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Restiamo umani, lasciamoci temprare e affratellare nelle prove

“Le prove possono indurire o temprare”, scriveva in tempi difficili Etty Hillesum. Vale per l’esperienza del Covid e del dopo-Covid, di questo tempo ambivalente: al rigore con cui abbiamo arginato il pericolo, è subentrata tanta incertezza e oscillazione nei comportamenti e nei provvedimenti a tutti i livelli. E questo forse potrebbe spiegare atteggiamenti irrazionali quale quello di attribuire colpe individuando un capro espiatorio,come possono essere i migranti, quando in questo momento il pericolo vero è un movimento incontrollato, e forse poco controllabile, a motivo del turismo e della movida. Spiegare, ma non giustificare!

Ancor più non si giustifica un agire di alcuni politici, tendente a usare la paura per un facile, immediato, consenso: chi governa deve piuttosto aiutare la comunità a fronteggiare pericoli e paure con senso di grande prudenza e proporre soluzioni ispirate ai grandi valori della nostra Costituzione.

Per questo preoccupa e non appare accettabile, dal punto di vista razionale ed evangelico, quanto si prevede con l’ordinanza 33 del 22 agosto emanata dal presidente della Regione Sicilia, onorevole Musumeci, con cui si semplifica la complessità dei problemi relativi al Covid individuando la loro soluzione nella chiusura ai migranti e rischiando uno scontro tra istituzioni, che solo può disorientare e accrescere un clima emotivo e superficiale, “indurito” e non “temprato” dalla prova. Chiediamo allora in tanti, credenti e uomini di buona volontà, vie e provvedimenti che permettano alla politica di essere l’arte del bene comune. Ricordiamo che l’uomo, ancor più l’uomo debole come il migrante e il povero, deve restare “fine” e mai essere ridotto a “mezzo”.

Si torni a ragionare e a operare su tutti i fronti per salvaguardare sicurezza e solidarietà con sano realismo e custodia dei grandi valori che ci fanno restare umani.

I migranti sono persone, per i credenti sono una visita di Dio, tanto quanto lo sono i poveri del nostro territorio e la gente che in questo momento soffre per la mancanza di lavoro e di speranza. La vera sicurezza, insieme a un’attenzione sanitaria che attivi misure preventive a tutti i livelli e regole che possano arginare assembramenti non controllabili, è dare a poveri e migranti dignità e percorsi di integrazione, operando per l’emersione di ogni forma di sfruttamento, e questo previene anche reali pericoli sanitari, e non solo.
Cosa vuol dire, infatti, allontanare dei migranti e tollerare poi tanto degrado in cui vengono lasciati loro, ma anche i più deboli della nostra società? Frutto del degrado è la violenza: lo abbiamo visto nel caso drammatico del piccolo Evan, come di tanti bambini lasciati morire nel Mar Mediterraneo. Nuove stragi di innocenti!
NO A PROVVEDIMENTI CONTRO I MIGRANTI NELLA LOGICA DEL CAPRO ESPIATORIOLasciamoci allora istruire dal tempo di crisi, in cui abbiamo tutti sperimentato la nostra fragilità e mortalità, per vivere nella solidarietà verso tutti e accresciamo tutto ciò che previene, cura, integra, sostiene. La Sicilia, lo abbiamo ricordato da anni noi vescovi di questa adorabile regione, per posizione geografica e per vocazione, è terra di ospitalità e di incontro. Il nostro tempo per altro ha portato a compimento i processi di globalizzazione, per cui è impossibile fermare i movimenti migratori. Una politica lungimirante aiuti il futuro dell’umanità, e la Sicilia resti faro di civiltà!

Quanto ai credenti, esiste solo l’unica famiglia umana: il Dio che Gesù ci ha rivelato è il padre di tutti e, come ha ricordato il papa durante l’Angelus di domenica scorsa, alla fine della vita e della storia, “il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza, vittime della cultura dello scarto”. Dio, per questo, chiede di non fermarsi a un “cattolicesimo convenzionale” fatto di devozioni superficiali, ma ispira, in coloro che lo vogliono seguire sul serio, sentimenti di compassione e passi di fraternità, come testimoniano i percorsi delle nostre Caritas e degli uffici Migrantes verso tutti i poveri, senza distinzione tra vicini e lontani.

Anche tante donne e uomini di buona volontà operano in questa direzione. Impegniamoci allora insieme a rigenerare i nostri territori nella solidarietà e nella giustizia e, nel mondo, a fermare le guerre, a gettare ponti tra le nazioni e i popoli, sull’esempio di un politico esemplare, figlio della nostra terra, come Giorgio La Pira, che amava ricordare come la storia va verso un futuro di pace e di giustizia a cui siamo chiamati insieme. Lasciamoci istruire nella sapienza dalla crisi e prepariamo tempi migliori per il mondo, e quindi – l’amore vero di ogni genitore lo richiede! – per le nuove generazioni, fermando le nostre migrazioni, le migrazioni dei giovani, con politiche del lavoro che uno stile alto della politica, attenta ai veri problemi, è in grado di ispirare, generando energie costruttive e creando mobilitazioni solidali a vantaggio di tutti.

† Antonio Staglianò
Vescovo di Noto
Delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per le Migrazioni

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Intervento di mons. Antonio Staglianò, delegato per le migrazioni della CESi

“Nessuno indietro, tutti umani!”

Migranti: dolore reso invisibile“. Così mons. Antonino Staglianò, vescovo di Noto e delegato per le Migrazioni della Conferenza episcopale siciliana, in documento dal titolo “Nessuno indietro, tutti umani! sull’”emergenza migranti” in questo “tempo di emergenza Covid-19”.

Di seguito alcuni punti di sintesi dell’intervento del vescovo e del suo “appello alla comune umanità contro il virus dell’indifferenza“, da lui stesso evidenziati.

  • Una strage per naufragio senza adeguato soccorso e senza molta informazione a Pasqua; 4000 migranti (tra cui 600 bambini e ragazzi non accompagnati) approdati sulle nostre coste nel corso di questi primi mesi del 2020, che rischiano di diventare invisibili, perché c’è la crisi del coronavirus: sono indicibili sofferenze occultate! Alle quali non si risponde umanamente, anzi c’è un crescente rischio di gravi omissioni e di facili strumentalizzazioni con cui, utilizzando la pandemia, si accentua un rischio di pericolo senza seria informazione e documentazione.
  • Il vero pericolo, piuttosto, è quello di lasciare i migranti in condizioni di emarginazione che rende loro impossibile proteggersi dal punto di vista sanitario (e quindi veramente proteggerci tutti!); il vero pericolo è quello di non creare canali regolari e di lasciarsi in balia di trafficanti, che approfittano di restrizioni rigide per offrire le loro mediazioni. Chiediamo per questo ai nostri governanti – a livello regionale, nazionale, europeo – politiche sagge di accoglienza, integrazione e anche di una regolarizzazione dei migranti a favore del mondo del lavoro. La nostra agricoltura ha tanto bisogno dell’apporto dei migrati, ma certo il primo motivo della regolarizzazione resta quello della dignità che a tutti deve essere riconosciuta. Senza mai lasciare indietro nessuno, non importa se italiano o straniero, importa solo che sia un uomo! Il pericolo più grande in questo tempo di pandemia diventa, infatti, quello di cadere nel virus dell’indifferenza, come denunciato dal papa nel messaggio di Pasqua: «Mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua il vero pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente… quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!».
  • Non possiamo, allora, passare oltre senza fermarci, soccorrere, costruire un mondo più giusto. Per noi cristiani i migranti (quelli che arrivano nelle nostre coste, ma anche i nostri giovani costretti a migrare in cerca di lavoro pure loro) sono visita di Dio, sacramento del suo agire nella storia. La carità di questo tempo di emergenza, vera perché verso tutti (poveri del territorio, nuovi poveri anche tra le fasce medie, migranti), rafforza il senso dell’eucaristia che di nuovo ci apprestiamo a celebrare in forme comunitarie, come fonte e culmine di vita cristiana. E come uomini riconosciamo nei migranti la cifra di un vivere che, come abbiamo capito in questo tempo di crisi, ci chiede di attraversare paure e smarrimento restando uniti, vivendo quelli che la nostra Costituzione chiama inderogabili doveri di solidarietà.
  • I migranti del mondo (e i nostri giovani costretti a migrare anche loro per lavoro) sono, non solo sofferenze che ci interpellano, ma anche la cifra del nostro futuro. Accogliendolo, il nostro futuro resta umano per tutti e il mondo potrà ripensarci come unica famiglia di Dio, nella pace. Rinnoviamo per questo l’appello di papa Francesco, alla fine dell’incontro dei vescovi del Mediterraneo (nuovo “mare di Tiberiade” per Giorgio La Pira) svoltosi a Bari lo scorso febbraio, a ripensare il mondo, e quindi la migrazione, ritrovando tutti e per tutti vie di pace e di giustizia: «Dai nostri cuori di pastori si eleva un forte appello agli attori coinvolti e alla comunità internazionale, perché taccia il frastuono delle armi e si ascolti il pianto dei piccoli e degli indifesi; perché si mettano da parte i calcoli e gli interessi per salvaguardare le vite dei civili e dei tanti bambini innocenti che ne pagano le conseguenze, affinché muova i cuori e tutti possano superare la logica dello scontro, dell’odio e della vendetta per riscoprirsi fratelli, figli di un solo Padre, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi».
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Migranti. Sono più di 3 mila i tutori volontari per i minori stranieri

Sono già più di 3 mila in Italia i tutori volontari dei minori stranieri non accompagnati. Sono in netta prevalenza donne, laureate, residenti in particolare in Sicilia e nel Mezzogiorno e, a fine 2018, dopo i corsi di formazione e il via libera dei Tribunali, hanno già avuto un abbinamento con quasi 4mila ragazzi e ragazze arrivati da soli nel nostro Paese. Sono questi i risultati del primo monitoraggio sul Sistema della tutela volontaria effettuato dall’Ufficio nazionale del Garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Negli elenchi dei Tribunali per i minorenni, infatti, risultano già iscritti per la precisione 3.029 tutori volontari di minori stranieri non accompagnati (Msna), di cui 505 provenienti da elenchi preesistenti all’entrata in vigore della legge 47 del 2017. Si tratta della norma che ha riformato l’accoglienza dei minori migranti nel nostro Paese, con l’obiettivo di favorirne la protezione e l’integrazione grazie all’affidamento in famiglia o, appunto, la tutela da parte di un volontario. Il tutore non ospita a casa propria il minore, lo aiuta però nello svolgimento della pratiche burocratiche, ma soprattutto lo accompagna nel percorso di vita, agevolandone lo sviluppo personale e l’integrazione nella nostra società.
Particolarmente interessante è la composizione delle persone che si sono rese disponibili a questo compito di guida e di cura dei minori immigrati e che per farlo, prima del vaglio da parte dei Tribunali, hanno seguito uno dei corsi preparatori organizzati dai Garanti regionali dell’infanzia. Fra i tutori, infatti, il 75,4% è rappresentato da donne, il 57,7% ha un’età superiore ai 45 anni e ben l’83,9% è laureato, il 77,8% ha un’occupazione – per lo più nelle professioni intellettuali, scientifiche e a elevata specializzazione – e il 9,1% l’ha avuta ed è oggi pensionato. Particolarmente impegnati risultano la Sicilia (che peraltro ha il record di minori stranieri non accompagnati ospitati) e il Mezzogiorno in generale, anche se il numero dei tutori non dipende solo da quante persone si rendono disponibili, ma anche dalla organizzazione dei corsi da parte dei Garanti regionali – 48 queli effettuati in 18 mesi, con 26 ore di formazione – e dalla celerità dei Tribunali nel verificare i requisiti, iscrivere i tutori negli appositi elenchi e dare il via libera agli abbinamenti con i ragazzi e le ragazze. I primi tre distretti di Corte d’appello per numero di tutori volontari iscritti negli elenchi sono Catania (244), Roma (242) e Palermo (241).


(Da Avvenire)

 

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