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Mons. Lomanto ha ricevuto il Pallio da Papa Francesco

L’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha ricevuto questa mattina il Pallio, segno della dignità Metropolitana. Mons. Lomanto si è unito alla concelebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco, nella Basilica Vaticana, nella Festa dei SS. Pietro e Paolo.

In particolare l’arcivescovo ha letto il giuramento ed è stato concelebrante accanto al Pontefice.

Nell’occasione il Papa ha benedetto il Pallio, destinato al titolare della nostra sede arcivescovile. Il Pallio è il simbolo del legame speciale dell’arcivescovo di Siracusa con il Papa ed esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il nostro arcivescovo, in quanto Metropolita, acquista di diritto nella propria giurisdizione. Sempre oggi, l’arcivescovo ricorda il 35esimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

Papa Francesco, subito dopo la messa, ha consegnato il pallio ad ogni arcivescovo: mons. Lomanto è stato il primo a riceverlo: “Coraggio la Madonna delle Lacrime la custodisce” sono state le parole rivolte dal Santo Padre al nostro arcivescovo.

“E’ stata una grande emozione nel segno della chiamata alla volontà del Signore che ti conduce, ti guida e ti vuole al suo servizio – ha detto mons. Lomanto -. E’ il segno dell’unità con la fede di Pietro nel dono della propria vita come ha detto il Papa. Donarsi totalmente al Signore in unità al successore degli apostoli”. 

Papa Francesco ha voluto, dal 2015, modificare le modalità di conferimento di questa sacra insegna che non viene più imposta direttamente dal Santo Padre, ma solo ricevuta dalle Sue mani in forma privata al termine della concelebrazione. Sarà il rappresentante pontificio in Italia, il Nunzio apostolico mons. Emil Paul Tscherrig, ad imporlo nomine Summi Pontificis a Mons. Lomanto nella concelebrazione conclusiva dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Lacrime programmata per il prossimo 1 settembre nel Santuario della Madonna delle Lacrime.

 

Giornata mondiale del rifugiato al Pantheon

Insieme possiamo fare la differenza. Con questo messaggio l’Assemblea generale delle Nazioni unite in occasione della Giornata mondiale del rifugiato chiede a tutti i paesi di intensificare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti perché ognuno possa contribuire alla pace e alla sicurezza dei rifugiati“.
Lo scrive don Luigi Corciulo, direttore della commissione Migrantes diocesana, in occasione della Giornata del rifugiato che si celebra oggi in tutto il mondo.

L’Ufficio migrantes, con la partecipazione delle comunità delle Suore scalabriniane, insieme ai tanti volontari che collaborano la commissione, propone un incontro di formazione e di fraternità che avrà luogo domani, domenica 20, con inizio alle ore 18.00 nella parrocchia del Pantheon a Siracusa.

Saremo ospiti della parrocchia del Pantheon a Siracusa. Ringrazio il parroco don Massimo Di Natale per la pronta disponibilità ad accogliere la nostra iniziativa” ha concluso don Luigi.

 

“Conflitti e persecuzioni hanno costretto oltre 80 milioni di persone nel mondo a fuggire dalle loro case. Per la Giornata mondiale del rifugiato chiediamo la loro piena inclusione in ogni ambito della società, dal lavoro allo studio e alla salute. Durante la pandemia del covid 19 abbiamo compreso che solo se ognuno fa la propria parte possiamo creare un mondo più sicuro per tutti. Insieme possiamo fare la differenza.

Le persone costrette a fuggire dalle loro case spesso lottano per ricostruire un. futuro in dignità. Noi siamo al loro fianco tutti i giorni e chiediamo alle comunità ed ai governi di sostenerli in questo sforzo.

Durante questo periodo difficile, abbiamo visto una connessione che trascende i confini. La gente comune si è fatta avanti per aiutare. Le comunità ospitanti hanno continuato a dimostrare una notevole accoglienza”.

Filippo Grandi
Alto commissario ONU per i rifugiati

Sconfiggiamo la globalizzazione dell’indifferenza

Consacriamo alla memoria del nostro popolo l’evento del 18 aprile tramite questo monumento che parli alle nostre menti e ai nostri cuori, per sconfiggere la «globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia, Lampedusa, 8 luglio 2013) e ci muova a riconoscere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno» (Fratelli tutti, 39)”. Queste le parole utilizzate dall’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nella Nuova Darsena ad Augusta dove si è tenuta la cerimonia interreligiosa con testimonianze e preghiere cristiane e musulmane per ricordare le vittime della tragedia dell’aprile del 2015 nel Canale di Sicilia e tutti i migranti morti nel Mediterraneo. Quel relitto è stato posto come simbolo di tute le tragedie del mare. 

Memoria e ricordo – ha continuato mons. Lomanto – sono dimensioni molto care alla Sacra Scrittura, al Popolo dell’Alleanza e anche alla Cristianità. Nel Deuteronomio, Mosè dice al suo Popolo: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9-10) e Gesù, perpetuando nei secoli l’atto supremo della redenzione, dice ai suoi: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11,23-25). La memoria non è facoltà che coinvolge soltanto la mente, ma anche il cuore: “ri-cordare”, portare nuovamente al cuore, luogo ove simbolicamente si esplica l’anima dell’uomo, la sua vita intima, spirituale e da cui procede il suo agire. Un autore ha scritto «un popolo senza memoria è un popolo senza futuro» (Luis Sepulveda), Papa Francesco, più radicalmente, ha affermato che «un popolo senza memoria non è popolo» (Omelia, Santa Marta, 30 maggio 2016). Così, oggi facciamo memoria “ri-cordando” – riportando al nostro cuore – l’evento luttuoso del 18 aprile 2015, quando 700 nostri fratelli, in ricerca di una vita più dignitosa, trovarono la morte in mare”.

E’ stata lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Quindi l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, ha presieduto la celebrazione. Il relitto, dismessa la sua funzione artistica (è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 2019 dall’artista Christoph Buchel), assume adesso il suo ruolo di simbolo di tutte le tragedie che hanno riguardato uomini, donne e bambini costretti ad abbandonare le proprie terre per cercare una vita migliore. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato 18 aprile (nato nel 2016, in concomitanza con l’arrivo del relitto ad Augusta), dalla Stella Maris e con la collaborazione dell’Autorità portuale del mare di Sicilia orientale e della Capitaneria di porto. “Assistiamo al naufragio dei diritti: nelle carceri libiche, nell’omissione di soccorso, nella costruzioni di muri anziché di ponti – ha detto Enzo Parisi del Comitato 18 aprile -. Non è un monumento triste e muto, ma un monito verso l’indifferenza dei potenti, un testimone che parla anzi grida di non lasciare affogare le persone ed i diritti“.

Papa Francesco: il Mediterraneo è un grande cimitero, basta indifferenza

“Questo pomeriggio si svolgerà ad Augusta, in Sicilia, la cerimonia di accoglienza del relitto della barca naufragata il 18 aprile 2015. Questo simbolo di tante tragedie nel Mar Mediterraneo continui ad interpellare la coscienza di tutti e favorisca la crescita di una umanità più solidale che abbatta il muro dell’indifferenza. Pensiamo che il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande d’Europa!”. Lo ha detto Papa Francesco all’Angelus di oggi in riferimento alla cerimonia che si terrà oggi pomeriggio presso la Nuova Darsena di Augusta.

Saranno commemorate le vittime di tutte le tragedie del mare nel corso di una cerimonia, inserita all’interno dei festeggiamenti della Madonna della Stella maris. Saranno ripercorsi la storia del relitto e anche il significato dell’accoglienza nel porto megarese che ha visto arrivare, in questi anni, migliaia di migranti salvati.
Saranno recitate due brevi preghiere della comunità musulmana di Augusta e della comunità cristiana e alle 19,30 dal mare arriverà anche la Madonna Addolorata. Dopo la benedizione verrà lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Seguirà una concelebrazione eucaristica dei sacerdoti di Augusta con l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, e al termine sarà svelata una grande croce posta vicino al Barcone. L’Addolorata sarà posta accanto, in un abbraccio virtuale e simbolico con tutte le vittime.

 

 

Torna ad Augusta il relitto del naufragio del 2015

Un peschereccio partito dalla Libia e che trasportava oltre un migliaio di persone migranti affondò il 18 aprile 2015 nel Canale di Sicilia. Al tragico naufragio, causato dal sovraccarico e dalla collisione con la nave mercantile intervenuta per soccorrere, sopravvissero soltanto 28 persone. Un anno dopo, per volontà del Governo Italiano, il relitto fu recuperato dal fondo del mare con una complessa operazione e portato ad Augusta per la pietosa rimozione dei resti mortali delle centinaia di povere vittime che vi erano rimaste intrappolate. Nella nobile e ardua impresa di dare un volto ed un nome ai naufraghi che hanno perduto la vita, sono da tempo impegnate diverse Istituzioni italiane ed internazionali.

Domenica 13, alle ore 18.30, presso la Nuova Darsena di Augusta, sarà accolto il relitto e saranno commemorate le vittime di tutte le tragedie del mare.
La cerimonia, inserita all’interno dei festeggiamenti della Madonna della Stella maris, ha ricevuto il patrocinio della Camera dei Deputati. Saranno ripercorsi la storia del relitto e anche il significato dell’accoglienza nel porto megarese che ha visto arrivare, in questi anni, migliaia di migranti salvati.
Saranno recitate due brevi preghiere della comunità musulmana di Augusta e della comunità cristiana e alle 19,30 dal mare arriverà anche la Madonna Addolorata. Dopo la benedizione verrà lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Seguirà una concelebrazione eucaristica dei sacerdoti di Augusta con l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, e al termine sarà svelata una grande croce posta vicino al Barcone. L’Addolorata sarà posta accanto, in un abbraccio virtuale e simbolico con tutte le vittime.
Il relitto, dismessa la sua funzione artistica, assume adesso il suo ruolo principale di pungolo delle coscienze, di simbolo di tutte le tragedie, conosciute e non, che hanno riguardato uomini, donne e bambini costretti ad abbandonare le proprie terre per cercare una vita migliore.

L’iniziativa è stata promossa dal Comitato 18 aprile, dall’Amministrazione comunale, dalla Stella Maris e con la collaborazione dell’Autorità portuale del mare di Sicilia orientale e della Capitaneria di porto. Il Comitato 18 aprile è nato nel 2016, in concomitanza con l’arrivo del relitto alla rada di Augusta, con lo scopo di conservare la memoria della tragedia, dare vita al “Giardino della Memoria” e creare anche un “Museo dei Diritti”, diffuso ed in rete con altre realtà museali, sociali e culturali del Mediterraneo.

 

La storia
In concomitanza con l’arrivo del relitto ad Augusta nell’estate del 2016 si costituì il Comitato 18 aprile con lo scopo di conservare la memoria della tragedia e di evitare la demolizione del peschereccio, proponendo di collocarlo in un’area urbana dove realizzare il “Giardino della Memoria”, per farne un simbolo e un monito perenne verso chi costringe all’esodo tanta umanità. Nel 2018 il Consiglio Comunale di Augusta, in adesione al progetto del Comitato 18 aprile, approvò all’unanimità una mozione con la quale impegnava l’Amministrazione comunale a compiere tutti i passi necessari “affinché il relitto rimanga ad Augusta come arricchimento del patrimonio museale della città e culturale dell’intera Regione, quale elemento significativo e fondante di quel “Giardino della Memoria” posto a presidio e testimonianza delle tragedie delle persone migranti, oltre che segno di rispetto per le vittime e dall’alto valore didattico per le nuove generazioni”.
Nell’aprile 2019 il relitto è stato ceduto dal Ministero della Difesa alla città di Augusta e subito dopo è stato concesso in comodato d’uso al noto artista Christoph Buchel che, come installazione artistica denominata “Barca Nostra”, lo ha esposto alla Biennale d’Arte di Venezia.
Il relitto è adesso rientrato ad Augusta ed è collocato presso la Nuova Darsena dove verrà gradualmente realizzato il “Giardino della Memoria”. In città sarà creato anche un “Museo dei Diritti”, un museo diffuso ed in rete con altre realtà museali, sociali e culturali del Mediterraneo.

 

All’indomani del naufragio, domenica 19 aprile 2015, in Piazza San Pietro, all’Angelus Papa Francesco disse:

Cari fratelli e sorelle,
stanno giungendo in queste ore notizie relative ad una nuova tragedia nelle acque del Mediterraneo. Un barcone carico di migranti si è capovolto la scorsa notte a circa 60 miglia dalla costa libica e si teme vi siano centinaia di vittime. Esprimo il mio più sentito dolore di fronte a una tale tragedia ed assicuro per gli scomparsi e le loro famiglie il mio ricordo e la mia preghiera. Rivolgo un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza, onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi. Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita migliore. Cercavano la felicità … Vi invito a pregare in silenzio, prima, e poi tutti insieme per questi fratelli e sorelle.

 

Stella Maris 2021 Programma


Lettera della Consulta regionale delle aggregazioni laicali al presidente Mattarella

Riscopriamo l’amore sociale

Ritessere l’unità dello Stato riscoprendone una dimensione costitutiva essenziale: l’amore sociale; umanizzare il servizio sanitario nazionale; attivare processi virtuosi di sviluppo sostenibile e duraturo. Sono alcuni dei punti che Stefano Vitello, segretario generale della Consulta Regionale delle aggregazioni laicali della Sicilia, ha evidenziato nella lettera aperta inviata al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, in occasione del 2 Giugno, 75esimo anniversario della nostra Repubblica.

In questo tempo disseminato di ferite nel quale l’inatteso è entrato nella nostra vita obbligandoci a vivere un presente carico di incertezze e di sospensione ed a sentirci legati insieme da una comunanza di destino, tale anniversario rappresenta un momento forte per interrogarci ed interrogare sulla vitalità delle nostre istituzioni repubblicane onde attualizzarne con responsabile e meditata attenzione i principi ispiratori e i fondamenti costituzionali. In tale ottica, non possiamo non considerare con viva e partecipe preoccupazione che tale momento celebrativo coincide, oggi, da un lato, con la debolezza politica della nostra democrazia, la polarizzazione estrema del confronto politico e l’emergere di nuove e più profonde diseguaglianze sociali e, dall’altro, con la conclamata affermazione della forza economica e politica degli attori globali e la tendenziale subordinazione dei diritti umani fondamentali e dei diritti sociali alla egemonia delle libertà economiche, i cui effetti negativi sono resi platealmente manifesti dalle pesanti contingenze sanitarie, sociali ed economiche che stanno acuendo sempre più la cronica sofferenza dei nostri territori.

In un contesto siffatto la nostra martoriata Isola rivela penosamente la sua reale condizione: affamata di futuro e di lavoro, ripiegata su stessa e sfiduciata, prigioniera di una insuperata marginalità storica. Ci sembra allora essere questo un tempo nel quale la politica è chiamata a mettere a tema della propria nobile funzione e del proprio agire alcuni punti nodali:
– ritessere, anzitutto, l’unità dello Stato riscoprendone una dimensione costitutiva essenziale: l’amore sociale come vera e propria categoria politica, innervando nelle articolazioni e nelle giunture del nostro sistema politico un principio dimenticato: il principio della fraternità, che il brusco risveglio dalla dura e sofferta realtà della pandemia del coronavirus ha ridestato nella coscienza collettiva; un principio imprescindibile per la edificazione di una società giusta e solidale, realmente rispettosa della dignità della persona umana e di ogni suo diritto;
– attivare processi virtuosi di sviluppo sostenibile e duraturo, utilizzando con oculatezza e lungimiranza tutte le risorse finanziarie che l’Unione Europea ha mobilitato nel presente e mobiliterà in futuro, così da creare nuove opportunità di impresa e di lavoro stabile ed equamente retribuito, condizione essenziale per una generale e diffusa rinascita economica in grado di porre fine allo storico ed intollerabile divario esistente tra Nord e Sud del nostro Paese;
– restituire alla sanità pubblica, dopo anni di privatizzazione e indebolimento delle strutture, il suo ruolo centrale nelle politiche di prevenzione, di cura e di riabilitazione delle malattie riscoprendone la sua funzione come “prendersi cura” del “Bene Persona”, in un dialogo non soltanto con la malattia, ma con il malato, tale da sviluppare l’uomo che è in lui, proteggerlo nel momento della sua debolezza e assicurargli libertà, responsabilità, desiderio di vivere. Si tratta, in pratica, di umanizzare il servizio sanitario nazionale affrancandolo da una snaturata concezione aziendalistica, mettendolo al riparo da indebite intromissioni e favoritismi e facendo sì che siano garantite la correttezza, la limpidezza e la coerenza delle scelte programmatiche;
– avviare un forte e convinto processo di risocializzazione della dimensione europea e di politicizzazione dello spazio pubblico europeo per affermare i valori e i princìpi su cui si fonda l’Unione europea, così da giungere celermente alla sua trasformazione in un’Unione politica, della quale i soggetti costituenti siano i cittadini dell’Unione; Altri potremmo enumerarne, ben noti certamente alla Sua elevata Funzione e allo sguardo vivo e attento del Suo cuore, riteniamo nondimeno che quelli appena annotati rappresentino un essenziale e decisivo banco di prova per avviare un processo di ripresa e resilienza, preludio di una nuova alba per la vita della nostra cara Nazione“.

Il segretario generale della Consulta Regionale delle aggregazioni laicali della Sicilia richiama alla “speranza” per una “rinnovata ed autentica condivisione degli Ideali che ispirarono i nostri Padri costituenti nell’opera di ricostruzione morale, materiale e politica della nostra Nazione, sì da poter vivere ed operare in essa come Comunità di persone amanti del Bene comune.
In questa prospettiva, siamo profondamente convinti della necessità di diventare capaci di imparare a pensare, a leggere dentro la nostra storia e intorno a noi i suoi segni, capaci di comprendere la società nei suoi mutamenti, di saperci collocare come soggetti “pensanti”e di “abitare il nostro tempo” in maniera riflessiva e soprattutto attiva, entrando, come “buoni samaritani”, in profonda sinfonia con i problemi e le ferite umane e sociali che esso offre al nostro sguardo, in una dinamica che ci veda creatori di prossimità e co-protagonisti di inedite sinergie tra cittadini e istituzioni e tra le stesse istituzioni (sociali, politiche, economiche, ecclesiali, educative). Con questa consapevolezza, sentiamo, infine, di dover rivolgere, Suo tramite, un pressante invito a quanti hanno responsabilità di guida e di governo perché siano promotori di iniziative coraggiose e programmi di largo respiro, in grado di restituire alla nostra Repubblica la sua immagine più autentica, quella che i Padri costituenti hanno affidato alla fedele custodia e ad un sentimento di amore e di rispetto delle generazioni future, perché patrimonio di tutti. Possa esserne un segno visibile una politica più attenta ai bisogni della famiglia – bene comune, capitale sociale primario della Nazione -, allo sviluppo e lavoro, alle tante forme di fragilità sociali, alla integrazione sociale, alla salvaguardia dell’ambiente, alla legalità e sicurezza, e ai giovani perché non si sentano più abbandonati ad un futuro incerto e precario, lontano dalla loro terra di origine“.

Mons. Francesco Lomanto per la 55esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

“Costruiamo relazioni fondate sulla verità”

“Oggi abbiamo tutti il desiderio forte di incontrare, di relazionarci, ma spesso accade di chiuderci in noi stessi per sentirci protetti e spesso farci apparire diversi. Papa Francesco ci invita a costruire una relazione per raccontare la vera vita”.
Lo scrive mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa e delegato episcopale per le Comunicazioni Sociali e la Cultura della Conferenza Episcopale Siciliana  oggi nella 55esima Giornata mondiali delle comunicazioni sociali riprendendo il messaggio di Papa Francesco.
“Sull’esempio di Paolo di Tarso ricorda che “furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui”.
Ed allora abitare “la relazione con Lui” diventa fondamento, stile, criterio “per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta” al fine di comunicare la verità.
Lʼincontro personale diventa essenziale per vivere e per raccontare la vera vita. La comunicazione scaturisce da “una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire”. Non è possibile conoscere la verità se non se ne fa esperienza, se non si incontrano le persone, se non si partecipa alle loro gioie e ai loro dolori.
Papa invita alla ricerca della verità. Si tratta di comprendere la complessità della realtà, senza accontentarsi delle soluzioni superficiali; si pone l’istanza della correttezza umana e intellettuale, del coraggio e dell’amore alla verità anche contro i propri interessi personali”.

Mons. La Placa nominato vescovo di Ragusa

Monsignor Giuseppe La Placa è stato nominato vescovo di Ragusa. L’annuncio, in contemporanea con la Sala Stampa Vaticana, lo ha dato oggi a mezzogiorno l’amministratore apostolico monsignor Roberto Asta al clero della Diocesi di Ragusa riunito in cattedrale mentre le campane di tutte le chiese suonavano a festa. Stessa cerimonia si è svolta nella cattedrale di Caltanissetta con il vescovo monsignor Mario Russotto che ha letto al clero nisseno la nomina del Santo Padre.

Lo accogliamo con gioia e con tanto affetto nella nostra famiglia episcopale e gli assicuriamo uno speciale ricorso nella preghiera per la missione che il Signore gli affida. Invochiamo pure su di lui la protezione della Madre della Chiesa” hanno scritto i vescovi di Sicilia.

Mi preparo a venire a voi – ha scritto in una lettera indirizzata alla sua nuova Diocesi – in semplicità di cuore, con l’unico desiderio di servire la vostra gioia ed essere segno e strumento di Cristo, unico Pastore e guida delle nostre anime“.

Il vescovo eletto rivolge quindi un saluto e un “affettuoso pensiero” ai vescovi emeriti monsignor Carmelo Cuttitta e monsignor Paolo Urso; a monsignor Giambattista Diquattro, nunzio apostolico in Brasile; a monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo emerito di Agrigento; all’amministratore apostolico monsignor Roberto Asta; ai sacerdoti, ai diaconi, ai seminaristi, ai fedeli laici, ai fratelli nella fede cristiana che non appartengono alla Chiesa Cattolica. “Di tutti voi – scrive monsignor La Placa – voglio essere compagno di viaggio, fratello e amico“. Un saluto lo rivolge anche alle autorità civili e militari e a coloro che si dedicano alla guida e al governo delle nostre città. Un grazie sentito e commosso infine alla Chiesa di Caltanissetta e al vescovo monsignor Mario Russotto.

Monsignor Giuseppe La Placa, 58 anni, è nato a Resuttano in provincia e nella Diocesi di Caltanissetta. Entrato nel Seminario diocesano di Caltanissetta il 30 settembre 1973, ha conseguito la maturità classica nel 1981 e, dopo gli studi teologici presso l’istituto “Mons. G. Guttadauro” di Caltanissetta, è stato ordinato presbitero il 29 giugno 1986. Nel 1993 ha conseguito a Roma la Licenza in Filosofia Teoretica presso la Pontificia Università Gregoriana ed ha seguito i corsi per il dottorato. È iscritto all’Albo dei giornalisti. Attualmente è vicario generale della Diocesi di Caltanissetta.
Monsignor Giuseppe La Placa è il sesto vescovo della Diocesi di Ragusa dopo monsignor Ettore Baranzini. monsignor Francesco Pennisi, monsignor Angelo Rizzo, monsignor Paolo Urso e monsignor Carmelo Cuttitta. La sua nomina rafforza il particolare legame tra le Diocesi di Ragusa e Caltanissetta. Fu infatti il ragusano venerabile monsignor Giovanni Jacono, da vescovo di Caltanissetta, a ordinare sacerdote monsignor Angelo Rizzo che, a sua volta, da vescovo di Ragusa, avrebbe poi ordinato monsignor Mario Russotto, oggi vescovo di Caltanissetta. Diocesi che dona oggi a Ragusa monsignor Giuseppe La Placa.

Domenica 9 maggio

La Beatificazione di Livatino è luce per la gente di Sicilia

E’ stato presentato ad Agrigento il Messaggio dei Vescovi di Sicilia in occasione della Beatificazione del giudice Rosario Angelo Livatino di domenica prossima, 9 maggio. A consegnarlo ai giornalisti presenti al Palazzo arcivescovile e, attraverso loro, ai fedeli delle diciotto diocesi dell’Isola è stato mons. Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù e delegato per la Conferenza episcopale siciliana per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato.

Un testo sentito, dedicato non solo a Livatino, definito “uno di noi, cresciuto in una comunissima famiglia delle nostre e in una delle nostre città, dove ha respirato il profumo della dignità e dove ha appreso il senso del dovere, il valore dell’onestà e l’audacia della responsabilità”.

I vescovi scrivono della “giovinezza” del martire canicattinese, della sua professione e della sua professionalità, del significato della sua beatificazione oggi e in questa terra; illustrano le tappe del cammino delle coscienze iniziato con l’assassinio del magistrato, e passato attraverso il grido di Giovanni Paolo II e la lettera “Convertitevi!” dei vescovi di Sicilia per il 25° di quell’appello e fino alla beatificazione; si soffermano sulla “eredità” di Livatino, ma non meno su quella “di Puglisi e di innumerevoli altri fratelli e sorelle, che non saranno mai elevati gli onori degli altari, ma che hanno scritto pagine indelebili di storia ecclesiale e civile, anche ai nostri giorni e anche nella nostra Sicilia!”.

Purtroppo – scrivono i vescovi siciliani – dobbiamo riconoscere che, al di là di alcune lodevoli iniziative più o meno circoscritte, le nostre Chiese non sono ancora all’altezza di tale eredità”. L’invito è a “ripartire, considerando che in questi trent’anni tante cose sono cambiate, ma non sono ancora cambiate abbastanza. Se sembra finito il tempo del grande clamore con cui la mafia agiva nelle strade e nelle piazze delle nostre città, è certo che essa ha trovato altre forme – meno appariscenti e per questo ancora più pericolose – per infiltrarsi nei vari ambiti della convivenza umana, continuando a destabilizzare gli equilibri sociali. Di fronte a tutto questo non possiamo più tacere, ma dobbiamo alzare la voce e unire alle parole i fatti: non da soli ma insieme, non con iniziative estemporanea ma con azioni sistematiche. Solo così il sangue dei Martiri non sarà stato versato invano e potrà fecondare la nostra storia, rendendola, per tutti e per sempre, storia di salvezza”.

Questa terra non produce solo male, anzi diventa capitale del Bene. La Beatificazione di Rosario Livatino – ha detto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigentoè luce per la gente di Sicilia e non solo, ed era necessario e urgente accenderla, soprattutto in un momento difficile come quello che viviamo. Le ristrettezze alle quali anche il Covid ci costringe non ci ha scoraggiati: la data è quella dell’appello del papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi. Non ci sarà la festa che avremmo voluto, ma la santità non richiede i grandi numeri in termini di presenza, ma di persone che si lasciano coinvolgere e interrogare. Questo è lo stile con il quale viviamo questo momento – ha continuato il cardinale -, quello di chi si vuole lasciare illuminare per procedere senza sosta e andare avanti rompendo il buio che rischia di scoraggiarci e rallentarci”.

A testimoniare quanto a cuore stia l’esempio di Livatino alla Chiesa tutta anche un messaggio che il Papa Francesco ha voluto indirizzare ai ragazzi e alle ragazze, posto in apertura al libro “Rosario Livatino. La lezione del giudice ragazzino”, a firma di Lilli Genco e mons. Alessandro Damiano, arcivescovo coadiutore di Agrigento ed edito da Di Girolamo Junior. “Fate tesoro della testimonianza del beato Rosario Livatino, un “santo della porta accanto” che – scrive il pontefice – attraverso la sua vita ordinaria realizzato qualcosa di straordinario agli occhi di Dio donando la sua vita per la giustizia. Sul suo esempio – sollecita Papa Francesco – prendete in mano la vostra vita e senza cedere mai a compromessi alla sopraffazione, dato il meglio di voi stessi per il cambiamento della vostra terra”.

Messaggio dei Vescovi di Sicilia in occasione della Beatificazione di Rosario Livatino

Preghiera, confessione e gesti di carità per vivere la pietà popolare

Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni“. Lo ha scritto l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto rivolgendosi alla comunità diocesana in una lettera sulla pietà popolare.  

Incontrandovi, in questi primi mesi del mio episcopato, pur tra le restrizioni dovute alla pandemia, sto apprezzando anche la grande ricchezza della pietà popolare, sorretta e promossa da intelligenza cristiana e creatività pastorale.In prossimità del periodo delle feste patronali – che si apre con il mese di maggio e che perdura nel periodo estivo – desidero offrirvi alcune riflessioni, per vivere con autentico spirito evangelico e nella comunione ecclesiale questi momenti significativi dell’espressione della nostra fede e della nostra lode a Dio, attraverso la venerazione alla Madre di Dio e ai Santi: da Santa Lucia a San Sebastiano, da Sant’Alfio a San Domenico, da San Paolo ai Santi Martiri, dagli Angeli agli Arcangeli, da Santa Sofia a Santa Rita, da San Giuseppe a Sant’Antonio, alla Madonna venerata con vari titoli e nel segno genuino delle Sue Lacrime”.


La pietà popolare: manifestazione di vita teologale
La pietà popolare ha la sua radice nella nostra fede in Dio, ricevuta e incarnata nel cammino ecclesiale. Il Santo Papa Paolo VI ha indirizzato la pietà dal concetto di “religiosità popolareˮ a quello di “pietà popolareˮ, cioè da un carattere più sociologico a quello dal sapore più teologico e pastorale (Paolo VI, Evangelii nuntiandi). Purificata, centrata in Gesù Cristo morto e risorto, essa merita la nostra attenzione, in quanto può aiutarci a prendere consapevolezza del nostro essere reale popolo di Dio. Anche San Giovanni Paolo II ha evidenziato nella pietà popolare una straordinaria risorsa spirituale, purtuttavia da evangelizzare «affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico» (Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, 18).
Per Papa Benedetto XVI la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa: attraverso essa la fede è entrata nel cuore degli uomini, diventando parte dei sentimenti, delle abitudini, del comune sentire e vivere (Benedetto XVI, Discorso, 8 aprile 2011).
Papa Francesco ha definito la pietà popolare una «realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista» (EG 122), che permette alla fede di essere «incarnata in una cultura» (EG 123) e di diventare «manifestazione di una vita teologale» (EG 125), «luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione» (EG 126), per la sua «forza evangelizzatrice» (EG 122), e «sistema immunitario della Chiesa» (Francesco, Primo Convegno internazionale per i rettori e gli operatori dei Santuari, 29 novembre 2018).

La pietà popolare: fisionomia della Chiesa locale
La devozione del popolo è un dono dello Spirito per la vita della Chiesa. Le diverse manifestazioni di fede delle comunità della nostra Diocesi trovano il loro luogo naturale di formazione, di trasmissione e anche di trasformazione e di rinnovamento nella parrocchia. Proprio nellʼambito istituzionale della parrocchia la pietà si nutre della Parola di Dio, della spiritualità, dellʼinsegnamento del magistero e della viva tradizione della Chiesa. La fede comporta un felice intreccio della sua dimensione affettiva e interiore con la vita vissuta, che non può essere limitata a un mero esercizio intellettuale. La fede alimenta la genuina espressione della pietà, dei simboli e degli affetti.  Papa Francesco sostiene che occorre «capire il popolo di Dio, senza pregiudizi», perché «il popolo è dotato di quel “fiuto” della fede, di quella “infallibilità in credendoˮ» (Ibidem) in quanto portatore di una sorta di sapienza intuitiva proveniente dallo Spirito Santo. La pietà popolare – «espressione del sentire profondo maturato dai credenti» (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 1) – scaturisce, infatti, dall’annunzio del Vangelo sedimentato sotto lʼazione dello Spirito Santo; diventa patrimonio della nostra fede e delinea la fisionomia della nostra Chiesa locale, caratterizzandone la sua stessa “particolaritàˮ.

La pietà popolare: comunione di preghiera e di carità
È necessario al contempo un continuo rinnovamento interiore per non smarrire il senso cristiano della festa che deve sempre scaturire e portare a Dio, al servizio della carità al prossimo. Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni. La vera festa è vivere davanti a Dio, alla sua presenza, sotto il suo sguardo. Il cammino di perfezione è umiltà, perché la santità è la presenza di Dio nel cuore dell’uomo. Noi troviamo Dio soltanto attraverso un cammino di spogliamento, di discesa, di semplicità. Se anche noi vogliamo essere santi dobbiamo dire di no a tutto quello che ci separa da Dio e dagli altri. Per vivere una fede autentica è necessario che Dio viva in noi, perché Lui solo è Santo. Il rapporto del fedele con Dio, la Vergine e i Santi – mediato da immagini che ci ricordano la loro presenza protettiva – richiede oggi la sublimazione della devota pietà in un rapporto di profonda comunione con il Signore. Possiamo crescere insieme nellʼintima comunione di vita con Cristo, vivendo nella docilità allo Spirito, coltivando la preghiera, accrescendo la nostra fede, pensando e operando secondo Dio. Il mistero di Dio si comprende solo vivendolo, incarnandolo e trasmettendolo. Per questo San Gregorio Magno amava pregare dicendo: «O Signore, se voglio capire le cose che ascolto da te, devo subito metterle in pratica». A motivo della grave situazione di pandemia in corso, anche quest’anno non sarà possibile esprimere la nostra devozione con le processioni esterne, ma certamente potremo intensificare la preghiera con la pratica sacramentale della confessione e della comunione, con i gesti concreti di carità e di vicinanza verso chi è in difficoltà. Ad imitazione dei nostri padri, accorriamo allʼaltare del Signore con animo penitente ed orante, elevando al Cielo suffragi per quanti sono morti a causa dellʼepidemia o di altri mali che affliggono la nostra vita.
Cogliamo negli eventi della storia i segni della presenza di Dio, per scorgere le sue vie e per prospettare un futuro di fraternità e di concordia.
Invochiamo su tutti il dono della pace e del lavoro, specie per quanti stanno vivendo il dramma di un presente carico di difficoltà e di un futuro che si prospetta estremamente incerto. Siano questi i segni delle nostre feste patronali: preghiera, penitenza, carità, fraternità e intercessione. Imploriamo il patrocinio dei nostri Santi Patroni! Si innalzi dallʼintera Diocesi lʼunanime supplica verso il Cielo:
«Pregate per noi!».
In compagnia dei nostri Santi, avanziamo nel cammino della fede, volgendo lo sguardo a Dio che ci guiderà passo dopo passo nel cammino verso la santità.  A tutti auguro di cuore un buon cammino di fede, un rinnovamento spirituale, una creatività pastorale e uno slancio di carità, purificati dalla fedeltà a Cristo e illuminati dalla sapienza del Vangelo”.