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La visita delle spoglie di Santa Lucia

 
L’arrivo in elicottero al campo scuola “Pippo Di Natale”, la visita all’ospedale “Umberto I” e le celebrazioni al Santuario della Madonna delle Lacrime e poi nella chiesa Cattedrale. Sono queste le principali novità del programma di massima della visita delle sacre spoglie di Santa Lucia che avrà luogo dal 14 al 22 dicembre prossimo a Siracusa.
Una visita nel segno della comunione tra le due Chiese di Siracusa e Venezia, grazie alla comunione di intenti dell’arcivescovo di Siracusa mons. Salvatore Pappalardo e del patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia.
E’ per noi tutti un motivo di gioia – ha detto mons. Pappalardo –. Ci stiamo preparando. Auspico sia un momento felice per la citta, di una ripresa di speranza. Guardare a Santa Lucia ci spinge tutti a dare il meglio di noi stessi. E’ un dono che  viene dal Signore. La presenza delle spoglie, a distanza di dieci anni, ci rinnova tanto entusiasmo. Le reliquie ci vengono donate dalla chiesa di Venezia che le custodisce per ragioni storiche da parecchi secoli. Io vedo un bel segno di comunione tra le due Chiese. Sarà con noi anche il Patriarca, proprio a testimoniare la comunione delle chiese pellegrine in queste mondo per lasciarci illuminare dalla testimonianza di Lucia e del suo martirio e dire ancora nel nostro tempo parole evangeliche e di speranza. La presenze delle spoglie deve raggiungere tutti gli abitanti ed è per noi motivo per rilanciare l’evangelizzazione di cui Papa Francesco parla nei suoi discorsi. Lucia deve testimoniare in noi un impegno missionario. Santa Lucia ci sostiene nel nostro cammino di vita cristiano, nel percorso della Diocesi che si prende cura delle fasce più deboli, degli immigrati”.
Ad entrare nel dettaglio della visita è stato il delegato del vescovo per la Visita delle spoglie, mons. Sebastiano Amenta: “Il Corpo di S. Lucia verrà traslato a Siracusa nel primo pomeriggio di domenica 14 dicembre 2014.  Partirà  dall’Aeroporto di Venezia nella tarda mattinata. Giunto in forma riservata all’aeroporto di Catania Fontanarossa sarà trasferito a Siracusa a bordo di un elicottero che atterrerà nell’area del campo scuola “Pippo Di Natale”. Dal “Di Natale” sarà portato processionalmente attraverso corso Gelone e via Testaferrata all’ospedale “Umberto I” per una sosta di preghiera. La processione riprenderà per via Testaferrata per entrare nel Santuario della Madonna delle Lacrime. In Santuario, all’arrivo della Reliquia è prevista una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia al termine della quale processionalmente il Corpo della Santa Patrona sarà traslato nella Basilica di S. Lucia al Sepolcro. L’urna sosterà nella Basilica di Santa Lucia al Sepolcro dalla sera di domenica 14 al pomeriggio di sabato 20, ottava della festa. Alle ore 16.00 di giorno 20 dicembre avrà inizio la tradizionale processione dalla Basilica di S. Lucia al Sepolcro verso la Cattedrale. L’urna con il Corpo di Santa Lucia precederà il Simulacro. La processione avrà lo stesso itinerario di sempre con l’unica eccezione che da piazza della Vittoria si porterà in corso Gelone attraverso via Giuseppe Di Natale. Il Corpo della Martire sosterà nella Cattedrale di Siracusa dalla sera di sabato 20 a lunedì 22 da dove, dopo la concelebrazione eucaristica alle ore 10.30 presieduta da m0ons. Salvatore Pappalardo, verrà processionalmente trasferito a piazzale IV novembre. Dall’area antistante la Capitaneria di Porto di Siracusa il Corpo della Martire verrà trasferito in elicottero all’Aeroporto di Catania da dove proseguirà per Venezia“.         
Infine il presidente della Deputazione della Cappella di Santa Lucia, avv. Giuseppe Piccione: “E’ diverso lo spirito rispetto al 2004. La visita in Santuario è come la figlia che va incontrare la madre. Il camminare insieme, nella processione dell’Ottava, del simulacro e delle spoglie. E poi la presenza nella Chiesa Cattedrale. Allora dobbiamo prepararci a questa visita. E il modo migliore riteniamo sia quello della preghiera. E lo faremo a cominciare dalla festa del patrocinio di maggio. Dobbiamo utilizzare questo tempo per cambiare il nostro stile di vita“.

 
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Il mistero della morte nella via crucis

Il mistero della morte per illuminare i drammi dell’umanità. Una via della bellezza attraverso  cui raccontare il mistero di Cristo. Un luogo suggestivo che rappresenta l’origine culturale. Elementi che mescolati insieme hanno dato via alla via crucis cittadina ieri sera al teatro greco di Siracusa.
Migliaia le persone che hanno preso parte alla rappresentazione sacra, promossa dalla Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime, in collaborazione con l’Istituto Nazionale del dramma antico, il Servizio regionale Parco archeologico della Neapolis e il supporto della società Kairos.
Sul tema di “Gesù davanti al mistero della morte” si sono susseguite le dieci le stazioni all’interno del teatro greco, poi l’undicesima all’ingresso del parco archeologico ed infine l’ultima nel Santuario della Madonna delle Lacrime. Ad introdurre la Via Crucis, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Salvatore Pappalardo, è stato il rettore del Santuario della Madonna delle Lacrime, don Luca Saraceno.
“«Tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Si tratta di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto» (EG167). Queste sono alcune delle parole che Papa Francesco – ha detto don Luca – ha lasciato scritte nella sua prima Esortazione Apostolica. In questo stupendo luogo, che da 2500 anni silenziosamente parla di amore assoluto per il bello, piantiamo l’albero della croce, utilizzando gli unici strumenti che abbiamo a disposizione: la Parola del Vangelo, le parole degli uomini e la creatività che scaturisce proprio dall’incontro tra la divina Parola e le parole umane, audacemente mescolate insieme su questa scena. Raccontare il Vangelo in modo rispettoso e gentile, consegnato con semplicità in questo speciale Santuario della commozione che ha per secoli celebrato i riti di una collettiva purificazione, attraverso le rappresentazioni dei drammi antichi della vita degli uomini. La conclusione dentro all’ultimo dei Santuari che gli uomini di questa città hanno elevato verso il cielo, a memoria di un evento che parla di un linguaggio disceso in forma di lacrime, espressioni della partecipazione e della cura, della compassione e della tenerezza del Padre per i figli attraverso gli occhi della Madre. Diventiamo un unico soggetto collettivo che proverà a lasciarsi trapassare il petto dallo spettacolo della croce. La morte riduce tutto all’essenziale“.
Lettori d’eccezione Elisabetta Pozzi e Massimo Venturiello, attori impegnati quest’anno nelle rappresentazione classiche. A fare da sottofondo il suono del violino di Cristina Fanara, e il canto di Rosolino Vicino. “«La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore» (EG 265), audacemente chiosa il Papa. Ostinatamente crediamo che la croce di Gesù sia la cura ai drammi dell’umanità, anche su questa scena da sempre rappresentati. Infinito è il mistero della morte come infinito è il mistero dell’amore inchiodato sulla croce. Infinito mistero, come infinito doveva apparire lo spazio del mare che gli uomini, stando seduti all’interno di questa cavea, ammiravano davanti a loro”.

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A Siracusa le spoglie di Santa Lucia

L’annuncio ufficiale dell’Arcivescovo di Siracusa, mons. Salvatore Pappalardo, è datato 25 gennaio 2014. A distanza di due mesi e mezzo, l’Arcidiocesi ha elaborato, in collaborazione con la Prefettura di Siracusa, un programma di massima per la visita delle sacre spoglie di Santa Lucia dal 14 al 22 dicembre 2014. Il corpo della vergine e martire siracusana si trova custodito nella chiesa dei Santi Lucia e Geremia a Venezia. Nel dicembre 2004, grazie alla comunione di intenti tra il patriarca di Venezia, card. Angelo Scola, e l’arcivescovo di Siracusa, mons. Giuseppe Costanzo, fu possibile vivere un evento storico. In migliaia, provenienti da tutta la Sicilia, furono i fedeli che accorsero per rendere omaggio a Santa Lucia nel corso di tutta la settimana.
Nel decennale di quella visita, il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, e l’arcivescovo mons. Pappalardo hanno nuovamente rinnovato quello spirito di comunione e concordato questa seconda storica visita.  Il programma sarà presentato domani, sabato 12 aprile, alle ore 9.30, nel salone “San Zosimo” del Palazzo Arcivescovile in piazza Duomo 5. Saranno presenti l’arcivescovo di Siracusa, mons. Salvatore Pappalardo; il delegato del vescovo per la Visita delle spoglie, mons. Sebastiano Amenta; il presidente della Deputazione della Cappella di Santa Lucia, avv. Giuseppe Piccione. Nel corso della conferenza stampa sarà presentato anche il programma della festa del patrocinio di Santa Lucia, dal 3 all’11 maggio.

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Mons. Costanzo: Riabilitate la politica

La solidarietà va attuata anche con la politica. E’ urgente riabilitare la politica, che è una delle forme più alte della carità. La politica esige una visione umanistica
dell’economia, affinchè a tutti sia assicurata dignità, fraternità e solidarietà”.
Monsignor Giuseppe Costanzo, arcivescovo emerito di Siracusa, torna a “bacchettare” i politici. Lo fa nel corso del ritiro spirituale per politici e operatori sociali promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato al Santuario della Madonna delle Lacrime.
Dopo i saluti dell’arcivescovo di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo, e l’introduzione di padre Angelo Saraceno, direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, monsignor Giuseppe Costanzo, ha introdotto il tema “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio” (Lc 6, 21) parlando della ricchezza: “Con l’avidità della ricchezza, con la bramosia del denaro è quasi inevitabile la corruzione, che è una piaga del nostro tempo: si pensi al fenomeno delle tangenti, dell’evasione fiscale, dello spreco del denaro pubblico in privilegi e rendite parassitarie. Quando l’uomo chiede: “Che cosa devo fare?”, Gesù gli risponde che cosa deve lasciare. E gli lancia cinque martellanti imperativi: va’, vendi, dona, vieni, seguimi. Gesù lo proietta su un livello più alto: gli fa capire che la logica di Dio è diversa, anzi è rovesciata rispetto a quella del mondo. Nei confronti della ricchezza Gesù non ha mai assunto un atteggiamento di disprezzo o di condanna. Tuttavia, benché non l’abbia mai condannata, l’ha considerata un ostacolo pericoloso, insormontabile per molti, a entrare nel Regno dei cieli. Ogni bene che possediamo è un dono ricevuto dal Padre e deve diventare mezzo di unione coi fratelli. Chi sono allora i ricchi? Sono quelli che, accecati dai beni che possiedono, non sanno condividerli, non sanno vedere i poveri, non attendono nulla da Dio. I ricchi sono i sazi, gli arroganti, i prepotenti, che vivono barricati nelle loro ricchezze, murati nelle loro sicurezze, preoccupati solo di se stessi, cinicamente insensibili alle sofferenze e ai bisogni dei poveri”.
Ed ancora mons. Costanzo ha spiegato: “Per essere fedeli al Vangelo e alla storia, per superare l’odierna crisi, che non è solo economica e sociale, ma anche culturale, morale e spirituale, bisogna liberare il cuore da ogni forma di egoismo e di indifferenza e imparare l’arte di amare: amare Dio e amare il prossimo, specialmente i poveri, i quali – dice Papa Francesco – “ non possono aspettare”. Radicati in Dio e alla scuola di Cristo che si è fatto povero per noi, noi impariamo
a discernere dove sta e che cos’è vera ricchezza. In realtà, non tutte le cose che chiamiamo ricchezza sono buone. “Non è buona la “ricchezza” che nasce dallo
sfruttamento dei poveri e dei fragili; quella che proviene dal depredare le materie prime dell’Africa; quella dell’illegalità; della finanza-slot; della prostituzione, delle guerre, del traffico delle droghe; quella che nasce dal mancato rispetto dei lavoratori e della natura. Dobbiamo avere la forza di dire che questa pseudo-ricchezza non è buona, e dirlo senza “se” e senza “ma” ” 
(Luigino Bruni).
E’ uno scandalo – ha detto il Papa – che nel mondo ci siano un miliardo di poveri, e noi cristiani non possiamo far finta di non sapere. Se la ricchezza è primariamente dono, allora il condividerla e usarla per il bene comune non è un atto eroico, è un dovere di giustizia. Quando una cultura perde questo profondo senso sociale e politico delle proprie ricchezze, si smarrisce, declina e tramonta. Il rinnovamento delle nostre società passa necessariamente attraverso la solidarietà che, dice il Papa – è molto di più di qualche sporadico atto di generosità.  L’uomo cresce (e la società prospera) quando impara a preferire: la verità ai molti scetticismi; la giustizia alle trasgressioni; l’amore vero e disinteressato all’egoismo insaziabile; la forza dello spirito alle varie prepotenze; l’integrità morale alla corruzione”.

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Via Crucis dei lavoratori

Centinaia di fedeli, giovani e meno giovani, lavoratori e disoccupati hanno preso parte alla Via Crucis dei lavoratori promossa dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per la Pastorale Giovanile.
La Via Crucis, alla quale hanno partecipato i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ha percorso viale dei Comuni, via Lentini, via Rosolini, piazza della Provincia, via Melilli, via Gianni, fino ad arrivare in largo Luigi Grazioso.
“Invitata ad ascoltare il grido di tutti i lavoratori disoccupati, sfruttati, maltrattati – ha detto il direttore dell’Ufficio per la pastorale del lavoro, padre Angelo Saraceno – la Chiesa ripercorre la stessa strada di Gesù portando insieme la croce dalla parte dei poveri e con i poveri. Vogliamo farci carico del dramma di tutti  i disoccupati, dei giovani in particolare che in questo tempo di precarietà sono alla ricerca del lavoro e nella prospettiva di formare famiglie. Abbiamo camminato insieme, pregato, riflettuto per ritrovare in Cristo la speranza, per non restare schiacciati e saperci rialzare. Siamo certi di trovare ancora dei Cirenei che aiuteranno a portare la croce, donne capaci di asciugare il sangue e le lacrime e pur spogliato e crocifisso del diritto fondamentale del lavoro ecco l’uomo lavoratore amato da Dio e con Cristo certamente chiamato a risorgere”.

 

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Ritiro spirituale rivolto ai politici

Un ritiro spirituale per politici e operatori sociali. L’iniziativa dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato si terrà sabato 29 marzo dalle ore 10 alle ore 12, al Santuario della Madonna delle Lacrime.
“Venite in disparte e riposatevi un po’” (Mc 6,31): questo è il titolo dell’incontro in continuità ai momenti già proposti negli anni passati in occasione della Pasqua. “Una “sosta” dall’attività quotidiana” come ha sottolineato padre Angelo Saraceno, direttore dell’Ufficio per la Pastorale del lavoro. Dopo i saluti dell’arcivescovo di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo, la meditazione è stata affidata a monsignor Giuseppe Costanzo, arcivescovo emerito di Siracusa. Il tema sarà “Beati i poveri in spirito”.
“Un momento di riflessione – ha detto padre Angelo – destinato ai politici e a chi è impegnato nel sociale. È necessaria un’attenzione particolare al mondo delle povertà, bisogna fermarsi a riflettere su come la società può intervenire concretamente”.

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Via Crucis dei lavoratori

L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato organizza in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per la Pastorale Giovanile e Progetto Policoro la Via Crucis dei lavoratori.
Venerdì prossimo, 28 marzo, alle ore 19.00, raduno nella parrocchia Sacra Famiglia in viale Santa Panagia a Siracusa. “Tutti i lavoratori, i disoccupati, i cassaintegrati, quelli in cerca di prima occupazione, gli interinali – si legge nella locandina – insieme a sindacati e imprenditori alziamo il grido di dolore portando la croce con Cristo certi di risorgere con lui”. Il percorso della Via Crucis si snoderà lungo viale dei Comuni, via Lentini, via Rosolini, piazza della Provincia, via Melilli, via Gianni. La conclusione in largo Luigi Grazioso.
Quest’anno abbiamo scelto un
quartiere di periferia – ha spiegato don Angelo Saraceno, direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale del lavoro -. Una zona piena di contraddizioni: dove le famiglie vivono nel disagio, dove assistiamo alla chiusura di negozi, ma dove si trovano anche splendide realtà. Una scelta mirata in questa direzione in un momento difficile. Saranno presenti con noi anche i rappresentanti sindacali. Lungo il percorso, attraverso le stazioni, ripercorreremo le difficoltà del mondo del lavoro: la disoccupazione, la mancanza di lavoro fra i giovani, gli incidenti sul lavoro, i contratti provvisori“.
L’attuale situazione del nostro territorio ci pone degli interrogativi di fronte a fatiche e disagi e mette in serio pericolo anche il futuro dei nostri giovani – ha detto don Claudio Magro, direttore dell’Ufficio per la Pastorale giovanile -. Senza voler essere disfattisti, anzi proponitori di nuove strade, come ci suggerisce il Papa: “evangelizzatori autentici…La missione è una passione per Gesù, ma al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. Quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo amore che ci dà dignità e ci sostiene”. (Evangelii gaudium, esortazione apostolica, n. 268). La via Crucis si snoderà per alcune strade del quartiere Santa Panagia, fino ad affacciarci alla zona industriale. Realtà lavorativa per i tanti, anche nostri familiari, negli anni ’60 e ’70, inquinamento e sogni infranti oggi“.

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Arma Christi

Sono occasioni uniche attraverso le quali facciamo conoscere il patrimonio storico e artistico della Chiesa Cattedrale. Sono i segni della Passione di Cristo nell’arte e nella devozione popolare”. Nelle parole di mons. Sebastiano Amenta, amministratore della Cattedrale, la sintesi dell’esposizione “Arma Christi”, nella Cappella Sveva a Palazzo Arcivescovile in piazza Duomo a Siracusa.
Fino all’11 maggio sarà possibile visitare la mostra promossa dalla Chiesa Cattedrale con la collaborazione della società Kairos. L’esposizione, con ingresso libero, è aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 18; il sabato dalle ore 11 alle ore 22; e la domenica dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 21. La curatrice è la prof.ssa Loredana Pitruzzello, il progetto espositivo è di Luciano Magnano.
La croce e il Crocifisso sono il fulcro della fede cristiana, il dramma di Gesù Crocifisso ha stimolato per secoli il pensiero filosofico, teologico ed artistico dell’uomo – spiega la prof.ssa Loredana Pitruzzello –. All’inizio del cristianesimo il crocifisso non era adattato tra i simboli cristiani, come patibolo degli schiavi, crudelissimo, era evocativo di una morte atroce e infamante. Tra le prime rappresentazioni di Cristo crocifisso, sono il rilievo di una cassetta eburnea del 420-430, ora al British Museum e il pannello della porta lignea di Santa Sabina a Roma, 432 circa. Da Costantino in poi la croce diventa simbolo di culto e si inizia non solo a trovarne come ornamento nelle chiese ma, in breve tempo gli antichi sentimenti di ripugnanza si trasformano in eclatante devozione. Nella tradizione cristiana sono detti strumenti della Passione (in latino arma Christi) gli oggetti che furono usati per la crocifissione di Gesù. Tra di essi vi sono la croce; i chiodi; la corona di spine; la lancia con cui Gesù fu trafitto; la spugna. Ognuno degli 
strumenti è diventato oggetto di meditazione. Stando alle tradizioni popolari cristiane, tutte insieme rappresenterebbero simbolicamente la Passione di Gesù Cristo e le sue sofferenze fisiche”.
Nell’esposizione si possono ammirare alcuni pezzi unici: il calice e la patena d’ambra del sec. XVI: presentano scene e simboli della Passione e sono attribuibili ad una bottega di area napoletana, anche se l’ambra proviene dalla Sicilia; la Patena istoriata in oro del sec. XVII: riporta sul retro ben nove scene della Passione di Cristo, curate in dettagli finissimi. Partendo dall’ultima cena, in basso a sinistra, in senso orario rappresentano: l’orazione nell’orto degli ulivi, l’arresto di Gesù, la flagellazione, l’interrogatorio davanti a Pilato, la salita al Calvario, Gesù inchiodato alla croce, la crocifissione e al centro la Risurrezione. Ed ancora il Reliquiario della Sacra Spina, una produzione italiana, secc. XIV e XX: questo splendido esempio di reliquiario, è stato più volte rimaneggiato. La parte più antica, costituita dalla croce in cristallo di rocca, è probabilmente di produzione veneziana del XIV secolo, mentre la ghirlanda di piccole foglie potrebbe essere un’aggiunta del XVI secolo e la base del XX. La Croce d’altare della Bottega di Vincenzo Chindemi, Siracusa sec. XVIII, va associata ai quattro reliquiari grandi destinati all’altare maggiore della Cattedrale ed è attribuibile all’autore di quegli ultimi, Vincenzo Chindemi. Il Cristo realizzato in avorio, costituisce quasi un’opera a sé, per la finezza e la dettagliata esecuzione e presenta tracce di smaltatura di colore rosso. Ed ancora il Calice con simboli della Passione XVIII sec. Argento dorato. Sul piede del calice sono rappresentate le scene della passione di Cristo: un gallo sopra una balaustra, il sudario, la croce con ai lati l’asta, la spugna e la lancia con le quali fu rispettivamente dato da bere a Cristo in croce e gli fu trafitto il costato. La Crocifissione del sec. XVI, Bottega italiana, olio su tela copia della Crocifissione di Gaudenzio Ferrari.
Tutte le figure dei Crocifisso rappresentano Gesù Patiens cioè Il Cristo sofferente – conclude la prof.ssa Pitruzzello -, che ha la testa reclinata sulla spalla e gli occhi chiusi e il corpo incurvato in uno spasimo di dolore. La tela copia del Gaudenzio è la sintesi di tutto il percorso. Leggendo il vangelo di Giovanni l’autore ha racchiuso in essa tutti gli elementi della passione compresi le Arma Christi. L’opera è del XV secolo”.

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Al via la Fondazione di Comunità Val di Noto

E’ nata la Fondazione di Comunità Val di Noto, una collaborazione tra le diocesi di Noto e di Siracusa e il terzo settore per promuovere programmi di “policy permanenti” e una “progettualità diffusa” nell’ottica dei territori socialmente responsabili.

Alla presentazione hanno partecipato l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo, il vescovo di Noto Antonio Staglianò, il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo, il vice direttore nazionale di Caritas Italiana Francesco Marsico e il segretario generale della Fondazione di Comunità “Distretto sociale evoluto” di Messina Gaetano Giunta e Maurilio Assenza, presidente della Fondazione di Comunità Val di Noto. “Oggi è un grande giorno di festa. Quello che è successo in Val di Noto, e che al Sud è avvenuto anche a Napoli, Salerno e Messina,  è un segnale molto importante – ha sottolineato Borgomeo – una comunità che vuole essere protagonista del proprio futuro individua nella coesione sociale una premessa per lo sviluppo locale e nel ‘fare rete’ la sua modalità operativa”.

Nell’avvio un contributo ai progetti viene dato da Caritas Italiana come sostegno ad azioni di sistema contro le povertà in rete tra soggetti impegnati per il bene comune. Francesco Marsico, vice direttore di Caritas Italiana, ha parlato della situazione nel Paese e dell’apporto di Caritas alla Fondazione che prevede “azioni di sistema contro la povertà”.

E di esperienze concrete ha parlato Gaetano Giunta, con il lavoro avviato a Messina. “In tre anni la Fondazione di Comunità ha accompagnato start up di nuove 27 imprese civili – ha rilevato – con la creazione di circa 200 posti di lavoro. Un nuovo umanesimo e una nuova fraternità attraverso cui ricostruiamo testimonianza civile. È un lavoro che richiede fatica ma insieme è possibile”.

“La diocesi di Siracusa – ha spiegato Pappalardo – ha accolto con convinzione fin dal primo momento la proposta di partecipare alla costituzione della Fondazione di Comunità Val di Noto per un efficace impegno di contrasto delle povertà, soprattutto per i programmi di inclusione sociale che racchiudono un progetto globale comprendente l’inserimento lavorativo e il recupero della dignità personale dei soggetti coinvolti”.

“La Fondazione di Comunità dà ‘scientificità’ all’impegno di carità solidale che viviamo in diocesi. Fare la carità richiede pensiero, intelligenza, coscienza – ha affermato Staglianò -. L’impegno per la coesione sociale permetterà di unire le grandi consegne del passato (la tradizione del vicinato, la laboriosità di tanti, il calore dell’accoglienza) alla responsabilità per le sfide dell’oggi: il lavoro, e con esso la dignità; lo sviluppo, non più a qualsiasi prezzo, ma come sviluppo sostenibile; l’assistenza certo, ma non l’assistenzialismo, quanto piuttosto la capacità della presa in carico dei più deboli”.

I primi tre progetti che saranno avviati sono: Fratello maggiore, per promuovere percorsi di presa in carico dei più deboli che aiutino “ripartenze”che indichino vie di uscite possibili dalla crisi; Tessuto inclusivo, per sostenere presenze nel territorio tese alla coesione sociale, come cantieri educativi, centri sociali ed educativi, cammini di inclusione sociale; Telaio creativo, per promuovere azioni di economia sociale con cui valorizzare i prodotti degli iblei, generare opportunità lavorative nell’ottica cooperativistica, promuovere e consolidare canali di scambio solidali.

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Povertà, pace e creato tra San Francesco e Papa Francesco

«Non essere limitati da ciò che appare molto grande nella vita, ma essere contenuti da ciò che è minimo: questo è divino». Una frase di Sant’Ignazio di Loyola, per chiudere una serata di memoria francescana vissuta tra arte e spiritualità. Una suggestiva meditazione promossa dall’Istituto Superiore di Scienze religiose San Metodio nella Cattedrale di Siracusa.
I due protagonisti, la prof.ssa Mariangela Maresca e don Luca Saraceno, giocano con una doppia lettura del nome Francesco, tra il poverello di Assisi e il papa gesuita. Entrambi costruttori di pace, discepoli di madonna povertà e custodi del creato. Due innamorati della vita, due discepoli di Gesù. La serata scorre prima in un breve percorso cinematografico su San Francesco, esplicitamente raccontato nei film di Rossellini, di Zeffirelli e della Cavani o visibile in controluce nel racconto felliniano. Ma vi è anche una spiritualità in arte che è propria di Papa Bergoglio.
Povertà, pace e creato diventano le tre parole chiave, che aprono lo scrigno dell’insegnamento del Santo di Assisi e del magistero dell’attuale papa secondo Mariangela Maresca, docente di Metodologia dello studio all’ISSR San Metodio, e Luca Saraceno, rettore del Santuario della Madonna delle Lacrime e docente di Filosofia all’ISSR San Metodio.
“A pochi giorni dal I anno di pontificato di papa Francesco questo è il modo che l’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa ha scelto per celebrare questa ricorrenza – spiega la prof.ssa Maresca -, vicini a questo papa per il suo modo di intendere la Chiesa e il mondo; per la sua attenzione agli ultimi e alle periferie esistenziali; per la sua passione per l’arte e la cultura; per il suo sguardo alle povertà del mondo e alle povertà dell’anima. A San Francesco sono stati dedicati numerosi film; sembra quasi che ogni decennio del Novecento ne abbia avuto bisogno almeno di uno. Così troviamo Il poverello di Assisi e Frate Sole, due film muti del 1911 e del ’18, brevi e di fattura semplice, di un’epoca in cui la durata dei film non si misurava in minuti ma in metri di pellicola; Frate Francesco del ’27, per il quale fu allestito un set enorme nei pressi di Firenze; San Francisco de Asìs, film messicano del ’44 che non riuscì a rendere giustizia al messaggio francescano; Francis of Assisi, hollywoodiano del ’61, un Francesco con la mascella squadrata e la barba ben curata; e alcuni film per la tv: Francesco d’Assisi del ’66, Francesco del 2002 e Chiara e Francesco del 2007, quest’ultimo con un retrogusto di fiction” .
Sulla produzione di papa Francesco si è soffermato don Luca Saraceno: “Tra udienze, omelie e Angelus papa Francesco ha pronunciato 208 discorsi ufficiali, utilizzando oltre 210 mila vocaboli. Senza contare gli interventi a braccio durante le messe mattutine a Santa Marta, che non sono trascritti integralmente. “Dio”  e “Gesù” , sono i termini più frequenti in assoluto, ma questo non sorprende. La parola “noi ” , è in terza posizione. Non veniva pronunciato così spesso da un pontefice dai tempi del plurale maiestatis, ma stavolta con tutt’altro significato. Povertà, insieme al binomio poveri/povero, rappresenta la quarta parola di questa  speciale classifica. Il tema della povertà viene molto spesso da lui associata all’esempio e al volto concreti del santo di Assisi che visse la sua vita sulle orme di Cristo, fattosi povero per arricchire gli uomini per mezzo della sua povertà. L’immagine viva di Francesco che più volte Papa Francesco presenta è data per fornire una logica d’incarnazione alla povertà che altrimenti rischierebbe di rimanere chiusa nello spazio di un suono di voce, bello ma impossibile. Ma cosa intenda Papa Francesco per povertà ben è scolpito nelle pagine della Evangelii gaudium […] Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci” .
Povertà è stile di vita, è un appello, insegnamento, necessità. Per questa ragione Bergoglio prima che parlare di povertà, ha scelto, anche da Papa, di continuare a vivere da povero.
“Per 336 volte Papa Francesco ha richiamato nei suoi Discorsi ufficiali l’attenzione sulla “pace ” .  La pace è dono da costruire e progetto da condividere. Nel suo primo Messaggio Urbi et orbi di Natale 2013, Papa Francesco parla di una pace artigianale.
Legata alla figura del poverello di Assisi è anche la parola Creato. E sempre alla parola creato Papa Francesco associa un libro della Scrittura, Genesi, e le antepone il verbo custodire, estendendo così universalmente questa vocazione all’intera umanità.
I temi della povertà, della pace e del creato si ritrovano all’interno del primo Messaggio in occasione della 47° Giornata Mondiale della Pace, accomunati e inquadrati tutti e tre dal tema tipicamente francescano, perché eminentemente biblico ed evangelico, della fraternità. La fraternità, definitivamente «fondata sulla croce di Cristo», è insieme «fondamento e via per la pace», «premessa per sconfiggere la povertà» e aiuto per «custodire e coltivare la natura» ” .
Le anime di Papa Bergoglio all’unisono si ritrovano  nel cuore di in uomo che ha scelto di percorrere infaticabilmente e gioiosamente la strada del Vangelo.
E a sorpresa è lo stesso Bergoglio che spiega nell’intervista a Civiltà Cattolica che il film da lui amato è la “La strada di Fellini ” : “Mi identifico con quel film nel quale c’è un implicito riferimento a San Francesco. Credo poi di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi, quando avevo tra i 10 e i 12 anni ” .
“Il capolavoro felliniano – continua don Luca – non parla esplicitamente né di pace, né di povertà né tantomeno della custodia del creato, così come non lascia menzione alcuna al nome di Francesco d’Assisi. Eppure tutto appare poeticamente e tragicamente francescano: tra il gioco e l’incanto, il disincanto e la follia, l’erramento mendicante e la morte che genera conversione e vita, si snocciolano le scene di un film che nasconde Francesco rendendolo manifesto nelle storie e nei volti dei tre protagonisti. D’altra parte La Strada è stata definita come un’allegoria cristiana dall’essenza pasquale. Abbiamo voluto vedere alcune scene di questo film con gli occhi di Papa Bergoglio e riconoscere nei personaggi le tracce che segnano il passaggio silenzioso di Francesco. Anzi proprio i tre temi affrontati, povertà, pace e creato, sembrano plasticamente incarnati dai tre protagonisti della pellicola del ‘54: Gelsomina, Zampanò e il Matto ” . 
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