Chiusura del Giubileo per l’ottavo centenario della morte

La venerazione a San Domenico è segno di unità e di pacifica convivenza

La venerazione a San Domenico è segno di unità e di pacifica convivenza della comunità, ma è anche memoria delle radici culturali, storiche e religiose che la comunità condivide“. Mons. Sebastiano Amenta, vicario generale dell’Arcidiocesi, presiede la celebrazione a chiusura dell’anno giubilare in onore di San Domenico nell’VIII centenario della morte. Augusta da sempre venera San Domenico come patrono. Ma cosa significa venerare un santo come patrono della comunità ecclesiale e civile?

Il santo patrono è testimone della presenza e della vicinanza di Cristo nella vita quotidiana. La sua venerazione è segno di unità e di pacifica convivenza della comunità, ma è anche memoria delle radici culturali, storiche e religiose che la comunità condivide. Il santo patrono viene eletto come modello di riferimento per la vita morale del singolo e della comunità intera. I credenti esprimono nella sua venerazione l’impegno ad imitarlo nell’esercizio delle virtù cristiane. I non credenti possono guardare al Patrono come ad un esempio di coerenza con i valori in cui ha creduto e per i quali ha dato la vita, oltre che a rappresentare un modello di solidarietà verso i più deboli, quella solidarietà che è a fondamento della convivenza civile” spiega mons. Amenta, che ha ricordato come tutto questo ha senso solo se è posto in riferimento a Cristo.

Il carisma di S. Domenico, diventato quello della famiglia domenicana e che deve diventare impegno per quanti lo venerano come patrono, può essere sintetizzato in un’espressione: la carità della verità. Oggi la parola carità è intesa nel senso di elemosina, mentre la verità è sempre più assimilata all’opinione del singolo. La carità della verità è il modo domenicano di amare Dio e il prossimo che si traduce in una vita consacrata alla Verità: amata, studiata, contemplata, vissuta, annunciata e difesa. La Verità di cui noi parliamo non è un’opinione, ma è Qualcuno, è una persona, è Cristo che ha detto di sé: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,5). Chiunque si dice devoto di San Domenico, anzi, prima ancora, chiunque si dice cristiano, non può nutrire dubbi su questo. Al mondo che continua a chiedere, come fece Pilato con Cristo, cos’è la verità ? noi possiamo solo rispondere che la verità è Cristo, è il Verbo di Dio che si è fatto carne, che è venuto a rivelarci il Padre e che ci ha inviato lo Spirito di verità, quello Spirito che ci guida alla Verità tutta intera. Per il battezzato nessuna verità allora può esistere al di fuori di Cristo. Potranno esserci delle verità, che, come la menzogna, sono figlie del demonio il cui unico scopo è falsificare e dividere.
Dal principio della carità nella verità derivano i criteri per l’agire morale. Siccome stiamo guardando a San Domenico come al Patrono di questa comunità anche civile, oltre che ecclesiale, possiamo chiederci: come declinare questo principio nella città? Direi che la risposta è semplice: assumendo i criteri della giustizia e del bene comune. Costruire il bene comune è, infatti, esigenza di giustizia e di carità. Chi ama secondo carità è anzitutto giusto verso tutti. La carità, infatti, esige il riconoscimento e il rispetto dei diritti degli individui e dei popoli.
E la carità, anche se è inscindibile dalla giustizia, la supera e la completa nella logica del dono e del perdono. La “città dell’uomo”, che è la meta della ricerca e della costruzione del bene comune, non è costruita solo sui rapporti fondati sul rispetto dei diritti e dei doveri, ma ancor prima su relazioni di gratuità e di comunione.

Impegnarsi per il bene comune significa quindi prendersi cura di ognuno e di tutti, ma in maniera privilegiata dei più deboli. Significa custodire l’uomo e il creato nel quale Dio stesso ha posto l’uomo come custode. Quando il nostro agire è ispirato e sostenuto dalla carità, contribuisce all’unità e alla pace della città dell’uomo, rendendola, in qualche misura, un’anticipazione di quella città di Dio di cui parla S. Agostino che è l’orizzonte verso il quale tutta la famiglia umana cammina. Il Santo Patrono non può essere solo il pretesto della festa cittadina, né può essere patrimonio di pochi.

Fate di questo il vostro principale impegno corale per poter essere sempre di più ciò che San Domenico voleva e desiderava dai suoi frati. Lo riassumo con alcune parole prese dalle Antiche Costituzioni dell’Ordine Domenicano: essere persone che si comportano ovunque onestamente e religiosamente, persone che desiderano ardentemente la propria e altrui salvezza, uomini evangelici, che, seguendo le orme del Salvatore, parlano con Dio o di Dio nel loro intimo e con il prossimo (Const. Ant., II, c. 31)”.

 

In allegato l’omelia

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