Preghiera, confessione e gesti di carità per vivere la pietà popolare

Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni“. Lo ha scritto l’arcivescovo mons. Francesco Lomanto rivolgendosi alla comunità diocesana in una lettera sulla pietà popolare.  

Incontrandovi, in questi primi mesi del mio episcopato, pur tra le restrizioni dovute alla pandemia, sto apprezzando anche la grande ricchezza della pietà popolare, sorretta e promossa da intelligenza cristiana e creatività pastorale.In prossimità del periodo delle feste patronali – che si apre con il mese di maggio e che perdura nel periodo estivo – desidero offrirvi alcune riflessioni, per vivere con autentico spirito evangelico e nella comunione ecclesiale questi momenti significativi dell’espressione della nostra fede e della nostra lode a Dio, attraverso la venerazione alla Madre di Dio e ai Santi: da Santa Lucia a San Sebastiano, da Sant’Alfio a San Domenico, da San Paolo ai Santi Martiri, dagli Angeli agli Arcangeli, da Santa Sofia a Santa Rita, da San Giuseppe a Sant’Antonio, alla Madonna venerata con vari titoli e nel segno genuino delle Sue Lacrime”.


La pietà popolare: manifestazione di vita teologale
La pietà popolare ha la sua radice nella nostra fede in Dio, ricevuta e incarnata nel cammino ecclesiale. Il Santo Papa Paolo VI ha indirizzato la pietà dal concetto di “religiosità popolareˮ a quello di “pietà popolareˮ, cioè da un carattere più sociologico a quello dal sapore più teologico e pastorale (Paolo VI, Evangelii nuntiandi). Purificata, centrata in Gesù Cristo morto e risorto, essa merita la nostra attenzione, in quanto può aiutarci a prendere consapevolezza del nostro essere reale popolo di Dio. Anche San Giovanni Paolo II ha evidenziato nella pietà popolare una straordinaria risorsa spirituale, purtuttavia da evangelizzare «affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico» (Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, 18).
Per Papa Benedetto XVI la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa: attraverso essa la fede è entrata nel cuore degli uomini, diventando parte dei sentimenti, delle abitudini, del comune sentire e vivere (Benedetto XVI, Discorso, 8 aprile 2011).
Papa Francesco ha definito la pietà popolare una «realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista» (EG 122), che permette alla fede di essere «incarnata in una cultura» (EG 123) e di diventare «manifestazione di una vita teologale» (EG 125), «luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione» (EG 126), per la sua «forza evangelizzatrice» (EG 122), e «sistema immunitario della Chiesa» (Francesco, Primo Convegno internazionale per i rettori e gli operatori dei Santuari, 29 novembre 2018).

La pietà popolare: fisionomia della Chiesa locale
La devozione del popolo è un dono dello Spirito per la vita della Chiesa. Le diverse manifestazioni di fede delle comunità della nostra Diocesi trovano il loro luogo naturale di formazione, di trasmissione e anche di trasformazione e di rinnovamento nella parrocchia. Proprio nellʼambito istituzionale della parrocchia la pietà si nutre della Parola di Dio, della spiritualità, dellʼinsegnamento del magistero e della viva tradizione della Chiesa. La fede comporta un felice intreccio della sua dimensione affettiva e interiore con la vita vissuta, che non può essere limitata a un mero esercizio intellettuale. La fede alimenta la genuina espressione della pietà, dei simboli e degli affetti.  Papa Francesco sostiene che occorre «capire il popolo di Dio, senza pregiudizi», perché «il popolo è dotato di quel “fiuto” della fede, di quella “infallibilità in credendoˮ» (Ibidem) in quanto portatore di una sorta di sapienza intuitiva proveniente dallo Spirito Santo. La pietà popolare – «espressione del sentire profondo maturato dai credenti» (Direttorio su pietà popolare e liturgia, 1) – scaturisce, infatti, dall’annunzio del Vangelo sedimentato sotto lʼazione dello Spirito Santo; diventa patrimonio della nostra fede e delinea la fisionomia della nostra Chiesa locale, caratterizzandone la sua stessa “particolaritàˮ.

La pietà popolare: comunione di preghiera e di carità
È necessario al contempo un continuo rinnovamento interiore per non smarrire il senso cristiano della festa che deve sempre scaturire e portare a Dio, al servizio della carità al prossimo. Se una manifestazione popolare non ci porta nell’ineffabile comunione con Dio e alla pace con tutti, occorre un serio esame di coscienza sulla autenticità evangelica delle nostre azioni. La vera festa è vivere davanti a Dio, alla sua presenza, sotto il suo sguardo. Il cammino di perfezione è umiltà, perché la santità è la presenza di Dio nel cuore dell’uomo. Noi troviamo Dio soltanto attraverso un cammino di spogliamento, di discesa, di semplicità. Se anche noi vogliamo essere santi dobbiamo dire di no a tutto quello che ci separa da Dio e dagli altri. Per vivere una fede autentica è necessario che Dio viva in noi, perché Lui solo è Santo. Il rapporto del fedele con Dio, la Vergine e i Santi – mediato da immagini che ci ricordano la loro presenza protettiva – richiede oggi la sublimazione della devota pietà in un rapporto di profonda comunione con il Signore. Possiamo crescere insieme nellʼintima comunione di vita con Cristo, vivendo nella docilità allo Spirito, coltivando la preghiera, accrescendo la nostra fede, pensando e operando secondo Dio. Il mistero di Dio si comprende solo vivendolo, incarnandolo e trasmettendolo. Per questo San Gregorio Magno amava pregare dicendo: «O Signore, se voglio capire le cose che ascolto da te, devo subito metterle in pratica». A motivo della grave situazione di pandemia in corso, anche quest’anno non sarà possibile esprimere la nostra devozione con le processioni esterne, ma certamente potremo intensificare la preghiera con la pratica sacramentale della confessione e della comunione, con i gesti concreti di carità e di vicinanza verso chi è in difficoltà. Ad imitazione dei nostri padri, accorriamo allʼaltare del Signore con animo penitente ed orante, elevando al Cielo suffragi per quanti sono morti a causa dellʼepidemia o di altri mali che affliggono la nostra vita.
Cogliamo negli eventi della storia i segni della presenza di Dio, per scorgere le sue vie e per prospettare un futuro di fraternità e di concordia.
Invochiamo su tutti il dono della pace e del lavoro, specie per quanti stanno vivendo il dramma di un presente carico di difficoltà e di un futuro che si prospetta estremamente incerto. Siano questi i segni delle nostre feste patronali: preghiera, penitenza, carità, fraternità e intercessione. Imploriamo il patrocinio dei nostri Santi Patroni! Si innalzi dallʼintera Diocesi lʼunanime supplica verso il Cielo:
«Pregate per noi!».
In compagnia dei nostri Santi, avanziamo nel cammino della fede, volgendo lo sguardo a Dio che ci guiderà passo dopo passo nel cammino verso la santità.  A tutti auguro di cuore un buon cammino di fede, un rinnovamento spirituale, una creatività pastorale e uno slancio di carità, purificati dalla fedeltà a Cristo e illuminati dalla sapienza del Vangelo”.