Festa del Patrocinio di Santa Lucia

Mons. La Placa: “Testimoniare vuol dire impegnarsi nella vita sociale, culturale, civile”

“Guardando al suo luminoso esempio siamo chiamati a risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella fedeltà a lui, proprio come ha fatto Santa Lucia. Con la sua testimonianza, con la sua vita, Lucia è stata e continua ad essere faro luminoso per tutti noi, luce vicina, dimostrando che è possibile rispondere alla vocazione alla santità
con una vita autenticamente cristiana”. Lo ha detto mons. Giuseppe La Placa, vescovo di Ragusa, che stamane ha presieduto la celebrazione eucaristica nella chiesa Cattedrale peer la festa del Patrocinio di Santa Lucia. Una festa “rovinata” in parte dalla pioggia che non ha permesso l’uscita alle ore 12. Tutto rinviato alle ore 18 secondo quanto stabilito dalla Deputazione della Cappella di Santa Lucia. Purtroppo non potrà avvenire il tradizionale il volo dei colombi. In piazza Duomo, ad attendere Lucia, c’era migliaia di devoti e fedeli sotto la pioggia.
“Probabilmente a nessuno di noi sarà chiesto come a Lucia di testimoniare la propria fede con il martirio – ha detto mons. La Placa – , ma nessuno di noi è escluso dalla chiamata alla santità, a vivere in misura alta l’esistenza cristiana, a vivere una vita “differente” per fare della nostra vita quella “differenza” che feconda l’intera umanità, che fa giungere a fioritura i germogli di bene che sono nel cuore di ogni uomo, che libera tutta la forza della vita perché la vita dell’uomo e quella del mondo giungano alla loro pienezza, nonostante le troppe zone buie della nostra esistenza e del mondo in cui viviamo, troppo spesso attraversati da sofferenza e dolore, sconfitte e ingiustizie, povertà e miseria. Proprio questo ci insegna Santa Lucia e proprio questo ci ottiene con la sua intercessione: che anche nei momenti della prova, rimaniamo fedeli al Signore, sapendo che Lui, nostro Padre, non ci abbandona mai in balìa del male, né ci fa mancare il suo aiuto. È la luce della fede in questo Padre, carissimi fratelli e sorelle, che rimette in moto la vita. Che fa ripartire la speranza, proprio dove essa sembra messa in discussione. È la luce della fede che dirada i nostri dubbi e ci dà la certezza che anche per noi ci sarà una “colomba” che arriverà a dirci che la salvezza è vicina, che c’è sempre una via d’uscita in ogni situazione difficile nella quale possiamo venire a trovarci”.
Secondo mons. La Placa “la forza della speranza deve animare la vita del cristiano. Certo, tutti avvertiamo la fatica della speranza. Perché se è vero che con la risurrezione di Cristo la morte non ha più potere sull’uomo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio: come non pensare all’esodo senza fine di migliaia di persone che fuggono dalla guerra o dalla povertà; come dimenticare il dramma della disoccupazione con le conseguenze anche devastanti sul piano dell’unione stessa dei coniugi, della stabilità della famiglia e della carenza di autostima di cui ogni persona ha bisogno per guardare al futuro con speranza; come non pensare ai nostri giovani, costretti a lasciare la propria terra alla ricerca di un futuro migliore?”
Ma “se Cristo è risorto” allora “è possibile una nuova civiltà segnata non dalla morte, ma dalla vita; non dal conflitto, ma dalla pace; non dall’egoismo, ma dalla solidarietà; non dalla falsità e dalla menzogna, ma dalla luce della verità. È possibile lottare contro ogni forma di ingiustizia, mettendo al primo posto il bene comune piuttosto che l’interesse privato e il profitto personale; è possibile operare per un mondo dove ogni persona sia accolta, amata e rispettata dal primo istante al suo naturale tramonto; è possibile ristabilire un rapporto di amore distrutto ed eroso dal tempo e operare il miracolo del perdono che vince il rancore, l’odio e la vendetta”.
Ed è proprio in questo tempo che “testimoniare la propria fede vuol dire venire allo scoperto, impegnarsi nella vita sociale, culturale, civile per animare cristianamente la società, senza paure, senza ipocrisia, ma con il coraggio e la forza che vengono dallo Spirito di Dio. Dalla barca piena di grano arrivò la salvezza per il popolo di Siracusa, dalla barca di Pietro deve arrivare la salvezza del mondo. E in questa barca, nella barca della Chiesa, ci siamo tutti noi, carissimi fratelli e sorelle, con i nostri dubbi come Tommaso, con le nostre infedeltà, le nostre paure, le nostre ambizioni e le nostre convinzioni. Ma proprio a noi, nonostante le nostre fragilità e incertezze, il Signore chiede il coraggio della testimonianza per tirare fuori gli uomini dalle onde impetuose dalle quali rischiano di venire sopraffatti, sommersi, per tirare fuori dalle onde del male questa umanità che rischia di venire inghiottita dalla violenza, dagli odi, dalle guerre e dalla corruzione morale sempre più dilagante. È questa la consegna che il Signore oggi ci mette nel cuore: produrre con i fatti le prove della nostra fede”.

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