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Francesco tra arte e spiritualità

Momento di meditazione attraverso l’arte promosso dall’Istituto Superiore di Scienze religiose San Metodio nella Cattedrale di Siracusa. Sabato sera alle 20.30 l’evento dal  titolo Francesco tra arte e spiritualità, della prof.ssa Mariangela Maresca e di don Luca Saraceno.

Di quale Francesco si tratta? Il titolo è volutamente vago. La copertina dell’invito sembra indirizzare verso al persona di san Francesco di Assisi, perché raffigura un fotogramma del celebre film Francesco del 1989 diretto da Liliana Cavani (Francesco e frate Leone di spalle). Ma non si deve dimenticare che tra pochi giorni (il 13 marzo) ricorre il primo anno di pontificato di papa Francesco. 

“L’evento di sabato cade in un periodo particolare di riflessione per la Chiesa – spiega don Nisi Candido, direttore dell’ISSR San Metodio. In effetti, Mariangela Maresca, docente di Metodologia dello studio all’ISSR San Metodio, e Luca Saraceno, rettore del Santuario della Madonna delle Lacrime e docente di Filosofia all’ISSR San Metodio, hanno voluto intrecciare le due figure. Il punto di partenza è proprio la scelta inattesa e rivoluzionaria di parte del Card. Bergoglio del proprio nome da pontefice: Francesco. Le parole semplici e commoventi del novello papa e le scene intense dei film più belli su san Francesco vengono intessute dai due protagonisti della serata. Povertà, pace e creato diventano le tre parole chiave, che aprono lo scrigno dell’insegnamento del Santo di Assisi e del magistero dell’attuale papa”.

In Cattedrale è stato allestito un maxi-schermo, per poter far sì che le immagini e le musiche scelte possano trasformarsi in uno strumento di crescita spirituale.

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Un corso in Lis per abbattere le barriere

‘Posso dire che è stato Giampiero, un bimbo di sette anni, sordo, ad interpellarci. 
Abbiamo deciso di proporre il corso in lis a catechisti, operatori pastorali, ai ministri straordinari della comunione ed anche io sto partecipando. L’obiettivo è formare educatori competenti per eliminare quella mediazione interpretativa che potrebbe far sentire il sordo in difficoltà rispetto agli altri’. E’ questa la particolarità del corso in lis, il linguaggio dei segni, proposto nella parrocchia Madre di Dio a Siracusa. 
A spiegarlo è stato questa mattina il parroco, don Santo Fortunato.
Un’altra iniziativa della Diocesi di Siracusa dedicata alle persone sorde, per eliminare qualsiasi barriera. ‘La Diocesi – ha spiegato la prof.ssa Bernadette Lo Bianco, referente regionale per Fiaba, il Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche – sta proseguendo nel percorso iniziato con il Coro delle mani bianche, e proseguito con la celebrazione eucaristica, ogni seconda domenica del mese alle 12 al Santuario della Madonna delle Lacrime, dove è presente un interprete Lis (in collaborazione con l’Ente Sordi). Per me si tratta quasi di una ‘battaglia personale’, che ha già portato anche all’istituzione di itinerari turistici per Siracusa e Noto ‘accessibili’ alle persone sordo mute. Presto potremo estendere gli itinerari anche all’intero Sud Est’. Un progetto che viene realizzato in collaborazione con Italia Nostra e la professoressa Malesani in particolare. ‘Nella nostra comunità ci sono tanti non udenti – ha continuato don Santino -. Vogliamo mettere nelle condizioni i nostri fratelli di superare tutte le barriere, anche quelle comunicazionali. 
E ci rivolgiamo a tutte le fasce d’età. Il catechista ha la possibilità di interagire in prima persona attraverso il linguaggio dei segni ed annunciare la bellezza del Vangelo e la genuinità dei valori cristiani senza mediazione e con più naturalezza ed immediatezza’.  
Come fa un bimbo sordo ad integrarsi? A questa domanda ha voluto rispondere Serenella, mamma di un bimbo sordo, che si è subito chiesta come avrebbe fatto suo figlio a partecipare a scuola o al catechismo. ‘Innanzitutto ho imparato io il linguaggio dei segni. Adesso lo sta imparando anche mio figlio ed anche alcuni suoi compagni’. Docente del corso in Lis è Andrea Burgio: ‘Naturalmente si tratta di un corso di sensibilizzazione – ha precisato Burgio, tramite un’interprete -.  
Ma sono rimasto colpito dall’interesse e dalle diverse tipologie di persone che stanno partecipando. Purtroppo ancora oggi manca la cultura, ma si stanno facendo piccoli passi in avanti per una piena integrazione’.  
Sono oltre 40 le persone che si sono già iscritte, fra operatori pastorali, educatori, catechisti, ma anche genitori e nonni.
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Un corso in Lis per sacerdoti e catechisti

Un’altra iniziativa della Diocesi di Siracusa dedicata alle persone sorde che sarà presentata sabato prossimo, 1 marzo, alle ore 9.30, nella chiesa Madre di Dio in viale Santa Panagia a Siracusa. 
Sono oltre 40 le persone che si sono già iscritte, fra operatori pastorali, educatori, catechisti, ma anche genitori. Alla presentazione interverranno don Santino Fortunato, parroco della chiesa Madre di Dio; la prof.ssa Bernadette Lo Bianco, referente regionale per Fiaba, il Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche, che ha voluto fortemente l’iniziativa; Andrea Burgio, docente sordo esperto Lis; e Serenella Cantatore, mamma di un bambino sordo.
Al termine del corso, la chiesa Madre di Dio sarà in grado di offrire la catechesi anche ad i bambini sordi della città che potranno così accostarsi ai sacramenti con maggiore facilità.
Si tratta dell’ennesima iniziativa realizzata dalla Diocesi che già da diversi mesi, in collaborazione con l’Ente sordi di Siracusa, ha istituito una celebrazione eucaristica alla Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime dove è presente un interprete Lis. La messa “accessibile” viene celebrata ogni seconda domenica del mese alle ore 12.00.
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I Vescovi siciliani sulla situazione economica, sociale e politica della Regione

 ‘Lo sguardo verso la realtà siciliana, l’attenzione verso i bisogni assai gravi delle fasce più deboli, l’ascolto delle voci preoccupate per la situazione della popolazione, il giudizio che come pastori siamo chiamati a dire e a dare ci hanno convinti che in questo momento non possiamo tacere’.

Con queste parole si apriva il documento del 9 ottobre 2012, Amate la giustizia voi che governate sulla terra con il quale, come Vescovi di Sicilia, proponevamo le nostre riflessioni sulla situazione sociale e politica del momento, proprio in occasione delle incipienti elezioni regionali.

Sono trascorsi sedici mesi da allora e le urgenze che ci avevano indotti a non tacere sulla gravità della condizione in essere appaiono, oggi, aggravarsi notevolmente da rendere necessario il prendere nuovamente la parola. 

1. La crisi in atto e l’urgenza di un profondo cambiamento

La crisi che stiamo vivendo già da tempo ci chiama a misurarci con nuove sfide rispetto alle quali nessuno può essere lasciato indietro, senza che si possa immaginare un semplice ritorno ad equilibri passati.

Siamo ad un tornante delicato della storia nel quale, particolarmente come cristiani, ci sentiamo spinti a raggiungere quelle ‘periferie esistenziali’, indicate più volte dal Santo Padre Francesco, offrendo quel supplemento di testimonianza e condivisione di cui specie i più poveri hanno bisogno per fare concreta esperienza della Carità di Cristo.

La crisi economica nella nostra regione, oltre a coinvolgere qualche grande azienda, indotta a licenziare o a diminuire la produzione e quindi le ore lavorative per i dipendenti, sta interessando tante piccole e medie imprese (agricole, artigianali, commerciali), che costituiscono la trama connettiva della nostra economia provocando la vulnerabilità e la povertà delle nostre famiglie che rischiano quotidianamente la propria coesione e la propria sussistenza. 

2. L’avvio della legislatura regionale

Siamo consapevoli delle notevoli difficoltà che gravano su chi ha assunto ruoli di governo in Sicilia. In forza della nostra missione di Pastori, intendiamo tuttavia esercitare un discernimento sugli sviluppi allarmanti che accompagnano questo primo periodo di attività della legislatura.

Il primo nodo è proprio quello della classe dirigente, non solo di quella politica, che dovrebbe caratterizzarsi sempre, e a maggior ragione in questa fase, con la cifra del rigore etico e della competenza socio-politica. Essa costituisce la misura concreta di quella trasparenza nella gestione della cosa pubblica richiesta da tutti i cittadini, per non rimanere una ripetitiva evocazione retorica, utile solo ad ottenere un generico consenso elettorale e mediatico e non per affrontare adeguatamente i tanti problemi che sono sul tappeto.

In verità si tratta di una esigenza che non riguarda solo i livelli istituzionali e politici ma chiunque eserciti ruoli di responsabilità verso gli altri e che, come cristiani, ci esorta a recitare il mea culpa su noi stessi, prima che sugli altri, per le tante omissioni o pavidità.

La società siciliana al suo interno possiede una riserva di capacità e competenze che attendono di essere poste a servizio di tutti per sostenere, nella corresponsabilità, la speranza delle siciliane e dei siciliani. 

3. Una visione di lungo periodo per lo sviluppo della Sicilia

La mancanza di un virtuoso e tempestivo utilizzo delle risorse dell’Unione Europea, ancora a disposizione della Sicilia, sembra essere una deprecabile costante delle politiche pubbliche regionali, circostanza ancor più grave se si considera che con un bilancio interamente ingessato dalla spesa corrente, proprio i fondi comunitari restano (o meglio resterebbero) l’unica risorsa finanziaria significativa per promuovere la crescita dei nostri territori.

A monte di questa incapacità risiede certamente un deficit di programmazione e di prospettiva progettuale, frutto di una logica miope fatta di localismi e frammentazione, priva di ampio respiro e perciò incapace di innescare mutamenti strutturali e di generare autentico e duraturo sviluppo.

Tutto ciò non basta, però, a giustificare il gravissimo ritardo accumulatosi nell’uso delle risorse, col rischio di perderle a vantaggio di altri territori europei. Occorre ribadire con chiarezza la necessità del buon funzionamento della macchina amministrativa regionale, le cui distorsioni, corruttele ed inefficienze vanno certamente corrette con decisione, ma in una prospettiva generale di valorizzazione e riconoscimento delle competenze personali. In particolare una dirigenza pubblica continuamente delegittimata e resa precaria in funzione della fedeltà politica, più che spronata e responsabilizzata in ragione di un’effettiva professionalità, non costituisce di certo la chiave di volta verso l’efficienza e la stabilità organizzativa, condizioni necessarie a fare presto e bene per non disperdere risorse preziose.

Ulteriore preoccupazione suscita il tema del prossimo ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020 col quale supportare le dinamiche di sviluppo dei prossimi, e probabilmente decisivi, sette anni. Nulla o quasi è dato conoscere in ordine all’orizzonte strategico che l’Amministrazione intende perseguire in questa delicatissima fase decisionale: né idee, né dibattiti, né confronti in grado di stimolare una partecipazione e un coinvolgimento diffusi della compagine economica e sociale, ma solo passaggi e documenti definiti nelle sedi burocratiche di confronto.

La costante appare, pertanto, quella di una continua rincorsa alla gestione emergenziale del contingente, rispetto alla quale proprio l’ormai cronica carenza finanziaria della Regione dovrebbe suggerire ben altro slancio progettuale e capacità di analisi. In altri termini bisogna cambiare passo se si vuole operare una inversione di tendenza che scongiuri il tracollo dell’Isola. 

4. Le politiche sociali e la famiglia

Altrettanto drammatico è quanto sta accadendo sul fronte delle politiche sociali e della famiglia. Alle promesse e ai proclami volti a sostenere i tanti poveri della nostra Regione sono seguite scelte assolutamente parziali e insufficienti, se non contraddittorie, che mostrano una grave insensibilità verso il tema delle vecchie e nuove povertà, purtroppo in costante aumento.

L’effetto annuncio della cancellazione della ormai nota Tabella H, ancora una volta non ha avuto un effettivo seguito. L’introduzione di nuovi criteri di selezione nell’uso di questi fondi avrebbe dovuto garantire una gestione più trasparente e appropriata delle risorse da attribuire ai diversi organismi del privato sociale che operano meritoriamente da anni nel mondo del bisogno e del disagio. In realtà, in questo altalenante e incerto contesto, i soggetti più qualificati ed efficienti, che con un investimento pubblico assai limitato potrebbero innescare dinamiche di rete e solidarietà vera nella risposta ai bisogni primari, soprattutto delle fasce deboli della popolazione, come quello alimentare, sono state messe definitivamente in ginocchio.

Il Governo regionale ha ritenuto, ancora, di dovere contraddistinguere le proprie scelte in tema di welfare introducendo nell’ultima legge finanziaria una generica estensione dei diversi benefici previsti dalla legislazione regionale a favore della famiglia anche alle coppie di fatto purché registrate in appositi registri delle unioni civili eventualmente istituiti dai comuni.

Si tratta di una strada intrapresa all’insegna di una lettura alquanto approssimativa e inconsapevole dei bisogni più diffusi e delle urgenze più avvertite dal tessuto familiare siciliano, frutto probabile di qualche venatura ideologica accompagnata da una disarmante approssimazione giuridica, peraltro rilevata dallo stesso Commissario dello Stato.

Tale venatura, è bene ribadirlo, poco o nulla ha a che fare con una tutela autentica di quell’inviolabile dignità e di quel valore unico che ad ogni persona, in quanto voluta e amata da Dio, vanno sempre riconosciuti, quale che sia la sua condizione di vita personale, in una prospettiva sulla quale come Chiese di Sicilia ci sentiamo particolarmente impegnati.

Invece è stato del tutto trascurato l’obiettivo di rifinanziare e attuare pienamente la legge regionale sulla promozione e valorizzazione della famiglia di cui la Regione già dispone (L.r. n. 10 del 2003), aperta ad una visione organica e innovativa della politica pubblica alla luce dei mutamenti sociali in essere nelle dinamiche e negli assetti di vita propri dell’esperienza familiare. 

5. L’accoglienza dei migranti

Una rinnovata attenzione specifica deve essere rivolta agli effetti preoccupanti del crescente fenomeno delle migrazioni interne ed esterne. Non si tratta di una semplice emergenza da fronteggiare, ma di un fenomeno dai connotati strutturali, destinato a segnare nei prossimi decenni la vita di interi popoli e nazioni, riscoprendo che l’unico modo di vivere l’attenzione all’altro è un’autentica fraternità.

I primi a mostrare questa consapevolezza sono stati proprio i cari abitanti di Lampedusa, che hanno offerto al mondo la testimonianza credibile di un’accoglienza praticata come autentica carità evangelica. Lo stesso dicasi delle altre città costiere interessate dal fenomeno degli sbarchi. Il loro esempio costituisce un monito per la coscienza di ciascuno di noi e, particolarmente, per quella di coloro che sono chiamati a responsabilità pubbliche.

Esistono, in proposito, livelli diversi di competenze e responsabilità che, come quello europeo, attendono ancora di essere pienamente esercitati. Rimaniamo convinti, tuttavia, dell’opportunità che ogni intervento, nell’ottica del principio di sussidiarietà, si ispiri alla promozione e al sostegno delle esperienze che sul campo già offrono esempi espressivi di accoglienza e integrazione, valorizzandone modelli d’intervento proposti e dinamiche di rete attivate. 

6. L’abolizione delle Province e la riforma del governo

Suscita allarme e preoccupazione l’irrisolta vicenda della tanto propagandata riforma delle Province, che finora ha prodotto solo l’abolizione dell’esistente e il protrarsi delle gestioni commissariali.

Nel pur lodevole intento di ridurre i costi degli apparati politici, non è stata tenuta in adeguata considerazione la circostanza che l’ente provinciale è parte di un più complesso sistema di governo locale, peraltro delineato nell’ambito di un precisa cornice costituzionale e non solo statutaria.

La soppressione o la modifica del sistema delle Province doveva, pertanto, inquadrarsi in un organico processo di riforma istituzionale chiamato a riconsiderare le stesse competenze della Regione, che per gran parte vengono esercitate, ancora oggi, nell’ambito di circoscrizioni provinciali.

Il Governo regionale ha, tuttavia, privilegiato un diverso approccio, determinato essenzialmente da esigenze di protagonismo mediatico, gettando nel caos le Amministrazioni provinciali siciliane con gravi disagi per taluni settori della vita sociale, come l’istruzione e le infrastrutture, o le società partecipate con ricadute sui cittadini.

Auspichiamo, quindi, che il dibattito di queste settimane possa ricondursi a minore improvvisazione e a maggiore senso di responsabilità senza rinunciare, a costo di riconoscere eventuali errori sin qui compiuti, all’esercizio di una seria attività legislativa che sappia anteporre il bene di tutti i cittadini a quello di interessi di parte. 

7. I giovani ed il lavoro

Non occorrono sofisticate analisi per comprendere quale sia l’attuale condizione, tristemente rappresentata dal 35,7% di Neet, giovani in età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione.

Auspichiamo vivamente, in questo campo, una radicale rivisitazione delle priorità politiche regionali, fondata sul riconoscimento delle nostre risorse umane quale primo e decisivo fattore di intervento per la crescita e lo sviluppo, per non alimentare sacche clientelari e per scongiurare un ennesimo fallimento.

La tormentata vicenda della formazione professionale sembra seguire, purtroppo, una direzione diversa. Alla doverosa denuncia di sprechi e malaffare consumati sul futuro dei nostri giovani, che Magistratura e Forze dell’Ordine stanno perseguendo con encomiabile decisione, ha fatto seguito un sostanziale vuoto di iniziativa. Valga per tutti l’esempio del progressivo depauperamento dell’esperienza di formazione professionale in capo ai Salesiani ed ad altre Congregazioni Religiose ed Enti che, fino ad oggi, ha sempre ottenuto riconoscimenti estremamente significativi sul mercato del lavoro, anche oltre i confini regionali, per la qualità dell’offerta e per i risultati conseguiti; continuando di questo passo l’anno prossimo si potrà scrivere solo la storia di queste istituzioni, prossime al collasso.

In una Regione con un bassissimo tasso di industrializzazione, investire sul capitale umano significa guardare al ruolo del sistema educativo e universitario. Ma anche in questo caso l’urgenza del quotidiano tende a diventare l’alibi per rinunciare ad una logica di più ampio respiro.

Eppure, tra le pieghe del nostro pur fragile apparato economico, possiamo scoprire gli esempi virtuosi di quanti hanno accettato e vinto la scommessa di intraprendere e di restare: come Chiese di Sicilia continuiamo a scommettere nella metodologia e profezia del Progetto Policoro, nel quale intendiamo investire con rinnovato entusiasmo e con nuove risorse.

Certamente esiste una grave questione sociale legata a forme storiche di lavoro precario rispetto alle quali non deve essere disconosciuta o tradita la dignità dei lavoratori. Tuttavia rifiutiamo con decisione l’idea che quella del precariato sia la sola politica del lavoro possibile in Sicilia stante la grave criticità finanziaria della Regione, che appare all’esterno come il perpetuarsi di una logica assistenzialistica. Il rischio elevatissimo rimane, infatti, quello di alimentare nuovi bacini clientelari, utili a gestire consenso piuttosto che promuovere interventi in grado di valorizzare percorsi educativi, risorse umane, merito e capacità d’intrapresa, anche a costo di qualche impopolarità. 

8. I costi della politica

Responsabili della cosa pubblica e partiti fanno, di questi tempi, della riduzione dei costi della politica un cavallo di battaglia. Questo impegno si deve fondare sulla sobrietà ed il decoro personale che impegna ciascun cittadino e amministratore e non può ridursi con generici proclami e mere denuncie.

Ridurre i costi della politica assume, oggi, una valenza etica prima che finanziaria, specie in un frangente in cui vengono compiute scelte di natura fiscale che incidono in modo pesantemente crescente sui bilanci di tante famiglie e di tante imprese. Incoraggiamo in questo senso l’Assemblea Regionale a proseguire coraggiosamente i passi compiuti di recente, così come vogliamo apprezzare anche le iniziative fatte in tale direzione da alcuni gruppi parlamentari.

Esiste un bisogno condiviso di moralità nella vita pubblica che chiama in causa il recupero di stili di vita, anche personali, improntati a sobrietà e misura, elementi necessari per restituire credibilità alle diverse Istituzioni che si rappresentano e senza i quali il servizio al bene comune si riduce a retorici appelli che sottendono, in realtà, ben altri interessi. 

In questa nostra riflessione non possiamo non riaffermare con forza l’assoluta e radicale incompatibilità del Vangelo con la mafia e la sub-cultura che ne deriva, come già fecero i Vescovi nel Documento Conclusivo delle Chiese di Sicilia ‘Nuova Evangelizzazione e Pastorale’ del 1993: ‘Tale incompatibilità con il Vangelo è intrinseca alla mafia per se stessa, per le sue motivazioni e per le sue finalità, oltre che per i mezzi e per i metodi adoperati. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno. Per questa ragione, tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o ad essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa’ (n. 12).

Nello stesso tempo, come insegna il martirio del Beato Giuseppe Puglisi, non possiamo ignorare un tema di scottante attualità come l’eclatante riproporsi di gravissime e inquietanti intimidazioni mafiose che sembrano riproporre il ritorno a cupe stagioni del passato.

La fermissima condanna di questo incedere minaccioso, unita alla più ampia solidarietà verso tutti coloro che ne sono purtroppo destinatari per la sola circostanza di compiere il proprio dovere come servitori dello Stato, è solo il primo passo in un cammino che tutti insieme siamo chiamati a compiere. Occorre consolidare, infatti, la comune coscienza di popolo forgiato all’insegna di quella tradizione ideale e d’impegno civile, tanto di matrice cattolica che laica, che parte così rilevante ha avuto nella storia della Sicilia. Un tratto molto importante di questa strada è stato percorso, in questi anni, anche grazie alla testimonianza di quanti hanno immolato la propria vita. Il loro sangue ha certamente generato nuova consapevolezza e nuova voglia di riscatto che non può indurci, tuttavia, ad abbassare la guardia. 

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Concludiamo affidando queste riflessioni, segno della nostra cura pastorale, della condivisa partecipazione alle difficoltà di tante famiglie siciliane e alle sofferenze dei più poveri e degli ultimi, alla responsabilità e all’impegno dell’intera comunità cristiana, così come di tutte le donne e di tutti gli uomini animati da una sincera passione per il bene comune, ancor necessaria per quanti sono chiamati a responsabilità pubbliche nella nostra regione.

Su di essa e su tutto il popolo siciliano, invochiamo grazia e benedizione dal Signore. 

Palermo, 19 febbraio 2014 

I Vescovi di Sicilia

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Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola

‘La figura del Cardinale Carlo Maria Martini continua ancora oggi a parlare a tutti, credenti e non-credenti, ma soprattutto – come amava dire Lui – a tutti i pensanti della città’. Così don Nisi Candido, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio” ha introdotto nel salone Paolo Borsellino di Palazzo Vermexio, il libro di Damiano Modena “Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola” (edizioni San Paolo, 2013).
Un’evento, promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio” con il patrocinio della “Fondazione Carlo Maria Martini”.
Sacerdote della diocesi di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, don Damiano è colui che si è sentito rivolgere dal Cardinale la domanda: «Te la senti di accompagnarmi fino alla morte?». E così è stato, per oltre tre anni, sino alla morte del Cardinale avvenuta il 31 agosto 2012. L’autore del libro aveva conoscito Martini nel tempo in cui stava preparando la sua tesi dottorale in Teologia dogmatica, sotto la direzione di mons. Bruno Forte, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. La tesi, discussa nel 2004, aveva indagato i fondamenti spirituali, teologici e antropologici del magistero di Martini, che era stato arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002.
‘Nel libro si rimanda al loro successivo incontro, nel luglio 2003, a Gerusalemme – ha continuato don Nisi -. Qui il Cardinale si era ritirato dopo le dimissioni dall’Arcidiocesi di Milano nel 2002 per raggiunti limiti di età. Ma nel 2008 era stato costretto a rientrare in Italia per problemi di salute: don Damiano era già al suo fianco. La nuova dimora dei due sarà l’Aloisianum di Gallarate, in provincia di Varese, l’istituto dei Gesuiti che un tempo aveva ospitato il Filosofato ed ora accoglie soprattutto i padri anziani o malati’.
Alla presentazione del libro hanno presenziato anche Marisa Allevi e Marco De Lucchi, infermieri e fisioterapisti del Cardinale.
‘Il libro, scritto con maestria linguistica e profonda capacità di indagine interiore, attraverso episodi di vita ordinaria degli ultimi anni di Martini, racconta sulla sua visione del della fede, della cattolicità, della Chiesa, del mondo, dell’umanità – continua don Nisi candido -. Affetto dal morbo di Parkinson, il Cardinale ha messo tra parentesi quello che don Damiano
chiama il suo ‘pudore principesco’. Ma tra tutti gli effetti drammatici del Parkinson, quello che il libro mette a fuoco più da vicino è la perdita della voce: «La Pasqua 2010 segna l’arrivo del passo più difficile da fare. Consegnare alla storia il ricordo della propria voce. Farlo da morti è uno scherzo, la voce non è che parte del tutto. Farlo da vivi, farlo da uomini della Parola, è un’altra cosa» (pag. 35). Da qui anche il titolo del libro. Eppure i vari episodi di cui è colmo il libro mostrano spesso la capacità di Martini di ridere delle situazioni della vita e di ridere anche di sé: gradiva l’ironia perché manteneva uno sguardo giovane sulla realtà, sempre capace di stupirsi.Oltre alla vita ordinaria, ci sono storie uniche come quella dell’incontro in Vaticano con Papa Benedetto XVI, il 9 aprile 2011. Martini può presentare al Santo Padre le sue preoccupazioni ma soprattutto le sue speranza sulla Chiesa attuale. Quasi naturalmente l’epilogo del libro è riservato al giorno del funerale, il 1 settembre 2012, nel Duomo di Milano. È un lunedì piovoso, ma ad attendere il feretro ci sono almeno 15 mila persone, assiepate dentro e soprattutto fuori del Duomo’.
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Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola

Sabato 15 febbraio al salone Paolo Borsellino di Palazzo Vermexio, avrà luogo la presentazione del libro di Damiano Modena “Carlo Maria Martini. Il silenzio della parola”. L’evento, promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio” con il patrocinio della “Fondazione Carlo Maria Martini”, si celebrerà in concomitanza con altri eventi analoghi soprattutto a Milano (dove Martini è stato Arcivescovo) e Torino (città della sua famiglia: dove vivono la sorella e due nipoti). Alle ore 18.00 don Nisi Candido, direttore dell’ISSR San Metodio presenterà il libro e subito dopo interverrà l’autore. Don Damiano Modena è un sacerdote di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno.
“La scelta della data non è casuale – ha detto don Nisi Candido -: si tratta del giorno del compleanno del Card. Martini, che avrebbe compiuto 87 anni. Il libro racconta soprattutto gli ultimi anni della vita di Martini, da quando l’autore lo ha conosciuto a quando il cardinale è morto il 31 agosto 2012. Il titolo del libro deriva dalla parabola del Parkinson, che ha costretto il cardinale a perdere progressivamente l’uso della parola. Ma il libro racconta soprattutto la testimonianza di chi ha potuto conoscere da vicino la fede di Martini sino agli ultimi istanti. Si intrecciano storie di vita quotidiana e grandi episodi, come gli incontri di Martini con Benedetto XVI. Il nostro ISSR sente molto forte l’ispirazione a Martini, soprattutto per il suo modo di intendere la Chiesa e la sua attenzione al dialogo con i non-credenti”.
 
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IL CORPO DI SANTA LUCIA TORNERA’ A SIRACUSA

“Le sacre spoglie di Santa Lucia ritorneranno per una breve visita a Siracusa nel dicembre di quest’anno”. L’arcivescovo di Siracusa, mons. Salvatore Pappalardo, annuncia ufficialmente l’arrivo del corpo della Vergine Martire che si trova custodito nella chiesa di Santa Lucia e Geremia a Venezia.
“Il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, che ringrazio, mi ha confermato la sua disponibilità – ha continuato l’arcivescovo mons. Pappalardo – dopo che gli avevo personalmente richiesto di riavere il corpo della nostra Patrona nel decennale della prima visita a Siracusa”.
Le sacre spoglie di Santa Lucia arriveranno a Siracusa il 14 dicembre e ripartiranno per Venezia il 22.
I dettagli della visita saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che sarà convocata nei prossimi giorni.
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SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

Una serie di incontri sull’ecumenismo in diverse parrocchie della Diocesi e una celebrazione ecumenica della Parola, organizzata dall’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso in collaborazione con i componenti della Chiesa Battista di Siracusa che si terrà sabato 25 gennaio, alle ore 20.00, nella Chiesa di san Nicolò dei Cordari a Siracusa.
Il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani hanno promosso dal 18 al 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. 
Il direttore dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, don Nisi Candido, la Commissione Ecumenismo e l’Equipe Nuovi Stili di Vita stanno tenendo incontri su tematiche legate all’ecumenismo e l’appuntamento finale sarà sabato alla Chiesa di san Nicolò dei Cordari.
«Cristo non può essere diviso!» (1Cor 1,13). A questa affermazione di san Paolo si ispira la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. “L’Apostolo delle genti – spiega don Nisi Candido – si rivolgeva così all’esuberante comunità di Corinto per ricondurla alla sobrietà dell’essenziale. Le diversità dei carismi, per quanto apprezzabili, non possono far dimenticare che la fonte della fede è unica: Cristo. In fondo, anche il cammino ecumenico odierno si trova nella stessa tensione: da un lato c’è il riconoscimento della singolarità di ogni confessione cristiana (anglicana, cattolica, ortodossa, protestante) e dall’altro c’è la convergenza di tutti i cristiani nell’unico Signore Gesù”. Anche per questa ragione, il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani hanno suggerito per quest’anno una riflessione sui testi paolini.
“Le parole di san Paolo sono importanti anche nella fase che il dialogo ecumenico sta attualmente attraversando: c’è un desiderio diffuso da parte delle Chiese cristiane di ritorno all’essenziale, di comunione vera, di genuino apprezzamento dell’altro. Una tale ricerca sincera di unità può diventare, tra l’altro, una testimonianza credibile di fronte al mondo intero, sempre più lacerato da forze disgregatrici. La Chiesa cattolica, in tutte le sue componenti, deve prenderne coscienza: l’ecumenismo è un suo tratto qualificante, e non solo in prospettiva intra-ecclesiale. Si tratta piuttosto del suo stile missionario, rivolto ad ogni uomo, a prescindere dal suo credo. Lo ha scritto di recente Papa Francesco nell’esortazione “Evangelii gaudium”: «Se ci concentriamo sulle convinzioni che ci uniscono e ricordiamo il principio della gerarchia delle verità, potremo camminare speditamente verso forme comuni di annuncio, di servizio e di testimonianza. L’immensa moltitudine che non ha accolto l’annuncio di Gesù Cristo non può lasciarci indifferenti.
Pertanto, l’impegno per un’unità che faciliti l’accoglienza di Gesù Cristo smette di essere mera diplomazia o un adempimento forzato, per trasformarsi in una via imprescindibile dell’evangelizzazione».
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IL PROF. ZAMAGNI ALL’ISTITUTO SAN METODIO

Si è conclusa con la consegna dei gradi accademici, biennio di base e triennio di specializzazione, da parte dell’arcivescovo di Siracusa mons. Salvatore Pappalardo, l’inaugurazione dell’anno accademico all’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘San Metodio’. Alla Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime, il professore Stefano Zamagni, economista di fama mondiale, ha tenuto la prolusione sul tema ‘Dio o il denaro’ .
Il componente della Pontificia Accademia delle Scienze ha richiamato l’equilibrio tra economia e politica. La politica deve dettare il fine e l’economia deve essere a servizio della politica. Una politica che sia democratica dove ci sia la partecipazione del popolo. L’economia non aveva questa forza nel passato. Ed invece oggi assistiamo ad una supremazia dell’economia sulla politica. Siamo arrivati al punto che ci scandalizziamo se lo spread cala di due punti e non se un anziano muore per strada. E’ l’economia che “detta” la vita. Dal prof. Zamagni anche un richiamo allo studio: non solo quello accademico, ma uno studio che serva a sviluppare un pensiero in favore dell’uomo.
Al termine, il direttore dell’ISSR San Metodio, don Nisi Candido, ha presentato l’anno accademico, ricordando che il tema scelto quest’anno è la povertà. Quindi anche le azioni dell’Istituto San Metodio saranno pensate alla luce dei poveri per riflettere sul tema in chiave cristiana ed elaborare proposte.
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INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO ISTITUTO “S. METODIO”

Quale può essere la risposta cristiana alla situazione economica sociale in Italia? La risposta a questo e altri interrogativi sul rapporto tra economia e valori sarà data dal professore Stefano Zamagni, economista di fama mondiale, che terrà mercoledì prossimo a Siracusa la prolusione sul tema ‘Dio o il denaro’ in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘San Metodio’ dell’Arcidiocesi di Siracusa.
 
Mercoledì, 15 gennaio, alla Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime è prevista alle ore 18.00 la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa e Moderatore dell’ISSR San Metodio, con la partecipazione dei docenti e degli studenti dell’Istituto. Alle ore 19.00, al Centro convegni del Santuario, il prof. Stefano Zamagni terrà la prolusione sul tema “Dio o il denaro” e subito dopo il direttore dell’ISSR San Metodio, don Nisi Candido, presenterà l’anno accademico.
‘Per via della sua elevata professionalità in campo economico e per la sua spiccata sensibilità cristiana – ha detto don Nisi Candido -, al prof. Zamagni abbiamo chiesto di offrire una disamina oggettiva della situazione economica sociale in Italia, ma anche di presentare una possibile risposta cristiana, che tenga cioè conto di valori quali il rispetto della dignità della persona, il diritto al lavoro, e la sostenibilità di un nuovo stile di vita’.
Il prof. Zamagni è un economista di fama mondiale: laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha proseguito gli studi ad Oxford, in Inghilterra. Ha insegnato economia prima a Parma e poi a Bologna, ma anche alla John Hopkins University negli Stati Uniti e alla Bocconi di Milano. È stato anche presidente dell’Agenzia per le Onlus.
Ha variamente collaborato con Papa Bendetto XVI ed infine è stato nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze da Papa Francesco.
L’ISSR San Metodio organizza anche quest’anno una serie di attività culturali, per arricchire l’offerta formativa accanto al percorso accademico ordinario di Laurea in Scienze Religiose. Il tema dell’anno è quello della povertà, cercando di offrire spunti di riflessione su questo delicato e attuale argomento a partire da una prospettiva cristiana.
Le attività culturali proposte su questo tema sono diverse: si tratta ad esempio del Percorso formativo su “I beni della Chiesa”, o la Scuola di formazione politica, o la Rassegna cinematografica su “Le povertà dell’anima”, ma anche singole conferenze o incontri su aspetti specifici della povertà.
 
 
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