaresima, 2022).

Vedere
Il verbo vedere appartiene alla natura stessa della vita cristiana. Noi non siamo soltanto di questo mondo: siamo nel mondo, ma non siamo del mondo, perché apparteniamo al Regno di Dio (cf. Lettera a Diogneto). Mediante il battesimo, infatti, siamo entrati nel mistero divino. Nell’evento della trasfigurazione si aprirono gli occhi dei discepoli — prima velati — e videro Gesù, Verbo del Padre, splendore infinito della sua gloria. Anche noi, ora, viviamo in un mondo passibile in cui — pur essendo già in Dio — se i nostri sensi spirituali rimangono ottusi, rischiamo di non prendere coscienza della grandezza della nostra condizione di figli di Dio. Vedendo là gloria di Gesù, in Lui ci riscopriamo figli di Dio. Siamo figli di Dio, ma viviamo in questo mondo. E vivere in questo mondo può in gran parte velare la dimensione vera della nostra vita. Col battesimo siamo entrati nel mondo di Dio, che vediamo e non vediamo (cf. 1Cor 13,12). E, invece, siamo chiamati a vedere, perché la dimensione propria della nostra vita cristiana si caratterizza dall’ascendere al monte per vedere nella fede lo splendore della gloria di Gesù che — oltre la passione e la croce, al di là del tempo e dello spazio — ci raggiunge e ci coinvolge nel mistero di Dio. L’ascolto porta alla visione e la parola è fonte di vita e di carità. Chi ascolta vede il volto del Padre nel Figlio, il quale illumina anche il volto di chi ascolta.

Tacere
L’evangelista Luca annota: «Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto» (Lc 28,36). Alla fine, la voce si spegne, non si vede la gloria di Gesù, il quale resta solo e i discepoli tacciono. Il silenzio dei discepoli non è mutismo, né distacco, ma diventa un grande atto di fiducia in Gesù che — pur non comprendendolo del tutto — avevano contemplato nella gloria del Padre e che dovevano accompagnare fino a Gerusalemme, dove «sarà consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 28,44). Il loro silenzio diventerà preghiera e affidamento a Gesù, che consentirà loro di entrare sempre più nella luce del mondo divino e avere una esperienza sempre più grande e più vera di Dio. Il senso del cammino quaresimale è quello di stare sempre accanto a Gesù, affinché la nostra vita diventi sacramento vivo del Cristo, che vuole poter abitare nel nostro cuore. Col dono del suo Spirito, Cristo abita nei cuori dei discepoli ed essi lo conoscono di una conoscenza che è comunione con Lui, perché — come dice Pietro — «la stella del mattino è sorta nei loro cuori» (2Pt 1,19), illumina il loro intimo, li colma di pace anche nei momenti difficili e oscuri.

Scendiamo, dunque, dal monte e viviamo il nostro esodo verso la Pasqua. Affrontiamo i pericoli della pandemia e del post pandemia, rigettando ogni forma di individualismo e di egoismo, promuovendo piuttosto il senso dell’unità, dell’aiuto reciproco, dello stare insieme, del camminare insieme, del progredire insieme, perché non ci si salva da soli, ma insieme in Cristo Gesù. Prima di chiudere questa lettera, mi unisco all’appello accorato del Papa, affinché all’insensatezza diabolica della violenza rispondiamo con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno, che il prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, offriremo al Signore per la Pace, contro ogni forma di guerra che umilia e mortifica la persona e l’umana convivenza (cf. Francesco, Appello, 23.02.2022). Impariamo a coltivare il dono della pace, promuovendo il bene comune. Costruiamo con coraggio creativo la civiltà dell’amore. Percorriamo insieme il cammino della pace per uno sviluppo integrale della vita reale delle persone, delle famiglie e della società e per un dialogo costruttivo tra le nazioni, nonostante «l’assordante rumore di guerre e di conflitti» (Francesco, Messaggio per la L V Giornata Mondiale della Pace, 01.01.2022). Viviamo la Pace vera, intima e pura che è Gesù, cresciamo nell’amore che ci unisce per la pietà di un cuore solo e portiamo nel mondo la vera gioia della Pasqua. Sia con voi il Signore sempre, affinché possiate vivere da risorti ed essere per tutti un dono ineffabile di carità. Vi auguro un buon cammino quaresimale, vi assicuro la mia preghiera e vi benedico tutti nel Signore.

condividi su

Gli auguri dell'arcivescovo mons. Francesco Lomanto

Cercare lʼumiltà per la realizzazione della dignità umana

Cercare lʼumiltà per favorire la piena realizzazione della dignità umana. E’ uno degli inviti che l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha rivolto ai fedeli in occasione delle imminenti festività natalizie, incontrando i giornalisti e gli operatori della comunicazione della Diocesi per condividere una riflessione sul Natale e per uno scambio di auguri.
L’arcivescovo partendo dal messaggio di Papa Francesco per la 55ma giornata mondiale della pace ha rilanciato tre temi “che mi stanno a cuore: il dialogo, lʼeducazione e il lavoro. Papa Francesco propone tre vie da percorrere “per la costruzione di una pace duratura”: “il dialogo tra le generazioni e la fiducia reciproca tra gli interlocutori”; “l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo”; e “il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana”. Partendo da queste tre vie, vi invito a guardare la realtà per cercare di capire i rischi che presenta oggi il mondo e per prospettare proposte concrete”.
Mons. Lomanto ha invitato a “promuovere il dialogo e la fiducia tra gli interlocutori e superare la violenza. Al dialogo si oppone la violenza. La violenza si va sempre più connotando quale diffuso atteggiamento che si manifesta spesso come aggressività verbale. È la legge della “voce più forteˮ negli organi di stampa; è il linguaggio dei social media, dove gli odiatori hanno un grande seguito. Papa Francesco nel suo messaggio per la 55ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali ci ricorda: «Sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili […].Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità». Dalla violenza verbale alla violenza fisica il passo non è certamente lungo. E mi riferisco alle molte violenze che si consumano fra le mura domestiche, agli omicidi del partner; penso alla violenza contro i medici, gli infermieri e operatori sanitari che non riescono più a nascondere esasperazione e stanchezza; e penso alle minacce fisiche e aggressioni proprio a voi, ai giornalisti, che svolgete correttamente il vostro servizio. Occorre superare la violenza con il dialogo, l’ascolto, il confronto l’accordo e la fiducia reciproca degli interlocutori”. L’arcivescovo ha invitato a “camminare insieme per superare la crisi dellʼindividualismo e per realizzare la libertà e lo sviluppo. Lʼistruzione e lʼeducazione «sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso» (Francesco, 55ma GM pace). Voi siete stati e siete ancora adesso principali interpreti di questa pandemia e della post pandemia: occorre evitare il rischio dell’individualismo e dell’egoismo e accrescere il senso dellʼunità, dellʼaiuto reciproco, dello stare insieme, del camminare insieme, del progredire insieme, perché ci si salva insieme. Ed insieme si superano le sofferenze causate dalle alluvioni che hanno danneggiato le case di tante famiglie, di tante attività produttive; hanno distrutto terre e mietuto vittime. Ed anche sullo stato del nostro territorio dovremmo interrogarci. L’amore per Dio ci spinge allʼattenzione verso lʼaltro e al rispetto di tutti e di tutto. Al primo posto ci sia lʼattenzione la bene comune e di ciascuno. Lʼamore cristiano, essendo un amore personale, è più vero quando stabilisce un rapporto reale di comunione, anche se non fa nulla di visibile. Spesso opera nel sacrificio, nella sofferenza, nel silenzio, nella preghiera, nel dono di sé, perché è lʼamore crocifisso”.
Infine cercare lʼumiltà per favorire la piena realizzazione della dignità umana (promuovendo anche il superamento delle prospettive drammatiche della disoccupazione). «Lʼumiltà è la prima e fondamentale virtù, non solo individualmente davanti a Dio, ma socialmente in mezzo agli uomini» perché «lʼumiltà rende giustizia agli altri, lʼumiltà è una virtù sociale, lʼumiltà è amore» (L. Sturzo, Problemi spirituali, 83). Lʼumiltà «fa avvicinare gli uomini in solidarietà fraterna, senza che nessuno possa credersi migliore o superiore agli altri; ci fa apprezzare in verità il posto che ciascuno deve occupare nella creazione, rigettando la menzogna dellʼorgoglio, della vanità, della compiacenza di sé, e ogni ingiustizia che ci faccia sovrapporre agli altri e preporre a Dio stesso» (Id., Vera vita, 96). Il Bambino Gesù ci insegna lʼumiltà. A tutti. Qualunque posto o ruolo ricopriamo nella società. Guardiamo a quella mangiatoia e guardiamo al Bambinello per trascorrere un Natale nel segno dellʼumiltà, della serenità e della pace, della non violenza e del donarsi allʼaltro. Impariamo ad amare dal Santo Bambino”.
L’arcivescovo ha ringraziato i giornalisti per la donazione di 50 chilogrammi di pane alla Caritas della Chiesa Madre di Carlentini.
Il tesoriere dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Salvatore Di Salvo, ha sottolineato il delicato momento che sta vivendo la categoria per la crisi del settore che sembra non terminare: “L’Ordine effettuerà un monitoraggio della situazione precaria che stanno vivendo tutti i colleghi a causa della crisi dell’editoria e sarà al fianco dei colleghi che vivono momento di fragilità”. Di Salvo, in qualità di segretario nazionale dell’Ucsi, ha donato il testo di Vania De Luca e Marika Spalletta dal titolo “Pandemie mediali”, lo studio che riguarda il periodo pandemico vissuto dai giornalisti.
Grazie a mons. Lo Manto per la riflessione che ci ha donato. Parole che hanno richiamato il nostro servizio a favore di chi non ha voce. Parole che sono sostegno al nostro impegno quotidiano in un momento di grave crisi editoriale e di continue minacce nei confronti dei giornalisti. Una voce autorevole che riconosce il ruolo sociale e la missione laica di uomini e donne che raccontano la storia di questo tempo anche nella nostra provincia” ha detto il segretario provinciale dell’Assostampa Prospero Dente, che insieme al presidente provinciale dell’Ucsi Alberto Lo Passo, ha donato all’arcivescovo una forma di pane, simbolo della donazione alla Caritas.
Il messaggio dell’arcivescovo Francesco Lomanto
condividi su

L'arcivescovo Lomanto al Palazzo di Giustizia

Siete orientati alla ricerca della verità

Il vostro alto ministero è un ministero a servizio della verità, di quella verità che non teme di porre più, e più volte, in dubbio, conclusioni cui si è pervenuti; un ministero che richiede l’umiltà di chi sa che la ricerca della verità va al di là delle opinioni che ciascuno possa essersi, più o meno fondatamente, create”. Ha usato queste parole l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto rivolgendosi al presidente del Tribunale Dorotea Quartararo, al procuratore Sabrina Gambino, al procuratore aggiunto Fabio Scavone, al presidente della prima sezione Civile Antonio Alì, al presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati Carlo Greco e agli altri magistrati e avvocati riuniti nel cortile antistante il Palazzo di Giustizia.
Il “Natale del giurista”, iniziativa promossa dalla sezione di Siracusa dell’Unione giuristi cattolici italiani guidata dal presidente Ottavio Palazzolo, è stata anche quest’anno condizionata dall’emergenza sanitaria. Ma l’auspicio è che il prossimo anno l’arcivescovo potrà visitare nuovamente i piani del Tribunale per un saluto prima del Natale.

Ci ritroviamo nuovamente in questo Palazzo di Giustizia per scambiarci gli auguri natalizi e, al contempo, per condividere una riflessione sul vostro prezioso ministero a favore della giustizia – ha esordito l’arcivescovo -. Il compito dei giuristi è stabilire anzitutto se a una pretesa corrisponda o meno un diritto, per poi determinarne la titolarità. Per pervenire alla definizione di tali rapporti, la cultura giuridica ha fatto ricorso alle dinamiche processuali che sono finalizzate ad accertare la verità delle posizioni di parti. La verità è concetto a me molto caro, tanto da averlo posto all’interno del mio motto episcopale: Sanctificati in veritate. Sono parole tratte dalla preghiera sacerdotale di Gesù e contenute nel Vangelo di Giovanni. Il cristiano deve costantemente porsi alla ricerca della verità, secondo le parole dello stesso Gesù che nella verità ci ha consacrati. Peraltro, Egli dice di se stesso di essere via, verità, e vita (cf. Gv 14,6)”.

L’arcivescovo ha ribadito che l’attività processuale “che in queste aule ha luogo e per cui voi indefessamente e lodevolmente impiegate la vostra vita, è sempre orientata alla ricerca della verità. Siete tutti dei cercatori della verità, di una verità che si fonda sull’ascolto, sulla ponderazione, sul discernimento, e, infine, su una determinazione che affonda le sue radici su quella certezza morale che il giudice ritiene di avere raggiunto all’esito del processo. Vedete come la verità abbia una vocazione oggettiva che, purtroppo, spesso, nel comune pubblico confrontarsi, pare scolorire in favore dell’opinione che, se suffragata da una maggioranza, magari la più rumorosa, viene ad essere imposta quale verità. Il servizio che voi prestate, invece, ci ricorda come la verità non possa imporsi con la forza. E quando pressioni di vario genere vogliano imporre quanto è irragionevole o semplicemente opinabile in termini di verità, è allora che alla forza della ragione si sostituiscono le ragioni della forza e la società segna il suo inesorabile declino. Carissimi amici, cercatori e servitori della verità, mi auguro che il Dio che si fa bambino, il Signore della storia che nasce nell’umiltà del presepe possa sempre più spingervi a rigettare l’apparenza, per intus legere lo splendore della Verità”.

condividi su

Lucia, la via della non violenza

Lucia ci è di esempio per la sua resistenza agli atti di violenza che ella subì per essersi sottratta alle lusinghe del potente di turno. Oggi la violenza si va sempre più connotando quale diffuso atteggiamento che si manifesta spesso come aggressività verbale, che talora caratterizza “la voce più forteˮ negli organi di stampa, il linguaggio dei social media, dove gli haters – gli odiatori hanno un grande seguito e colpiscono gli sventurati. Dalla violenza verbale alla violenza fisica il passo non è certamente lungo. Penso, al momento, alle molte violenze che si consumano fra le mura domestiche, agli omicidi del partner; penso alla violenza contro i medici, gli infermieri e operatori sanitari che non riescono più a nascondere esasperazione e stanchezza; e penso alle minacce fisiche e aggressioni ai giornalisti che svolgono correttamente il loro servizio“. Lo ha detto l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nella sua omelia ai primi vespri della solennità nella festa di Santa Lucia.  

L’arcivescovo ha sottolineato tre vie di impegno concreto e quotidiano: la guida dellʼamore nella condivisione dei beni e del proprio tempo; la forza della giustizia nella sobrietà, la via della non violenza, lʼattenzione allʼaltro e il rispetto di tutti. 

S. Lucia ha dato tutto ai poveri. Ella non è solo la fanciulla coraggiosa che ha dato la vita nel martirio. Prima di tutto ha vissuto la legge della carità, donando le sue risorse agli indigenti. Lʼesercizio della sua carità è una traduzione concreta dell’invito di Giovanni Battista che indica la condivisione dei beni e del proprio tempo come via necessaria per accogliere il Signore. E, infatti, Lucia, in seguito al miracolo della madre, cominciò a distribuire i propri beni ai poveri secondo le indicazioni della comunità cristiana della sua città“.

Il sindaco Francesco Italia con il cero e gli altri sindaci portano i doni

Un’altra via è la forza della giustizia, “è lʼinvito a sapersi accontentare di quello che si ha, non esigendo più di quello che spetta. Ciò significa dare il giusto valore alle cose terrene che sono uno strumento per vivere, rigettando la logica del vivere per avere sempre di più. S. Lucia non ha mai preteso, ha sempre dato agli altri. E ha riposto tutta la sua fiducia in Gesù, rigettando ogni forma di egoismo e di materialismo“.

Infine la via della non violenza. “S. Giovanni Battista e S. Lucia ci insegnano ad accogliere il Signore nella carità e nella verità della condivisione. Lʼamore per Dio ci spinge allʼattenzione verso lʼaltro e al rispetto di tutti, alla rinuncia di ogni forma di violenza, di prevaricazione e di estorsione. Di fronte ai pericoli della pandemia e della post pandemia occorre evitare il rischio dell’individualismo e dell’egoismo e accrescere il senso dellʼunità, dellʼaiuto reciproco, dello stare insieme, del camminare insieme, del progredire insieme, perché ci si salva insieme. Come pure occorre aprirci al valore dellʼospitalità e alla prassi dellʼaccoglienza senza lasciare fuori dai confini chi bussa in cerca di una vita dignitosa e lontana dalla guerra e dai pericoli. E non possiamo misconoscere la sofferenza che continua a prostrarci a causa delle recenti alluvioni che hanno danneggiato le case di tante famiglie, di tante attività produttive; hanno distrutto terre e mietuto vittime; hanno accresciuto le povertà che affliggono tanto il nostro popolo. Ricorriamo con fiducia a S. Lucia, per ottenere quella forza che, dinanzi alle torture, la rendeva ferma, come una colonna, nel suo proposito di fedeltà a Dio. Per tutti la conversione effettiva e concreta a Dio rimane la vocazione fondamentale per iniziare comportamenti rinnovanti e camminare insieme con fiducia e speranza per le strade della nostra città, della nostra Isola e del nostro Paese“. 

Al termine, a nome della città, il sindaco di Siracusa Francesco Italia ha offerto un cero votivo e alcuni sindaci della Diocesi hanno offerto un dono del loro territorio.

condividi su

Natale, una rivoluzione del modo di pensare umano

L’evento del Natale, cui ci prepariamo, è una rivoluzione del modo di pensare umano: il grande si fa piccolo, l’onnipotente si fa bisognoso di tutto, l’infinito entra nel tempo. Potremmo dire che attendiamo il trionfo della piccolezza, della povertà, della finitezza. Ogni anno, preparandoci al Natale, ci ricordiamo, dunque, che Dio si fa partecipe del nostro limite che, talora, nemmeno noi vogliamo accettare“. Lo scrive l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nel messaggio che ha voluto rivolgere alla Diocesi per il periodo di Avvento.

Desidero invitarvi a vivere ii tempo di Avvento ponendovi in ascolto della Parola di Dio e disponendovi all’accoglienza del Verbo, il tempo di Natale come dono della presenza di Dio, il tempo della nostra esistenza come partecipazione del Suo amore infinito al nostro limite“.

L’Avvento è un cammino per accogliere il Verbo nell’atto di una fede che ascolta.

L’ Avvento ci indica il senso della vita cristiana che e, prima di tutto, accogliere il Verbo nell’atto di una fede che ascolta. Se la fede è ex auditu, essa implica l’ascolto, l’accoglienza del Verbo, affinché Egli stesso operi in noi ciò che chiede. L’ascolto e l’accoglienza del Verba rimangono il compito essenziale e unico per tutti, affinché si realizzi attraverso tutto il nostro essere la nostra trasformazione in Cristo e la proclamazione dell’unita e della gloria di Dio. Il cammino sinodale che abbiamo intrapreso ci invita a vivere l’ascolto come tappa ecclesiale imprescindibile per «contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare la condivisione  dei  frutti  del  loro  impegno»  (Documento  Preparatorio,  3).  Tale «cammino di ascolto reciproco può essere un’autentica esperienza di discernimento della voce dello Spirito Santo» (Vademecum, 1), per avviarci «a diventare la Chiesa che Dio ci chiama ad essere» (lb.)”.

Il secondo punto evidenziato dall’arcivescovo Lomanto è “vivere ora e qui il dono di Dio con noi”. 

Mons. Francesco Lomanto

Celebrare il Natale “non significa soltanto commemorare l’evento di un giorno in cui, duemila anni fa, Dio si faceva uomo, viveva la nostra piccola vita e moriva sulla croce. Questa è una cosa grande, ma non è tutto, perché la cosa più grande è il fatto che la Sua vita, la Sua morte e la Sua resurrezione non sono avvenimenti che rimangono chiusi nel passato. Vivere il Natale vuol dire vivere oggi e qui questo dono di amore, vuol dire vivere oggi e qui il fatto che Egli si fa presente nella nostra vita e ci sceglie per Sé per compiere ii nostro cammino di adesione e trasformazione in Lui. Nulla e passato! Si tratta per noi di vivere questo mistero infinito di amore, in ogni giorno, in questo giorno presente che viviamo. Egli é con noi, Egli é tutto per noi, ora e qui. Ovunque tu sei Egli é con te. Egli é dove ama, e siccome Egli ti ama, Egli rimane con te e vuole che tu rimanga con Lui, nell’ameno giardino dello Spirito. Ecco la grandezza del Natale: come Lui é con te, cosi tu sei con Lui. lmporta poco essere qui o essere altrove. Ciò che conta e che tu sia con Lui come Lui con te; cosi tu realizzi questa presenza di amore che é veramente tutta la vita del cristiano“.

 

Infine il terzo punto: Dio viene a visitarci per farsi partecipe del  nostro limite e rimanere con noi.

“(…) Penso alla sofferenza che continua a prostrarci a causa del Covid, delle recenti alluvioni che hanno danneggiato le case di tante famiglie, tante attività produttive, distrutto terre e mietuto vittime, delle molte povertà che affliggono il nostro popolo. Anche in tutte queste concrete circostanze Cristo viene a visitarci e a farsi nostro compagno di viaggio, povero fra i poveri, ultimo fra gli ultimi, per annunciarci che Egli è venuto per colmare di grazia ogni nostra piaga, ogni nostro limite, innalzandoci a una nuova dignità: quella dei figli di Dio. Egli si fa povero per mostrarci la vera ricchezza, piccolo per indicarci ciò che e veramente grande ai Suoi occhi, ultimo perché sia sconfitta la “cultura dello scarto“, bisognoso per farci comprendere che solo in Lui e vera libertà, entra nel tempo per acquistarci l’eternità“.

 

Il messaggio integrale dell’arcivescovo per l’Avvento

condividi su

Mons. Lomanto ha ricevuto il Pallio da Papa Francesco

L’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha ricevuto questa mattina il Pallio, segno della dignità Metropolitana. Mons. Lomanto si è unito alla concelebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco, nella Basilica Vaticana, nella Festa dei SS. Pietro e Paolo.

In particolare l’arcivescovo ha letto il giuramento ed è stato concelebrante accanto al Pontefice.

Nell’occasione il Papa ha benedetto il Pallio, destinato al titolare della nostra sede arcivescovile. Il Pallio è il simbolo del legame speciale dell’arcivescovo di Siracusa con il Papa ed esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il nostro arcivescovo, in quanto Metropolita, acquista di diritto nella propria giurisdizione. Sempre oggi, l’arcivescovo ricorda il 35esimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

Papa Francesco, subito dopo la messa, ha consegnato il pallio ad ogni arcivescovo: mons. Lomanto è stato il primo a riceverlo: “Coraggio la Madonna delle Lacrime la custodisce” sono state le parole rivolte dal Santo Padre al nostro arcivescovo.

“E’ stata una grande emozione nel segno della chiamata alla volontà del Signore che ti conduce, ti guida e ti vuole al suo servizio – ha detto mons. Lomanto -. E’ il segno dell’unità con la fede di Pietro nel dono della propria vita come ha detto il Papa. Donarsi totalmente al Signore in unità al successore degli apostoli”. 

Papa Francesco ha voluto, dal 2015, modificare le modalità di conferimento di questa sacra insegna che non viene più imposta direttamente dal Santo Padre, ma solo ricevuta dalle Sue mani in forma privata al termine della concelebrazione. Sarà il rappresentante pontificio in Italia, il Nunzio apostolico mons. Emil Paul Tscherrig, ad imporlo nomine Summi Pontificis a Mons. Lomanto nella concelebrazione conclusiva dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Lacrime programmata per il prossimo 1 settembre nel Santuario della Madonna delle Lacrime.

 

condividi su

Sconfiggiamo la globalizzazione dell’indifferenza

Consacriamo alla memoria del nostro popolo l’evento del 18 aprile tramite questo monumento che parli alle nostre menti e ai nostri cuori, per sconfiggere la «globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia, Lampedusa, 8 luglio 2013) e ci muova a riconoscere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno» (Fratelli tutti, 39)”. Queste le parole utilizzate dall’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nella Nuova Darsena ad Augusta dove si è tenuta la cerimonia interreligiosa con testimonianze e preghiere cristiane e musulmane per ricordare le vittime della tragedia dell’aprile del 2015 nel Canale di Sicilia e tutti i migranti morti nel Mediterraneo. Quel relitto è stato posto come simbolo di tute le tragedie del mare. 

Memoria e ricordo – ha continuato mons. Lomanto – sono dimensioni molto care alla Sacra Scrittura, al Popolo dell’Alleanza e anche alla Cristianità. Nel Deuteronomio, Mosè dice al suo Popolo: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9-10) e Gesù, perpetuando nei secoli l’atto supremo della redenzione, dice ai suoi: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11,23-25). La memoria non è facoltà che coinvolge soltanto la mente, ma anche il cuore: “ri-cordare”, portare nuovamente al cuore, luogo ove simbolicamente si esplica l’anima dell’uomo, la sua vita intima, spirituale e da cui procede il suo agire. Un autore ha scritto «un popolo senza memoria è un popolo senza futuro» (Luis Sepulveda), Papa Francesco, più radicalmente, ha affermato che «un popolo senza memoria non è popolo» (Omelia, Santa Marta, 30 maggio 2016). Così, oggi facciamo memoria “ri-cordando” – riportando al nostro cuore – l’evento luttuoso del 18 aprile 2015, quando 700 nostri fratelli, in ricerca di una vita più dignitosa, trovarono la morte in mare”.

E’ stata lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Quindi l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, ha presieduto la celebrazione. Il relitto, dismessa la sua funzione artistica (è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 2019 dall’artista Christoph Buchel), assume adesso il suo ruolo di simbolo di tutte le tragedie che hanno riguardato uomini, donne e bambini costretti ad abbandonare le proprie terre per cercare una vita migliore. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato 18 aprile (nato nel 2016, in concomitanza con l’arrivo del relitto ad Augusta), dalla Stella Maris e con la collaborazione dell’Autorità portuale del mare di Sicilia orientale e della Capitaneria di porto. “Assistiamo al naufragio dei diritti: nelle carceri libiche, nell’omissione di soccorso, nella costruzioni di muri anziché di ponti – ha detto Enzo Parisi del Comitato 18 aprile -. Non è un monumento triste e muto, ma un monito verso l’indifferenza dei potenti, un testimone che parla anzi grida di non lasciare affogare le persone ed i diritti“.

condividi su