L'arcivescovo mons. Francesco Lomanto parlando ai giornalisti

Non dobbiamo temere di affermare la verità

“La comunicazione deve essere rispettosa attenta e cordiale nei confronti dell’interlocutore. Non dobbiamo temere di affermare la verità”. Lo ha detto l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto parlando ai giornalisti nel salone del centro congressi del Santuario “Madonna delle Lacrime”, nell’incontro promosso per la 57esima giornata mondiale delle Comunicazioni a livello regionale. L’arcivescovo Francesco Lomanto, vescovo delegato CESi per le Comunicazioni Sociali, ha aperto i lavori della prima sessione del convegno “Il coraggio di parlare con il cuore per dire la verità” mettendo in risalto le parole del Papa nel messaggio agli operatori della comunicazione: “I giornalisti esercitino la loro professione con cuore puro, etica, discernimento e missione”.
Mons. Lomanto si è soffermato sulla “vocazione del giornalista e del comunicatore, cioè ricercare e condividere la verità con cuore puro. Sapere discernere la verità oltre l’apparenza”. Sulla dimensione etica: “la comunicazione deve essere rispettosa attenta e cordiale nei confronti dell’interlocutore. Non dobbiamo temere di affermare la verità”. E sulla missione “per costruire con la dignità nella professione un autentico cammino di civiltà e di progresso promuovendo la corresponsabilità a servizio del bene comune”.

L’incontro, alla presenza di don Arturo Grasso, direttore dell’Ufficio regionale per le comunicazioni sociali della Cesi, e di Salvatore Di Salvo, segretario nazionale Ucsi e tesoriere dell’Ordine dei giornalisti, è stato moderato da Alessandro Ricupero, vice direttore UCS Siracusa. Alessandro Gisotti, vice direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede,  ha sottolineato le sfide per i giornalisti oggi: “Il Papa non parla di una comunicazione buonista o sentimentalista. L’informazione è una missione. “Siamo ciò che comunichiamo” (san Francesco di Sales), quindi non disabituiamoci ad avere una bussola di valori e principi per orientarci nel mondo giornalistico. Nella verità – continua – lasciamoci sorprendere dall’ incontro di volti e sguardi. La Comunicazione, in questo modo, si fa prossima agli altri. In alcuni interventi Papa Francesco ha parlato di missione alzando il livello valoriale di una professione che non è soltanto un lavoro ma che ha un compito sociale e civile. Rispetto alle tante difficoltà che viviamo, Papa Francesco anche con questa dimensione della comunicazione del cuore cioè della persona, ci sta dicendo che è ancora bello intraprendere la professione giornalistica e viverla come servizio agli altri. Nella necessità di una professione che deve rispettare i suoi codici e le sue dinamiche che sia sempre al servizio delle comunità e non autoreferenziale”.

Luigi Ferraiuolo, giornalista e redattore TV2000, ha evidenziato:  “La comunicazione non è statica. Il giornalismo da desk blocca la veridicità e la bellezza della notizia. I giornalisti per il Papa sono ‘sacerdoti’ aggiunti chiamati a raccontare le storie. Riprendendo Socrate e la sua maieutica, i giornalisti hanno il compito di far partorire storie significative dal cuore degli uomini”. La sfida odierna della Chiesa è abitare il continente digitale per annunciare il Vangelo con uno stile “in presenza”.

L’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, ha firmato il quaderno rosso, iniziativa del giornalista e scrittore Luigi Ferraiuolo con la quale sta girando l’Italia per raccogliere le firme per chiedere a Papa Francesco di elevare a martire il sacerdote ucciso dai Casalesi, don Peppe Diana. Il giornalista di TV2000 ha raccontato alcuni episodi che hanno caratterizzato la vita di don Diana e la sua rivoluzione nel territorio di Casal di Principe. Ed anche dell’eredità umana lasciata dal sacerdote. “Don Peppe era una figura straordinaria – ha detto Ferraiuolo -. I ragazzi che stavano con don Peppe sono diventati in questi anni grandi eroi. Personaggi che hanno cambiato il territorio di Casal di Principe. E quando le persone che sono schiacciate hanno il coraggio di ridere dell’oppressore, la camorra e la mafia sono sconfitte. E’ tempo che la Chiesa gli dia merito. Un gruppo di giornalisti, credenti non credenti, ha deciso di portare in giro in Italia il quaderno rosso di don Peppe per spiegare il suo lavoro e spiegare che contro le mafie si può vincere e chiede di riconoscerlo come martire”.

 

 

 

 

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