Una meditazione mariana alla vigilia della Settimana Santa con le parole, i suoni e le suggestioni della tradizione popolare. Così Carlo Muratori ha presentato ‘Chianci Maria’ che ha avuto luogo nella cripta della Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime.
Ad eseguire gli antichi canti della Settimana Santa in Sicilia è stato lo stesso Muratori che, accompagnato al violino da Christian Bianca, ha presentato una serie di brani ripescati nella tradizione e per lo più sconosciuti al pubblico. Musica che si è alternata con la lettura di alcuni testi da parte di Veronica Vasquez: un testo tratto dall’interrogatorio a Maria di Testori che ha introdotto la serata. Poi brani con riferimento alla passione di Cristo nei quali è emersa fortemente la figura della donna e del dolore. “Nel giorno della memoria delle vittime della mafia – ha detto Veronica Vasquez -, abbiamo voluto ricordare Rosaria Schifani, come simbolo di donna che piange uno dei tanti morti innocenti della storia, raccontando ancora un fenomeno che ha una forte connotazione territoriale”.
L’introduzione alla serata è stata del rettore del Santuario, don Luca Saraceno. “Vogliamo comunicare la verità, la bontà e la bellezza che tra pochi giorni sisveleranno luminosamente nella Persona del Crocefisso Risorto. Vero perché buono, buono perché bello, bello perché vero. Dentro questa triade che è essenza del mistero divino, ritroviamo stasera una terra, la nostra terra di Sicilia e un linguaggio, le lacrime, che da sempre accompagnano le nostre storie e che per l’evento accaduto 60 anni fa a pochi passi dalle nostre case, confermano che trattasi di parole umane e divine insieme, parole di luce e lutto, per dirlo con le parole del grande Gesualdo Bufalino.
Come sottofondo costante e pur sempre nascosto come è stata l’intera sua vita vissuta all’ombra del Figlio, la verità, la bontà e le bellezza di Maria, a Bedda Matri addulurata. Bellezza, maternità e dolore che ben sono plasticamente sintetizzati nella storia della nostra Madonnina.
Piange Maria ai piedi della croce non versando una sola lacrima. In via degli Orti Maria piange le lacrime che avrebbe dovuto versare quel giorno ai piedi della croce. Quattro giorni in tutto, uno in più rispetto ai giorni d’attesa della resurrezione, perché c’è un giorno intero, e lo ricorda a questa terra martoriata di Sicilia, che va dedicato al compimento della gioia. Piangendo.
Le lacrime: linguaggio arcano, divino, umano, ambivalente e trasparente come la complessità, come il Mistero. Semplicemente vero.
Attraverso la lacrima di Mara arriviamo a scorgere l’anima di Dio. A Siracusa Maria piange l’eco del pianto di Gesù sui volti degli ultimi del mondo. Le lacrime esistono al di là della luce, al di là della pesantezza, e persino al di là del silenzio. Da questa espressività silenziosa 60 anni or sono è nato un dialogo ininterrotto. Parola sensibile, parola necessaria e impossibile, la lacrima ha questo di paradossale: più è discreta, più significa, e più sfiora, piùci tocca nel profondo. Stranamente silenziosa, chiaramente visibile, risolutamente sospesa. Prima di essere consegnata definitivamente al Dio di ogni consolazione che dovrà ultimamente asciugarla, svelarcene il mistero e spiegarci il suo perché”.
Ad eseguire gli antichi canti della Settimana Santa in Sicilia è stato lo stesso Muratori che, accompagnato al violino da Christian Bianca, ha presentato una serie di brani ripescati nella tradizione e per lo più sconosciuti al pubblico. Musica che si è alternata con la lettura di alcuni testi da parte di Veronica Vasquez: un testo tratto dall’interrogatorio a Maria di Testori che ha introdotto la serata. Poi brani con riferimento alla passione di Cristo nei quali è emersa fortemente la figura della donna e del dolore. “Nel giorno della memoria delle vittime della mafia – ha detto Veronica Vasquez -, abbiamo voluto ricordare Rosaria Schifani, come simbolo di donna che piange uno dei tanti morti innocenti della storia, raccontando ancora un fenomeno che ha una forte connotazione territoriale”.
L’introduzione alla serata è stata del rettore del Santuario, don Luca Saraceno. “Vogliamo comunicare la verità, la bontà e la bellezza che tra pochi giorni sisveleranno luminosamente nella Persona del Crocefisso Risorto. Vero perché buono, buono perché bello, bello perché vero. Dentro questa triade che è essenza del mistero divino, ritroviamo stasera una terra, la nostra terra di Sicilia e un linguaggio, le lacrime, che da sempre accompagnano le nostre storie e che per l’evento accaduto 60 anni fa a pochi passi dalle nostre case, confermano che trattasi di parole umane e divine insieme, parole di luce e lutto, per dirlo con le parole del grande Gesualdo Bufalino.
Come sottofondo costante e pur sempre nascosto come è stata l’intera sua vita vissuta all’ombra del Figlio, la verità, la bontà e le bellezza di Maria, a Bedda Matri addulurata. Bellezza, maternità e dolore che ben sono plasticamente sintetizzati nella storia della nostra Madonnina.
Piange Maria ai piedi della croce non versando una sola lacrima. In via degli Orti Maria piange le lacrime che avrebbe dovuto versare quel giorno ai piedi della croce. Quattro giorni in tutto, uno in più rispetto ai giorni d’attesa della resurrezione, perché c’è un giorno intero, e lo ricorda a questa terra martoriata di Sicilia, che va dedicato al compimento della gioia. Piangendo.
Le lacrime: linguaggio arcano, divino, umano, ambivalente e trasparente come la complessità, come il Mistero. Semplicemente vero.
Attraverso la lacrima di Mara arriviamo a scorgere l’anima di Dio. A Siracusa Maria piange l’eco del pianto di Gesù sui volti degli ultimi del mondo. Le lacrime esistono al di là della luce, al di là della pesantezza, e persino al di là del silenzio. Da questa espressività silenziosa 60 anni or sono è nato un dialogo ininterrotto. Parola sensibile, parola necessaria e impossibile, la lacrima ha questo di paradossale: più è discreta, più significa, e più sfiora, piùci tocca nel profondo. Stranamente silenziosa, chiaramente visibile, risolutamente sospesa. Prima di essere consegnata definitivamente al Dio di ogni consolazione che dovrà ultimamente asciugarla, svelarcene il mistero e spiegarci il suo perché”.