Sconfiggiamo la globalizzazione dell’indifferenza

Consacriamo alla memoria del nostro popolo l’evento del 18 aprile tramite questo monumento che parli alle nostre menti e ai nostri cuori, per sconfiggere la «globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia, Lampedusa, 8 luglio 2013) e ci muova a riconoscere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno» (Fratelli tutti, 39)”. Queste le parole utilizzate dall’arcivescovo mons. Francesco Lomanto nella Nuova Darsena ad Augusta dove si è tenuta la cerimonia interreligiosa con testimonianze e preghiere cristiane e musulmane per ricordare le vittime della tragedia dell’aprile del 2015 nel Canale di Sicilia e tutti i migranti morti nel Mediterraneo. Quel relitto è stato posto come simbolo di tute le tragedie del mare. 

Memoria e ricordo – ha continuato mons. Lomanto – sono dimensioni molto care alla Sacra Scrittura, al Popolo dell’Alleanza e anche alla Cristianità. Nel Deuteronomio, Mosè dice al suo Popolo: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9-10) e Gesù, perpetuando nei secoli l’atto supremo della redenzione, dice ai suoi: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11,23-25). La memoria non è facoltà che coinvolge soltanto la mente, ma anche il cuore: “ri-cordare”, portare nuovamente al cuore, luogo ove simbolicamente si esplica l’anima dell’uomo, la sua vita intima, spirituale e da cui procede il suo agire. Un autore ha scritto «un popolo senza memoria è un popolo senza futuro» (Luis Sepulveda), Papa Francesco, più radicalmente, ha affermato che «un popolo senza memoria non è popolo» (Omelia, Santa Marta, 30 maggio 2016). Così, oggi facciamo memoria “ri-cordando” – riportando al nostro cuore – l’evento luttuoso del 18 aprile 2015, quando 700 nostri fratelli, in ricerca di una vita più dignitosa, trovarono la morte in mare”.

E’ stata lanciata in mare una corona di alloro in memoria di tutti i Caduti. Quindi l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, ha presieduto la celebrazione. Il relitto, dismessa la sua funzione artistica (è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 2019 dall’artista Christoph Buchel), assume adesso il suo ruolo di simbolo di tutte le tragedie che hanno riguardato uomini, donne e bambini costretti ad abbandonare le proprie terre per cercare una vita migliore. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato 18 aprile (nato nel 2016, in concomitanza con l’arrivo del relitto ad Augusta), dalla Stella Maris e con la collaborazione dell’Autorità portuale del mare di Sicilia orientale e della Capitaneria di porto. “Assistiamo al naufragio dei diritti: nelle carceri libiche, nell’omissione di soccorso, nella costruzioni di muri anziché di ponti – ha detto Enzo Parisi del Comitato 18 aprile -. Non è un monumento triste e muto, ma un monito verso l’indifferenza dei potenti, un testimone che parla anzi grida di non lasciare affogare le persone ed i diritti“.

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