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Natale, una rivoluzione del modo di pensare umano

L’evento del Natale, cui ci prepariamo, è una rivoluzione del modo di pensare umano: il grande si fa piccolo, l’onnipotente si fa bisognoso di tutto, l’infinito entra nel tempo. Potremmo dire che attendiamo il trionfo della piccolezza, della povertà, della finitezza. Ogni anno, preparandoci al Natale, ci ricordiamo, dunque, che Dio si fa partecipe del nostro limite che, talora, nemmeno noi vogliamo accettare“. Lo scrive l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nel messaggio che ha voluto rivolgere alla Diocesi per il periodo di Avvento.

Desidero invitarvi a vivere ii tempo di Avvento ponendovi in ascolto della Parola di Dio e disponendovi all’accoglienza del Verbo, il tempo di Natale come dono della presenza di Dio, il tempo della nostra esistenza come partecipazione del Suo amore infinito al nostro limite“.

L’Avvento è un cammino per accogliere il Verbo nell’atto di una fede che ascolta.

L’ Avvento ci indica il senso della vita cristiana che e, prima di tutto, accogliere il Verbo nell’atto di una fede che ascolta. Se la fede è ex auditu, essa implica l’ascolto, l’accoglienza del Verbo, affinché Egli stesso operi in noi ciò che chiede. L’ascolto e l’accoglienza del Verba rimangono il compito essenziale e unico per tutti, affinché si realizzi attraverso tutto il nostro essere la nostra trasformazione in Cristo e la proclamazione dell’unita e della gloria di Dio. Il cammino sinodale che abbiamo intrapreso ci invita a vivere l’ascolto come tappa ecclesiale imprescindibile per «contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare la condivisione  dei  frutti  del  loro  impegno»  (Documento  Preparatorio,  3).  Tale «cammino di ascolto reciproco può essere un’autentica esperienza di discernimento della voce dello Spirito Santo» (Vademecum, 1), per avviarci «a diventare la Chiesa che Dio ci chiama ad essere» (lb.)”.

Il secondo punto evidenziato dall’arcivescovo Lomanto è “vivere ora e qui il dono di Dio con noi”. 

Mons. Francesco Lomanto

Celebrare il Natale “non significa soltanto commemorare l’evento di un giorno in cui, duemila anni fa, Dio si faceva uomo, viveva la nostra piccola vita e moriva sulla croce. Questa è una cosa grande, ma non è tutto, perché la cosa più grande è il fatto che la Sua vita, la Sua morte e la Sua resurrezione non sono avvenimenti che rimangono chiusi nel passato. Vivere il Natale vuol dire vivere oggi e qui questo dono di amore, vuol dire vivere oggi e qui il fatto che Egli si fa presente nella nostra vita e ci sceglie per Sé per compiere ii nostro cammino di adesione e trasformazione in Lui. Nulla e passato! Si tratta per noi di vivere questo mistero infinito di amore, in ogni giorno, in questo giorno presente che viviamo. Egli é con noi, Egli é tutto per noi, ora e qui. Ovunque tu sei Egli é con te. Egli é dove ama, e siccome Egli ti ama, Egli rimane con te e vuole che tu rimanga con Lui, nell’ameno giardino dello Spirito. Ecco la grandezza del Natale: come Lui é con te, cosi tu sei con Lui. lmporta poco essere qui o essere altrove. Ciò che conta e che tu sia con Lui come Lui con te; cosi tu realizzi questa presenza di amore che é veramente tutta la vita del cristiano“.

 

Infine il terzo punto: Dio viene a visitarci per farsi partecipe del  nostro limite e rimanere con noi.

“(…) Penso alla sofferenza che continua a prostrarci a causa del Covid, delle recenti alluvioni che hanno danneggiato le case di tante famiglie, tante attività produttive, distrutto terre e mietuto vittime, delle molte povertà che affliggono il nostro popolo. Anche in tutte queste concrete circostanze Cristo viene a visitarci e a farsi nostro compagno di viaggio, povero fra i poveri, ultimo fra gli ultimi, per annunciarci che Egli è venuto per colmare di grazia ogni nostra piaga, ogni nostro limite, innalzandoci a una nuova dignità: quella dei figli di Dio. Egli si fa povero per mostrarci la vera ricchezza, piccolo per indicarci ciò che e veramente grande ai Suoi occhi, ultimo perché sia sconfitta la “cultura dello scarto“, bisognoso per farci comprendere che solo in Lui e vera libertà, entra nel tempo per acquistarci l’eternità“.

 

Il messaggio integrale dell’arcivescovo per l’Avvento


Mons. Lomanto ha ricevuto il Pallio da Papa Francesco

L’arcivescovo mons. Francesco Lomanto ha ricevuto questa mattina il Pallio, segno della dignità Metropolitana. Mons. Lomanto si è unito alla concelebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco, nella Basilica Vaticana, nella Festa dei SS. Pietro e Paolo.

In particolare l’arcivescovo ha letto il giuramento ed è stato concelebrante accanto al Pontefice.

Nell’occasione il Papa ha benedetto il Pallio, destinato al titolare della nostra sede arcivescovile. Il Pallio è il simbolo del legame speciale dell’arcivescovo di Siracusa con il Papa ed esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il nostro arcivescovo, in quanto Metropolita, acquista di diritto nella propria giurisdizione. Sempre oggi, l’arcivescovo ricorda il 35esimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

Papa Francesco, subito dopo la messa, ha consegnato il pallio ad ogni arcivescovo: mons. Lomanto è stato il primo a riceverlo: “Coraggio la Madonna delle Lacrime la custodisce” sono state le parole rivolte dal Santo Padre al nostro arcivescovo.

“E’ stata una grande emozione nel segno della chiamata alla volontà del Signore che ti conduce, ti guida e ti vuole al suo servizio – ha detto mons. Lomanto -. E’ il segno dell’unità con la fede di Pietro nel dono della propria vita come ha detto il Papa. Donarsi totalmente al Signore in unità al successore degli apostoli”. 

Papa Francesco ha voluto, dal 2015, modificare le modalità di conferimento di questa sacra insegna che non viene più imposta direttamente dal Santo Padre, ma solo ricevuta dalle Sue mani in forma privata al termine della concelebrazione. Sarà il rappresentante pontificio in Italia, il Nunzio apostolico mons. Emil Paul Tscherrig, ad imporlo nomine Summi Pontificis a Mons. Lomanto nella concelebrazione conclusiva dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Lacrime programmata per il prossimo 1 settembre nel Santuario della Madonna delle Lacrime.

 

Sconfiggiamo la globalizzazione dell’indifferenza

Consacriamo alla memoria del nostro popolo l’evento del 18 aprile tramite questo monumento che parli alle nostre menti e ai nostri cuori, per sconfiggere la «globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia, Lampedusa, 8 luglio 2013) e ci muova a riconoscere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno» (Fratelli tutti, 39)”. Queste le parole utilizzate dall’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nella Nuova Darsena ad Augusta dove si è tenuta la cerimonia interreligiosa con testimonianze e preghiere cristiane e musulmane per ricordare le vittime della tragedia dell’aprile del 2015 nel Canale di Sicilia e tutti i migranti morti nel Mediterraneo. Quel relitto è stato posto come simbolo di tute le tragedie del mare. 

Memoria e ricordo – ha continuato mons. Lomanto – sono dimensioni molto care alla Sacra Scrittura, al Popolo dell’Alleanza e anche alla Cristianità. Nel Deuteronomio, Mosè dice al suo Popolo: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9-10) e Gesù, perpetuando nei secoli l’atto supremo della redenzione, dice ai suoi: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11,23-25). La memoria non è facoltà che coinvolge soltanto la mente, ma anche il cuore: “ri-cordare”, portare nuovamente al cuore, luogo ove simbolicamente si esplica l’anima dell’uomo, la sua vita intima, spirituale e da cui procede il suo agire. Un autore ha scritto «un popolo senza memoria è un popolo senza futuro» (Luis Sepulveda), Papa Francesco, più radicalmente, ha affermato che «un popolo senza memoria non è popolo» (Omelia, Santa Marta, 30 maggio 2016). Così, oggi facciamo memoria “ri-cordando” – riportando al nostro cuore – l’evento luttuoso del 18 aprile 2015, quando 700 nostri fratelli, in ricerca di una vita più dignitosa, trovarono la morte in mare”.

E’ stata lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Quindi l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, ha presieduto la celebrazione. Il relitto, dismessa la sua funzione artistica (è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 2019 dall’artista Christoph Buchel), assume adesso il suo ruolo di simbolo di tutte le tragedie che hanno riguardato uomini, donne e bambini costretti ad abbandonare le proprie terre per cercare una vita migliore. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato 18 aprile (nato nel 2016, in concomitanza con l’arrivo del relitto ad Augusta), dalla Stella Maris e con la collaborazione dell’Autorità portuale del mare di Sicilia orientale e della Capitaneria di porto. “Assistiamo al naufragio dei diritti: nelle carceri libiche, nell’omissione di soccorso, nella costruzioni di muri anziché di ponti – ha detto Enzo Parisi del Comitato 18 aprile -. Non è un monumento triste e muto, ma un monito verso l’indifferenza dei potenti, un testimone che parla anzi grida di non lasciare affogare le persone ed i diritti“.

Mons. Francesco Lomanto per la 55esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

“Costruiamo relazioni fondate sulla verità”

“Oggi abbiamo tutti il desiderio forte di incontrare, di relazionarci, ma spesso accade di chiuderci in noi stessi per sentirci protetti e spesso farci apparire diversi. Papa Francesco ci invita a costruire una relazione per raccontare la vera vita”.
Lo scrive mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa e delegato episcopale per le Comunicazioni Sociali e la Cultura della Conferenza Episcopale Siciliana  oggi nella 55esima Giornata mondiali delle comunicazioni sociali riprendendo il messaggio di Papa Francesco.
“Sull’esempio di Paolo di Tarso ricorda che “furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui”.
Ed allora abitare “la relazione con Lui” diventa fondamento, stile, criterio “per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta” al fine di comunicare la verità.
Lʼincontro personale diventa essenziale per vivere e per raccontare la vera vita. La comunicazione scaturisce da “una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire”. Non è possibile conoscere la verità se non se ne fa esperienza, se non si incontrano le persone, se non si partecipa alle loro gioie e ai loro dolori.
Papa invita alla ricerca della verità. Si tratta di comprendere la complessità della realtà, senza accontentarsi delle soluzioni superficiali; si pone l’istanza della correttezza umana e intellettuale, del coraggio e dell’amore alla verità anche contro i propri interessi personali”.

Istituto San Metodio e Ufficio IRC

La casa comune, un sogno ecclesiale

L’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio in collaborazione con l’Ufficio Diocesano Insegnamento Religione Cattolica invita all’incontro su La casa comune, un sogno ecclesiale nell’ambito dell’Itinerario formativo Pensare la casa comune attraverso l’Esortazione post-sinodale Querida Amazonia di papa Francesco.

L’incontro, in collegamento a distanza, avrà luogo venerdì 14 alle ore 18.30. Interverrà mons. Francesco Lomanto, Arcivescovo di Siracusa.
E’ possibile richiedere il link d’accesso alla riunione virtuale inviando un’email a info@sanmetodio.eu entro le ore 16.00 del giorno dell’incontro. Chi ha partecipato agli incontri precedenti riceverà l’invito in automatico.

Preghiera, confessione e gesti di carità per vivere la pietà popolare

Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni“. Lo ha scritto l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto rivolgendosi alla comunità diocesana in una lettera sulla pietà popolare.  

Incontrandovi, in questi primi mesi del mio episcopato, pur tra le restrizioni dovute alla pandemia, sto apprezzando anche la grande ricchezza della pietà popolare, sorretta e promossa da intelligenza cristiana e creatività pastorale.In prossimità del periodo delle feste patronali – che si apre con il mese di maggio e che perdura nel periodo estivo – desidero offrirvi alcune riflessioni, per vivere con autentico spirito evangelico e nella comunione ecclesiale questi momenti significativi dell’espressione della nostra fede e della nostra lode a Dio, attraverso la venerazione alla Madre di Dio e ai Santi: da Santa Lucia a San Sebastiano, da Sant’Alfio a San Domenico, da San Paolo ai Santi Martiri, dagli Angeli agli Arcangeli, da Santa Sofia a Santa Rita, da San Giuseppe a Sant’Antonio, alla Madonna venerata con vari titoli e nel segno genuino delle Sue Lacrime”.


La pietà popolare: manifestazione di vita teologale
La pietà popolare ha la sua radice nella nostra fede in Dio, ricevuta e incarnata nel cammino ecclesiale. Il Santo Papa Paolo VI ha indirizzato la pietà dal concetto di “religiosità popolareˮ a quello di “pietà popolareˮ, cioè da un carattere più sociologico a quello dal sapore più teologico e pastorale (Paolo VI, Evangelii nuntiandi). Purificata, centrata in Gesù Cristo morto e risorto, essa merita la nostra attenzione, in quanto può aiutarci a prendere consapevolezza del nostro essere reale popolo di Dio. Anche San Giovanni Paolo II ha evidenziato nella pietà popolare una straordinaria risorsa spirituale, purtuttavia da evangelizzare «affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico» (Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, 18).
Per Papa Benedetto XVI la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa: attraverso essa la fede è entrata nel cuore degli uomini, diventando parte dei sentimenti, delle abitudini, del comune sentire e vivere (Benedetto XVI, Discorso, 8 aprile 2011).
Papa Francesco ha definito la pietà popolare una «realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista» (EG 122), che permette alla fede di essere «incarnata in una cultura» (EG 123) e di diventare «manifestazione di una vita teologale» (EG 125), «luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione» (EG 126), per la sua «forza evangelizzatrice» (EG 122), e «sistema immunitario della Chiesa» (Francesco, Primo Convegno internazionale per i rettori e gli operatori dei Santuari, 29 novembre 2018).

La pietà popolare: fisionomia della Chiesa locale
La devozione del popolo è un dono dello Spirito per la vita della Chiesa. Le diverse manifestazioni di fede delle comunità della nostra Diocesi trovano il loro luogo naturale di formazione, di trasmissione e anche di trasformazione e di rinnovamento nella parrocchia. Proprio nellʼambito istituzionale della parrocchia la pietà si nutre della Parola di Dio, della spiritualità, dellʼinsegnamento del magistero e della viva tradizione della Chiesa. La fede comporta un felice intreccio della sua dimensione affettiva e interiore con la vita vissuta, che non può essere limitata a un mero esercizio intellettuale. La fede alimenta la genuina espressione della pietà, dei simboli e degli affetti.  Papa Francesco sostiene che occorre «capire il popolo di Dio, senza pregiudizi», perché «il popolo è dotato di quel “fiuto” della fede, di quella “infallibilità in credendoˮ» (Ibidem) in quanto portatore di una sorta di sapienza intuitiva proveniente dallo Spirito Santo. La pietà popolare – «espressione del sentire profondo maturato dai credenti» (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 1) – scaturisce, infatti, dall’annunzio del Vangelo sedimentato sotto lʼazione dello Spirito Santo; diventa patrimonio della nostra fede e delinea la fisionomia della nostra Chiesa locale, caratterizzandone la sua stessa “particolaritàˮ.

La pietà popolare: comunione di preghiera e di carità
È necessario al contempo un continuo rinnovamento interiore per non smarrire il senso cristiano della festa che deve sempre scaturire e portare a Dio, al servizio della carità al prossimo. Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni. La vera festa è vivere davanti a Dio, alla sua presenza, sotto il suo sguardo. Il cammino di perfezione è umiltà, perché la santità è la presenza di Dio nel cuore dell’uomo. Noi troviamo Dio soltanto attraverso un cammino di spogliamento, di discesa, di semplicità. Se anche noi vogliamo essere santi dobbiamo dire di no a tutto quello che ci separa da Dio e dagli altri. Per vivere una fede autentica è necessario che Dio viva in noi, perché Lui solo è Santo. Il rapporto del fedele con Dio, la Vergine e i Santi – mediato da immagini che ci ricordano la loro presenza protettiva – richiede oggi la sublimazione della devota pietà in un rapporto di profonda comunione con il Signore. Possiamo crescere insieme nellʼintima comunione di vita con Cristo, vivendo nella docilità allo Spirito, coltivando la preghiera, accrescendo la nostra fede, pensando e operando secondo Dio. Il mistero di Dio si comprende solo vivendolo, incarnandolo e trasmettendolo. Per questo San Gregorio Magno amava pregare dicendo: «O Signore, se voglio capire le cose che ascolto da te, devo subito metterle in pratica». A motivo della grave situazione di pandemia in corso, anche quest’anno non sarà possibile esprimere la nostra devozione con le processioni esterne, ma certamente potremo intensificare la preghiera con la pratica sacramentale della confessione e della comunione, con i gesti concreti di carità e di vicinanza verso chi è in difficoltà. Ad imitazione dei nostri padri, accorriamo allʼaltare del Signore con animo penitente ed orante, elevando al Cielo suffragi per quanti sono morti a causa dellʼepidemia o di altri mali che affliggono la nostra vita.
Cogliamo negli eventi della storia i segni della presenza di Dio, per scorgere le sue vie e per prospettare un futuro di fraternità e di concordia.
Invochiamo su tutti il dono della pace e del lavoro, specie per quanti stanno vivendo il dramma di un presente carico di difficoltà e di un futuro che si prospetta estremamente incerto. Siano questi i segni delle nostre feste patronali: preghiera, penitenza, carità, fraternità e intercessione. Imploriamo il patrocinio dei nostri Santi Patroni! Si innalzi dallʼintera Diocesi lʼunanime supplica verso il Cielo:
«Pregate per noi!».
In compagnia dei nostri Santi, avanziamo nel cammino della fede, volgendo lo sguardo a Dio che ci guiderà passo dopo passo nel cammino verso la santità.  A tutti auguro di cuore un buon cammino di fede, un rinnovamento spirituale, una creatività pastorale e uno slancio di carità, purificati dalla fedeltà a Cristo e illuminati dalla sapienza del Vangelo”.

L’arcivescovo Lomanto al Centro hub vaccinale

Desidero ringraziare l’Asp e il Comune e le associazioni di volontariato, la protezione civile, per questo delicato, prezioso e significativo servizio“. Lo ha detto l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto che si è recato al Centro hub vaccinale presso l’Urban center di via Nino Bixio. Ad accoglierlo il direttore sanitario dell’Asp Salvatore Madonia ed i dirigenti medici Dario Genovese e Giuseppe D’Aquila.  Presenti anche i sindaci di Siracusa, Francesco Italia, ed Augusta, Giuseppe Di Mare.

Desidero ringraziare e impartirvi la benedizione. Benedire significa dire bene, e quando lo riferiamo al Signore significa che è lui stesso che parla quindi è la sua presenza tra noi. Desidero ringraziare l’Asp e il Comune e le associazioni di volontariato, la protezione civile, per questo delicato, prezioso e significativo servizio. Gratitudine per l’opera in sé. Per il bene destinato a ciascuno di noi, per il sostegno e l’incoraggiamento che vengono dalla struttura, dal trattamento e questo è un ulteriore servizio che si aggiunge. C’è un attenzione alla persona e all’uomo per stare bene. Credo che l’unico importante servizio che siamo chiamati a svolgere nella vita è quello di essere unicamente umani. Se siamo umani ci sforziamo di essere perfetti“.

San Pietro apostolo: luogo di preghiera e meditazione

Vi invito a fare di questo luogo, un luogo della memoria credente, un luogo della preghiera, anzi vi esorto con insistenza a pregare per tutta la chiesa diocesana, per il vescovo, per i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose, tutti. Venite qui, non solo per celebrare l’Eucaristia, ma per riflettere, per meditare, per pensare alla nostra Chiesa e per pregare il Signore“. L’arcivescovo mons. Francesco Lomanto riapre al culto la chiesa di San Pietro Apostolo, nel centro storico di Ortigia e benedice l’altare e l’ambone.
La chiesa, datata al 326 d.C. è la più antica chiesa di Siracusa e testimonia una sequenza stratigrafica unica e importate in merito ai segni e alle tracce lasciate dall’uomo nei secoli. La chiesa conta ben cinque fasi storiche: paleocristiana, bizantina, normanna, aragonese e barocca.
Noi siamo quello che siamo perché c’è stata questa storia – ha detto mons. Lomanto -. Perché abbiamo ricevuto il Vangelo attraverso queste generazioni. Per noi è un momento di grazia e di riflessione, perché chiamati ad interrogarci: “Noi oggi come ci rapportiamo al mondo di oggi, noi che abbiamo ricevuto il Vangelo in questa forma, oggi come lo viviamo?”. Il Signore spiana il nostro cammino, ci fa attendere, il Signore ci chiede tutto, ma ci dona tutto. Dio è semplice com’è semplice questa Chiesa (l’altare, l’ambone), la semplicità è di Dio, noi siamo complicati ma Dio è perfetto perché è semplice. Noi non siamo perfetti perché non siamo semplici, siamo complicati, complessi“. Mons. Lomanto ha ricordato l’azione pastorale svolta dal padre Giuseppe Lombardo e ringraziato il successore padre Guido. “Noi oggi possiamo celebrare l’Eucaristia che è il centro della storia, della nostra vita e su questo altare che sarà consacrato possiamo fare memoria di tutti noi. Allora ecco vi invito a venire qui per consegnare al Signore le nostre vite, come il Padre ci consegna nell’amore il Figlio, per consegnare le nostre realtà, le nostre situazioni, la nostra Chiesa. Preghiamo il Signore che ci illumini, ci dia la grazia e la forza di camminare secondo la Sua Volontà nel segno della Sua Luce e ci dia sempre la forza di guardare avanti per compiere il suo disegno di Salvezza“.
L’ultimo restauro fu completato nel 2008. Il sito è stato riaperto al pubblico nel marzo del 2016 e grazie all’impegno della parrocchia di San Pietro al Carmine e alla collaborazione con l’impresa di servizi turistici Sicilyroute. All’interno della chiesa di San Pietro Apostolo è possibile ammirare una struttura composta da tre navate, con il tipico impianto basilicale, con la navata centrale e le due navate laterali. Di particolare interesse artistico nell’abside è il crocifisso ligneo e in cartapesta datato al 1700 e l’esposizione di alcuni paramenti sacri che rimandano al loro uso nei secoli da parte della Confraternita dei Carmelitani.
Tutte le domeniche dalle ore 18 recita del Santo Rosario e celebrazione eucaristica.

Mons. Lomanto ha scritto alla comunità musulmana

La preghiera rafforza la fiducia e la speranza nel Dio della Misericordia

E’ un momento difficile per tutti e per i credenti di ogni confessione e la preghiera rafforza la fiducia e la speranza nel Dio della Misericordia”. Sono state queste le parole utilizzate dall’arcivescovo mons. Francesco Lomanto che ha scritto alla comunità musulmana della diocesi siracusana in occasione del Ramadan.
Dove non arriva la politica, arriva la chiesa. Grazie di cuore al vescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto per questi auguri fraterni, calorosi e speciali” ha risposto Ramzi Harrabi, artista e mediatore culturale, che ha ringraziato l’arcivescovo Lomanto per il suo messaggio di auguri. “E grazie a padre Luigi Corciulo per l’impegno tramite la pastorale Migrantes” conclude Harrabi condividendo sui social l’hashtag “God is one” (Dio è uno solo) e “one is the love” (uno soltanto è l’amore). Ed anche Radio Arabica ha sottolineato il gesto del pastore della chiesa siracusana.
Cari fratelli e sorelle della comunità musulmana, a nome della comunità diocesana vi esprimo tutta la nostra amicizia con gli auguri più fraterni per questo mese di Ramadan, sacro alla fede islamica” ha scritto l’arcivescovo Lomanto sulla scia di quanto fatto da mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, che ha rivolto l’augurio ai musulmani in Italia per l’inizio del mese del Ramadan. “In questo mese non mancherà certamente la preghiera per tutti coloro che sono ammalati, soli o provati dalle sofferenze che la pandemia ci sta facendo sperimentare. La preghiera e il digiuno sia lo spazio bello dove rifiorisce la solidarietà e la fraternità per ritrovarci sempre più uniti come fratelli allontanando ogni tentazione di divisione. Insieme invochiamo il dono della pace che il Dio Altissimo e Onnipotente non mancherà di elargire al cuore di ogni Uomo. Cara comunità musulmana con fraterna amicizia vi ricordo nella preghiera e vi auguro buon Ramadan”.
Don Luigi Corciulo, direttore dell’Ufficio Migrantes, ha evidenziato “il cammino di amicizia con i fratelli musulmani. L’arcivescovo ha mostrato un segno di attenzione alla comunità musulmana con la quale condividiamo spazi di amicizia e dialogo. In questo clima di preghiera e più facile incontrarci. L’unico linguaggio della pace è la preghiera più autentica: nessun Dio chiede separazione e guerra“. Il messaggio è stato tradotto in arabo ed appeso nelle moschee della diocesi.

Gli auguri per la Pasqua

Mons. Lomanto: “Comunichiamo l’amore, il dono di noi stessi”

“Come comunità credente possiamo dare il nostro contributo alla società, desiderosa di rinascere, testimoniando che l’unico tesoro che non è destinato a perire e che va comunicato alle generazioni future è l’amore, il dono di noi stessi”.
E’ uno dei passaggi del messaggio di auguri che l’Arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, ha rivolto a tutta la Diocesi in occasione delle festività di Pasqua. L’emergenza sanitaria in corso limita i rapporti sociali ma l’arcivescovo ha voluto inviare un messaggio, consegnato simbolicamente come ogni anno ai giornalisti. I rappresentanti della categoria hanno incontrato il Pastore della Chiesa siracusana solo per un breve saluto e per la consegna del Pane che rappresenta il gesto concreto di
solidarietà che da diversi anni i giornalisti compiono. Cento chilogrammi di pane sono stati donati alla Caritas della Parrocchia San Tommaso al Pantheon in Siracusa dalla sezione provinciale dell’UCSI (Unione cattolica Stampa Italiana) di Siracusa e dall’Assostampa di Siracusa. Il componente dell’Ordine dei giornalisti Santo Gallo, il segretario provinciale dell’Assostampa Siracusa Prospero Dente, il componente della giunta nazionale dell’UCSI Salvo Di Salvo ed il direttore del settimanale Cammino Orazio Mezzio
hanno ringraziato l’arcivescovo che non fa mai mancare la sua vicinanza ai giornalisti: “Il giornalismo ha raccontato la storia con le parole e con tante immagini. La Pasqua sotto pandemia sarà per sempre ricordata con le immagini del Papa che, solitario, sale i gradini di una piazza San Pietro deserta. In questo anno così difficile tante storie sono state raccontate. Attendiamo – e questo è l’augurio per noi giornalisti, ma soprattutto per le nostre comunità – di raccontare quella finale; quella in cui dovremo scrivere che è tutto finito. Credo che la Resurrezione rappresenti, oggi, quel “passaggio” (pesah) da attendere con fiducia e coraggio. Quel coraggio che i giornalisti stanno continuando a
mostrare nella difficoltà” ha detto Prospero Dente. Anche Santo Gallo ha ribadito le difficoltà per la categoria in questo momento, mentre Salvo Di Salvo ha aggiunto: “L’emergenza Covid-19, oltre a generare una drammatica crisi sanitaria, sta indebolendo fortemente anche il tessuto sociale, peggiorando la condizione dei più fragili e mettendo in difficoltà tante famiglie che prima di questa pandemia vivevano una vita serena. I passi di carità possibili oggi si concretizzano nel sentirci prima di tutto chiamati a compiere ogni giorno piccoli gesti d’amore verso le persone che incontriamo – ha detto il presidente provinciale Ucsi di Siracusa Salvatore Di Salvo -, cercando di diventare attenti e sensibili soprattutto ai poveri silenziosi, cioè a coloro che spesso incontriamo nella nostra quotidianità ma che all’apparenza, per la loro dignità, cercano di nascondere le sofferenze e i disagi che stanno vivendo e capire come agire per aiutarli, nella discrezione e nella fraternità evangelica”.
L’arcivescovo ha messo in evidenza ancora una volta il ruolo del giornalista: “Una parola vera aiuta le persone e le sostiene” ha detto. “Ma è importante il messaggio che sappiamo mediare. Anche questo momento di Resurrezione ci deve far ricordare che il Signore è con noi sempre”.

Messaggio di mons. Francesco Lomanto per la Pasqua 2021

Con viva cordialità rivolgo un fraterno augurio di Buona Pasqua a tutti.
Stiamo vivendo un momento di crisi, di incertezze, di smarrimento, di paura di ammalarci e paura di vaccinarci.
Dobbiamo essere realistici: quel motto «Andrà tutto bene» dipende da noi e da come ci impegniamo.
Ci può essere il rischio che al lockdown della pandemia segua un confinamento della fede.
Invito tutti ad aprirci al dono del Signore Risorto. La fede ci fa camminare con decisione verso la Pasqua di Risurrezione.
Gesù morto e risorto è la nostra speranza, la nostra forza e la nostra pace. Nella fede noi possiamo stare accanto a Gesù
condannato, umiliato, crocifisso, morto e sepolto per incontrarlo risorto la mattina di Pasqua e ricevere da Lui lo stesso
saluto che ha donato ai suoi discepoli: «Pace a voi!».
Come comunità credente possiamo dare il nostro contributo alla società, desiderosa di rinascere, testimoniando
che l’unico tesoro che non è destinato a perire e che va comunicato alle generazioni future è l’amore, il dono di noi stessi.
«Il silenzio della crisi che vive il mondo colpito dal virus può essere uno spazio di “ascoltoˮ» per «evocare la
Parola di Dio e contribuire a generare ovunque uno spirito di fraternità», prendendoci cura di chi è lasciato ai margini,
di chi vive nella sofferenza, di chi è confuso e in cerca di risposte. Se siamo uniti, siamo più forti e il Signore abiterà in noi,
perché è presente in coloro che amano: «Dove è carità e amore, qui cʼé Dio».
Alimentiamo il nostro coraggio creativo, per trovare le possibili e giuste soluzioni ai problemi, per pensare il presente
e costruire lʼavvenire, per individuare nuove vie percorribili, per dispiegare nuove prassi, che mettano al centro l’uomo
e il bene comune.
Vivissimi Auguri di una Santa Pasqua a tutti!