Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza

Le parole di papa Francesco, quelle di San Giovanni Paolo II, letture dal Vangelo, l’esposizione eucaristica, la preghiera. Migliaia di persone hanno preso parte ieri sera alla veglia per la pace nella Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime. Un momento promosso dall’Arcidiocesi di Siracusa per ripudiare la guerra, chiedere che vengano deposte le armi, superare le barriere per il bene dell’umanità. Partendo proprio da quanto detto dal Santo Padre all’Angelus di domenica scorsa: “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza”.
E per far risplendere quella luce portata da Gesù, sono stati accesi i lumini dal cero pasquale per far risplendere la luce della pace.
Il primo dono del Risorto ai discepoli è la pace – ha detto l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, che ha presieduto la veglia -. Tre volte nel Vangelo è ripetuto il saluto del Risorto ai discepoli. Non esprime lʼaspetto negativo del perdono che suppone il ricordo del peccato, ma la pace che è il possesso del bene, che è la salvezza. Proprio in conseguenza di questa pace essi non provano sgomento o paura, non dubitano, ma, nella presenza amata del Risorto, vivono la gioia pura, piena, perfetta”. Mons. Lomanto ha spiegato come “la prima pace che siamo chiamati a vivere è la pace prima di tutto di noi stessi con Dio, pace che nasce dall’unione con Lui per cui non possiamo vivere più altra vita che la sua. Questa è la prima pace: l’unione più intima con Dio. Nell’unità col Cristo noi dobbiamo vivere anche un’altra pace con tutti gli uomini”.
Contenuto essenziale dell’annunzio cristiano è la ricerca della pace: “una prova della testimonianza di carità, un aspetto essenziale del dialogo della Chiesa con gli uomini del nostro tempo. Nel Novecento Benedetto XV, durante la prima guerra mondiale, condannò più volte la guerra in quanto tale definendola «il suicidio dell’Europa civile» (4 marzo 1916), «la più fosca tragedia della follia umana» (4 dicembre 1916) e infine «inutile strage» (Nota, 1 agosto 1917). Il successore Pio XI, mentre lʼEuropa si preparava al secondo conflitto mondiale, dichiarò tutta la sua avversione alla guerra, invocando Dio, con le parole di un salmo, a disperdere coloro che vogliono la guerra. Pio XII, poi, nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, lanciò lʼappello: «Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace». Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris affermò la sua ferma convinzione che la pace non è impossibile. Paolo VI insistette molto nel suo magistero sulla pace come condizione di ogni possibilità di sviluppo integrale dellʼuomo. Istituì l’uso del messaggio papale per la pace all’ inizio di ogni anno. E, infine, Giovanni Paolo II ha parlato della guerra come di «Avventura senza ritorno» (1989); una «Sconfitta dell’umanità». Papa Francesco: «Chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11); «Tacciano le armi: Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza».
In occasione della 55esima Giornata Mondiale della Pace, papa Francesco ha affermato: «In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati».
E prima della supplica alla Madonna delle lacrime, ancora le parole di papa Francesco: “A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Aiutaci Maria a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno ed in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace”.
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