Migranti in Italia? Nessuna invasione

Favorire in ogni singola persona la riconquista dell’autonomia personale e l’emancipazione dal bisogno stesso di accoglienza, a partire dai soggetti più vulnerabili, tra cui i minori stranieri non accompagnati; adottare standard unici in ogni contesto di accoglienza; creare una regia territoriale; favorire e accompagnare l’inserimento sociale ed economico di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria; prevedere politiche e programmi specifici per facilitare l’inserimento socio-economico-abitativo; rafforzare le azioni di accompagnamento ai percorsi di inclusione sociale. 
Sono alcune delle raccomandazioni che Cristina Molfetta, referente dell’area progetti e rifugiati dell’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino, ha consegnato agli oltre duecento partecipanti al termine della presentazione del Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia. Il documento, presentato alcune settimane fa all’Expo di Milano, è stato al centro dell’incontro organizzato dall’Ufficio Pastorale Migrantes dell’Arcidiocesi di Siracusa al Centro Sprar gestito dalle Suore del Cenacolo Domenicano a Solarino. Dopo il saluto del vicario generale dell’Arcidiocesi, mons. Sebastiano Amenta, alla presenza del vice prefetto Giuseppe Sindona e dei sindaci di Solarino e Pozzallo, Sebastiano Scorpo e Luigi Ammatuna. 
Cristina Molfetta ha fornito un quadro chiaro, evidenziando i numeri del fenomeno raccolti da Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes e Sprar, in collaborazione con Unhcr. Se è vero, ad esempio, che i rifugiati in gran parte provengono dai paesi in via di sviluppo, è anche vero che altri paesi in via di sviluppo accolgono l’86% del totale dei rifugiati. Meno del 10% arriva in Europa, e di questi meno del 3% arriva in Italia, ovvero meno del 3 per mille del totale. Fino al 31 agosto 2015, sono giunti in Italia circa 115.500 migranti, perlopiù eritrei, nigeriani, somali, sudanesi, siriani. Il Rapporto evidenzia, ad esempio, come soltanto un minore non accompagnato su cinque è in una struttura dello Sprar, mentre la maggioranza è accolta in strutture di prima accoglienza inadeguate. Lo Sprar è l’unico modello di accoglienza. L’emanazione del prossimo bando dello Sprar prevede la disponibilità di ulteriori 10 mila posti che si aggiungono agli attuali 20 mila, con l’obiettivo di allargare la rete dei Comuni che ne fanno parte. Non possiamo che lavorare per una prospettiva che veda un progetto Sprar sul territorio di ciascuno degli 8 mila Comuni italiani. Solo così si potrà davvero superare la gestione emergenziale del fenomeno. Allo stesso tempo è importante incidere sulla riduzione dei tempi di attesa per la presentazione della domanda di protezione internazionale e sulle relative decisioni. Inoltre è necessario affiancare strategie e programmi comuni per evitare le conflittualità sui territori e per accompagnare e favorire l’inserimento sociale ed economico per coloro che hanno avuto il riconoscimento dello status di richiedenti asilo e rifugiati. Società civile, comunità locali, istituzioni e l’intera comunità internazionale devono fare sistema, non solo nell’accoglienza, ma per rimettere in cima alle priorità la difesa e la protezione dei diritti e della vita. 
“Nel 2014 sono arrivate 170 mila persone – ha spiegato Cristina Molfetta –, ma solo 66 mila sono rimaste. E di ben 60 mila non sono state prese le impronte digitali. Le domande di asilo in Italia: solo 45 mila. Diciamo che una persona su tre resta in accoglienza. Sono numeri gestibili, non mi sembra ci troviamo di fronte ad una invasione”. Discorso a parte per i minori: “Nel 2014 sono arrivati 13 mila minori non accompagnati. Di ben 3700 non si sa che fine abbiano fatto. E’ indegno”.

Quella europea è soprattutto una crisi di rifugiati. La grande maggioranza di coloro che arrivano in Europa provengono da zone di conflitto come la Siria, l’Iraq o l’Afghanistan e sono in fuga per salvarsi la vita. Solo attraverso una risposta unitaria e comune di tutta l’Europa si può affrontare questa situazione. E necessario aumentare le opportunità per i rifugiati di poter accedere a vie legali verso l’Europa, che includono il reinsediamento, le ammissioni per motivi umanitari, il ricongiungimento familiare e il rilascio di visti per motivi di studio.