«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1c); questo l’incipit del Vangelo che la liturgia propone alla Chiesa la sera del Giovedì Santo, nella Messa In Coena Domini. La lettura di quello stesso Vangelo lascia percepire una distonia, un gioco di incomprensioni non indifferente: da un lato Gesù che sta donando la sua stessa vita, liberamente e per amore, dall’altro chi non riconosce nel segno della lavanda dei piedi il senso dell’esistenza come servizio ed oblazione ma cerca egoisticamente la propria realizzazione.
La tradizione che i nostri antenati ci hanno lasciato risente molto di questa percezione evangelica: stride infatti il clima che Sortino respira subito dopo questa celebrazione. Le Chiese, spoglie e al buio, accolgono i fedeli, adulti ma anche giovani, che desiderano visitare il Santissimo negli Altari della Reposizione, i tradizionali Sepulcri. E ancora una volta il contrasto tra le tenebre delle Chiese e la forte luce attorno alla Custodia, tra il marmo nudo e la solennità delle tovaglie e la bellezza degli ornamenti floreali, tra il silenzio assordante e il dolce e armonioso canto dei fedeli che adorano il Santissimo. I lavureddi fanno da cornice a questo scenario, profezia di una vita che nasce dall’abbandono, dalla morte.
Alle 3.30, a rompere il silenzio della notte, il primo mascuni, un colpo di mortaio. E alle 4.00 di mattina, appuntamento certo per tutti i sortinesi, credenti e non, al suono triste ma maestoso delle Elegie della Passione della banda, esce dalla Chiesa di Santa Sofia, sommessa, la quattrocentesca statua in cartapesta de U Nummu ru Gesu, il Cristo alla Colonna. Portata a spalla lungo tutte le strade del paese sembra simbolicamente visitare tutte quelle situazioni di sofferenza e caricarle sulle sue Spalle già tanto martoriate e gravate del peso dei peccati. Ma in questo la cura dei cittadini nei confronti del Signore: il freddo della notte infatti è riscaldato dalla presenza di Gesù, ma al freddo che sente lui chi ci pensa? E così i nostri padri ci hanno tramandato questa significativa tradizione di accendere i farati, dei piccoli falò, al passaggio del simulacro. Questo rende tutto lo scenario ancora più caratteristico. L’acme della distonia è il passaggio della processione davanti alla Chiesa Madre: lì il clima diviene ancora più suggestivo poiché mentre tutti i fedeli si dispongono sul sagrato, si dispone U Nummu ru Gesu a correre e arrivato a metà della piazza si sente il tonfo dei pesantissimi portoni che sbattono chiudendo le porte al Salvatore, probabilmente immagine dei Misteri della Passione per cui la Chiesa Collegiata doveva anticamente rappresentare il Sinedrio ostile a Gesù, nel cui Nome, appunto Nummu, c’è salvezza.
Il contesto muta radicalmente la sera: se la mattina si viveva tutto il paradosso del momento, adesso dopo l’Azione Liturgica In Passione Domini, ad anni alterni tra Chiesa Madre e Santa Sofia, alle 19.00 si propone la tradizionale predica delle Sette Ultime Parole di Gesù e la suggestiva Scisa ‘a Cruci. Poi il Signore Morto, deposto nel Cataletto, viene portato in processione con Maria, sua Madre Santissima Addolorata, per le strade del paese e ancora una volta i ragazzi aiutano il percorso tramite i farati; ma questa volta sembra quasi che sia la luce di Cristo ad illuminare il nostro cammino. Questa luce rimane l’unico indizio di una stridente attesa, foriera di speranza nell’alba della Resurrezione.
Venerdì Santo Parrocchia Santa Sofia
Ogni anno il venerdì santo, dalla chiesa di Santa Sofia, alle ore 4.00 del mattino, viene portata in processione, a spalla dai portatori, per le vie del paese, la statua del Cristo alla colonna, del 1400 – “U nummuru Gesu” . Lungo il tragitto vengono accesi i falò, per illuminare e scaldare i numerosi fedeli. Le bande musicali sortinesi suonano marce antiche. Davanti la chiesa Madre il simulacro viene fatto passare di corsa, momento molto suggestivo. Nel monastero di Montevergine in stile barocco, dove c’è il convento delle monache di clausura “le adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento”, la statua del Cristo alla colonna viene portata in chiesa e qui le monache intonano soavi canti. La sera del venerdì santo alle ore 19.00, ad anni alterni, un anno chiesa di Santa Sofia e un anno chiesa Madre, viene celebrata la funzione della “scesa a cruci”. La statua di Gesù crocifisso viene schiodata dalla croce durante la meditazione delle sette parole, e posta nel “cataletto” e portata in processione, assieme alla statua della Madonna addolorata, per le vie del paese e vengono nuovamente accesi i falò.