Accogliere i naufraghi salvandoli dalla disumanità

Le difficoltà, la fede, il bene “provato” che rende “il cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri”. Francesco mette in luce i tanti significati del naufragio di Paolo a Malta, nella catechesi dell’udienza generale in Aula Paolo VI,  simile ai tanti naufragi di oggi.

Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede; e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù. È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità.

La navigazione pericolosa

Il viaggio di Paolo da Cesarea a Roma è il tema della catechesi del Papa, incentrata ancora una volta sugli Atti degli Apostoli che Francesco – spiega – sono da leggere perché così, afferma, “vedrete come il Vangelo, con la forza dello Spirito Santo, arriva a tutti i popoli, si fa universale. Prendetelo. Leggetelo”. La navigazione è pericolosa per lo scatenarsi di un vento furioso ma allora Paolo interviene, rassicurando i compagni.

Da disgrazia ad opportunità

L’annuncio del Vangelo passa nel superamento della prova. “Il naufragio – afferma il Papa – da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale”. L’approdo a Malta segna un cambio. “I maltesi – sottolinea Francesco – sono bravi, sono miti, sono accoglienti. Da quel tempo”. Sono loro che assicurano ai naufraghi un po’ di calore e di sollievo con Paolo, che “da vero discepolo di Cristo, si mette a servizio per alimentare il fuoco con alcuni rami che prende” ma improvvisamente  viene morso da una vipera.

Dare “carne” alla parola

Da quel momento “il soggiorno a Malta diventa per Paolo l’occasione propizia per dare “carne” alla parola che annuncia ed esercitare così un ministero di compassione nella guarigione dei malati”.

Questa è una legge del Vangelo: quando un credente fa esperienza della salvezza non la trattiene per sé, ma la mette in circolo. «Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri» (Esort. Ap. Evangelii gaudium, 9). Un cristiano “provato” può farsi di certo più vicino a chi soffre e rendere il suo cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri.

Anche in mezzo “ad apparenti fallimenti”, Dio può agire in ogni circostanza perché “chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo”.

 

Benedetta Capelli – Città del Vaticano
(Da VaticanNews)