I Vescovi siciliani sulla situazione economica, sociale e politica della Regione

 ‘Lo sguardo verso la realtà siciliana, l’attenzione verso i bisogni assai gravi delle fasce più deboli, l’ascolto delle voci preoccupate per la situazione della popolazione, il giudizio che come pastori siamo chiamati a dire e a dare ci hanno convinti che in questo momento non possiamo tacere’.

Con queste parole si apriva il documento del 9 ottobre 2012, Amate la giustizia voi che governate sulla terra con il quale, come Vescovi di Sicilia, proponevamo le nostre riflessioni sulla situazione sociale e politica del momento, proprio in occasione delle incipienti elezioni regionali.

Sono trascorsi sedici mesi da allora e le urgenze che ci avevano indotti a non tacere sulla gravità della condizione in essere appaiono, oggi, aggravarsi notevolmente da rendere necessario il prendere nuovamente la parola. 

1. La crisi in atto e l’urgenza di un profondo cambiamento

La crisi che stiamo vivendo già da tempo ci chiama a misurarci con nuove sfide rispetto alle quali nessuno può essere lasciato indietro, senza che si possa immaginare un semplice ritorno ad equilibri passati.

Siamo ad un tornante delicato della storia nel quale, particolarmente come cristiani, ci sentiamo spinti a raggiungere quelle ‘periferie esistenziali’, indicate più volte dal Santo Padre Francesco, offrendo quel supplemento di testimonianza e condivisione di cui specie i più poveri hanno bisogno per fare concreta esperienza della Carità di Cristo.

La crisi economica nella nostra regione, oltre a coinvolgere qualche grande azienda, indotta a licenziare o a diminuire la produzione e quindi le ore lavorative per i dipendenti, sta interessando tante piccole e medie imprese (agricole, artigianali, commerciali), che costituiscono la trama connettiva della nostra economia provocando la vulnerabilità e la povertà delle nostre famiglie che rischiano quotidianamente la propria coesione e la propria sussistenza. 

2. L’avvio della legislatura regionale

Siamo consapevoli delle notevoli difficoltà che gravano su chi ha assunto ruoli di governo in Sicilia. In forza della nostra missione di Pastori, intendiamo tuttavia esercitare un discernimento sugli sviluppi allarmanti che accompagnano questo primo periodo di attività della legislatura.

Il primo nodo è proprio quello della classe dirigente, non solo di quella politica, che dovrebbe caratterizzarsi sempre, e a maggior ragione in questa fase, con la cifra del rigore etico e della competenza socio-politica. Essa costituisce la misura concreta di quella trasparenza nella gestione della cosa pubblica richiesta da tutti i cittadini, per non rimanere una ripetitiva evocazione retorica, utile solo ad ottenere un generico consenso elettorale e mediatico e non per affrontare adeguatamente i tanti problemi che sono sul tappeto.

In verità si tratta di una esigenza che non riguarda solo i livelli istituzionali e politici ma chiunque eserciti ruoli di responsabilità verso gli altri e che, come cristiani, ci esorta a recitare il mea culpa su noi stessi, prima che sugli altri, per le tante omissioni o pavidità.

La società siciliana al suo interno possiede una riserva di capacità e competenze che attendono di essere poste a servizio di tutti per sostenere, nella corresponsabilità, la speranza delle siciliane e dei siciliani. 

3. Una visione di lungo periodo per lo sviluppo della Sicilia

La mancanza di un virtuoso e tempestivo utilizzo delle risorse dell’Unione Europea, ancora a disposizione della Sicilia, sembra essere una deprecabile costante delle politiche pubbliche regionali, circostanza ancor più grave se si considera che con un bilancio interamente ingessato dalla spesa corrente, proprio i fondi comunitari restano (o meglio resterebbero) l’unica risorsa finanziaria significativa per promuovere la crescita dei nostri territori.

A monte di questa incapacità risiede certamente un deficit di programmazione e di prospettiva progettuale, frutto di una logica miope fatta di localismi e frammentazione, priva di ampio respiro e perciò incapace di innescare mutamenti strutturali e di generare autentico e duraturo sviluppo.

Tutto ciò non basta, però, a giustificare il gravissimo ritardo accumulatosi nell’uso delle risorse, col rischio di perderle a vantaggio di altri territori europei. Occorre ribadire con chiarezza la necessità del buon funzionamento della macchina amministrativa regionale, le cui distorsioni, corruttele ed inefficienze vanno certamente corrette con decisione, ma in una prospettiva generale di valorizzazione e riconoscimento delle competenze personali. In particolare una dirigenza pubblica continuamente delegittimata e resa precaria in funzione della fedeltà politica, più che spronata e responsabilizzata in ragione di un’effettiva professionalità, non costituisce di certo la chiave di volta verso l’efficienza e la stabilità organizzativa, condizioni necessarie a fare presto e bene per non disperdere risorse preziose.

Ulteriore preoccupazione suscita il tema del prossimo ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020 col quale supportare le dinamiche di sviluppo dei prossimi, e probabilmente decisivi, sette anni. Nulla o quasi è dato conoscere in ordine all’orizzonte strategico che l’Amministrazione intende perseguire in questa delicatissima fase decisionale: né idee, né dibattiti, né confronti in grado di stimolare una partecipazione e un coinvolgimento diffusi della compagine economica e sociale, ma solo passaggi e documenti definiti nelle sedi burocratiche di confronto.

La costante appare, pertanto, quella di una continua rincorsa alla gestione emergenziale del contingente, rispetto alla quale proprio l’ormai cronica carenza finanziaria della Regione dovrebbe suggerire ben altro slancio progettuale e capacità di analisi. In altri termini bisogna cambiare passo se si vuole operare una inversione di tendenza che scongiuri il tracollo dell’Isola. 

4. Le politiche sociali e la famiglia

Altrettanto drammatico è quanto sta accadendo sul fronte delle politiche sociali e della famiglia. Alle promesse e ai proclami volti a sostenere i tanti poveri della nostra Regione sono seguite scelte assolutamente parziali e insufficienti, se non contraddittorie, che mostrano una grave insensibilità verso il tema delle vecchie e nuove povertà, purtroppo in costante aumento.

L’effetto annuncio della cancellazione della ormai nota Tabella H, ancora una volta non ha avuto un effettivo seguito. L’introduzione di nuovi criteri di selezione nell’uso di questi fondi avrebbe dovuto garantire una gestione più trasparente e appropriata delle risorse da attribuire ai diversi organismi del privato sociale che operano meritoriamente da anni nel mondo del bisogno e del disagio. In realtà, in questo altalenante e incerto contesto, i soggetti più qualificati ed efficienti, che con un investimento pubblico assai limitato potrebbero innescare dinamiche di rete e solidarietà vera nella risposta ai bisogni primari, soprattutto delle fasce deboli della popolazione, come quello alimentare, sono state messe definitivamente in ginocchio.

Il Governo regionale ha ritenuto, ancora, di dovere contraddistinguere le proprie scelte in tema di welfare introducendo nell’ultima legge finanziaria una generica estensione dei diversi benefici previsti dalla legislazione regionale a favore della famiglia anche alle coppie di fatto purché registrate in appositi registri delle unioni civili eventualmente istituiti dai comuni.

Si tratta di una strada intrapresa all’insegna di una lettura alquanto approssimativa e inconsapevole dei bisogni più diffusi e delle urgenze più avvertite dal tessuto familiare siciliano, frutto probabile di qualche venatura ideologica accompagnata da una disarmante approssimazione giuridica, peraltro rilevata dallo stesso Commissario dello Stato.

Tale venatura, è bene ribadirlo, poco o nulla ha a che fare con una tutela autentica di quell’inviolabile dignità e di quel valore unico che ad ogni persona, in quanto voluta e amata da Dio, vanno sempre riconosciuti, quale che sia la sua condizione di vita personale, in una prospettiva sulla quale come Chiese di Sicilia ci sentiamo particolarmente impegnati.

Invece è stato del tutto trascurato l’obiettivo di rifinanziare e attuare pienamente la legge regionale sulla promozione e valorizzazione della famiglia di cui la Regione già dispone (L.r. n. 10 del 2003), aperta ad una visione organica e innovativa della politica pubblica alla luce dei mutamenti sociali in essere nelle dinamiche e negli assetti di vita propri dell’esperienza familiare. 

5. L’accoglienza dei migranti

Una rinnovata attenzione specifica deve essere rivolta agli effetti preoccupanti del crescente fenomeno delle migrazioni interne ed esterne. Non si tratta di una semplice emergenza da fronteggiare, ma di un fenomeno dai connotati strutturali, destinato a segnare nei prossimi decenni la vita di interi popoli e nazioni, riscoprendo che l’unico modo di vivere l’attenzione all’altro è un’autentica fraternità.

I primi a mostrare questa consapevolezza sono stati proprio i cari abitanti di Lampedusa, che hanno offerto al mondo la testimonianza credibile di un’accoglienza praticata come autentica carità evangelica. Lo stesso dicasi delle altre città costiere interessate dal fenomeno degli sbarchi. Il loro esempio costituisce un monito per la coscienza di ciascuno di noi e, particolarmente, per quella di coloro che sono chiamati a responsabilità pubbliche.

Esistono, in proposito, livelli diversi di competenze e responsabilità che, come quello europeo, attendono ancora di essere pienamente esercitati. Rimaniamo convinti, tuttavia, dell’opportunità che ogni intervento, nell’ottica del principio di sussidiarietà, si ispiri alla promozione e al sostegno delle esperienze che sul campo già offrono esempi espressivi di accoglienza e integrazione, valorizzandone modelli d’intervento proposti e dinamiche di rete attivate. 

6. L’abolizione delle Province e la riforma del governo

Suscita allarme e preoccupazione l’irrisolta vicenda della tanto propagandata riforma delle Province, che finora ha prodotto solo l’abolizione dell’esistente e il protrarsi delle gestioni commissariali.

Nel pur lodevole intento di ridurre i costi degli apparati politici, non è stata tenuta in adeguata considerazione la circostanza che l’ente provinciale è parte di un più complesso sistema di governo locale, peraltro delineato nell’ambito di un precisa cornice costituzionale e non solo statutaria.

La soppressione o la modifica del sistema delle Province doveva, pertanto, inquadrarsi in un organico processo di riforma istituzionale chiamato a riconsiderare le stesse competenze della Regione, che per gran parte vengono esercitate, ancora oggi, nell’ambito di circoscrizioni provinciali.

Il Governo regionale ha, tuttavia, privilegiato un diverso approccio, determinato essenzialmente da esigenze di protagonismo mediatico, gettando nel caos le Amministrazioni provinciali siciliane con gravi disagi per taluni settori della vita sociale, come l’istruzione e le infrastrutture, o le società partecipate con ricadute sui cittadini.

Auspichiamo, quindi, che il dibattito di queste settimane possa ricondursi a minore improvvisazione e a maggiore senso di responsabilità senza rinunciare, a costo di riconoscere eventuali errori sin qui compiuti, all’esercizio di una seria attività legislativa che sappia anteporre il bene di tutti i cittadini a quello di interessi di parte. 

7. I giovani ed il lavoro

Non occorrono sofisticate analisi per comprendere quale sia l’attuale condizione, tristemente rappresentata dal 35,7% di Neet, giovani in età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione.

Auspichiamo vivamente, in questo campo, una radicale rivisitazione delle priorità politiche regionali, fondata sul riconoscimento delle nostre risorse umane quale primo e decisivo fattore di intervento per la crescita e lo sviluppo, per non alimentare sacche clientelari e per scongiurare un ennesimo fallimento.

La tormentata vicenda della formazione professionale sembra seguire, purtroppo, una direzione diversa. Alla doverosa denuncia di sprechi e malaffare consumati sul futuro dei nostri giovani, che Magistratura e Forze dell’Ordine stanno perseguendo con encomiabile decisione, ha fatto seguito un sostanziale vuoto di iniziativa. Valga per tutti l’esempio del progressivo depauperamento dell’esperienza di formazione professionale in capo ai Salesiani ed ad altre Congregazioni Religiose ed Enti che, fino ad oggi, ha sempre ottenuto riconoscimenti estremamente significativi sul mercato del lavoro, anche oltre i confini regionali, per la qualità dell’offerta e per i risultati conseguiti; continuando di questo passo l’anno prossimo si potrà scrivere solo la storia di queste istituzioni, prossime al collasso.

In una Regione con un bassissimo tasso di industrializzazione, investire sul capitale umano significa guardare al ruolo del sistema educativo e universitario. Ma anche in questo caso l’urgenza del quotidiano tende a diventare l’alibi per rinunciare ad una logica di più ampio respiro.

Eppure, tra le pieghe del nostro pur fragile apparato economico, possiamo scoprire gli esempi virtuosi di quanti hanno accettato e vinto la scommessa di intraprendere e di restare: come Chiese di Sicilia continuiamo a scommettere nella metodologia e profezia del Progetto Policoro, nel quale intendiamo investire con rinnovato entusiasmo e con nuove risorse.

Certamente esiste una grave questione sociale legata a forme storiche di lavoro precario rispetto alle quali non deve essere disconosciuta o tradita la dignità dei lavoratori. Tuttavia rifiutiamo con decisione l’idea che quella del precariato sia la sola politica del lavoro possibile in Sicilia stante la grave criticità finanziaria della Regione, che appare all’esterno come il perpetuarsi di una logica assistenzialistica. Il rischio elevatissimo rimane, infatti, quello di alimentare nuovi bacini clientelari, utili a gestire consenso piuttosto che promuovere interventi in grado di valorizzare percorsi educativi, risorse umane, merito e capacità d’intrapresa, anche a costo di qualche impopolarità. 

8. I costi della politica

Responsabili della cosa pubblica e partiti fanno, di questi tempi, della riduzione dei costi della politica un cavallo di battaglia. Questo impegno si deve fondare sulla sobrietà ed il decoro personale che impegna ciascun cittadino e amministratore e non può ridursi con generici proclami e mere denuncie.

Ridurre i costi della politica assume, oggi, una valenza etica prima che finanziaria, specie in un frangente in cui vengono compiute scelte di natura fiscale che incidono in modo pesantemente crescente sui bilanci di tante famiglie e di tante imprese. Incoraggiamo in questo senso l’Assemblea Regionale a proseguire coraggiosamente i passi compiuti di recente, così come vogliamo apprezzare anche le iniziative fatte in tale direzione da alcuni gruppi parlamentari.

Esiste un bisogno condiviso di moralità nella vita pubblica che chiama in causa il recupero di stili di vita, anche personali, improntati a sobrietà e misura, elementi necessari per restituire credibilità alle diverse Istituzioni che si rappresentano e senza i quali il servizio al bene comune si riduce a retorici appelli che sottendono, in realtà, ben altri interessi. 

In questa nostra riflessione non possiamo non riaffermare con forza l’assoluta e radicale incompatibilità del Vangelo con la mafia e la sub-cultura che ne deriva, come già fecero i Vescovi nel Documento Conclusivo delle Chiese di Sicilia ‘Nuova Evangelizzazione e Pastorale’ del 1993: ‘Tale incompatibilità con il Vangelo è intrinseca alla mafia per se stessa, per le sue motivazioni e per le sue finalità, oltre che per i mezzi e per i metodi adoperati. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno. Per questa ragione, tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o ad essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa’ (n. 12).

Nello stesso tempo, come insegna il martirio del Beato Giuseppe Puglisi, non possiamo ignorare un tema di scottante attualità come l’eclatante riproporsi di gravissime e inquietanti intimidazioni mafiose che sembrano riproporre il ritorno a cupe stagioni del passato.

La fermissima condanna di questo incedere minaccioso, unita alla più ampia solidarietà verso tutti coloro che ne sono purtroppo destinatari per la sola circostanza di compiere il proprio dovere come servitori dello Stato, è solo il primo passo in un cammino che tutti insieme siamo chiamati a compiere. Occorre consolidare, infatti, la comune coscienza di popolo forgiato all’insegna di quella tradizione ideale e d’impegno civile, tanto di matrice cattolica che laica, che parte così rilevante ha avuto nella storia della Sicilia. Un tratto molto importante di questa strada è stato percorso, in questi anni, anche grazie alla testimonianza di quanti hanno immolato la propria vita. Il loro sangue ha certamente generato nuova consapevolezza e nuova voglia di riscatto che non può indurci, tuttavia, ad abbassare la guardia. 

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Concludiamo affidando queste riflessioni, segno della nostra cura pastorale, della condivisa partecipazione alle difficoltà di tante famiglie siciliane e alle sofferenze dei più poveri e degli ultimi, alla responsabilità e all’impegno dell’intera comunità cristiana, così come di tutte le donne e di tutti gli uomini animati da una sincera passione per il bene comune, ancor necessaria per quanti sono chiamati a responsabilità pubbliche nella nostra regione.

Su di essa e su tutto il popolo siciliano, invochiamo grazia e benedizione dal Signore. 

Palermo, 19 febbraio 2014 

I Vescovi di Sicilia