MONS. PAPPALARDO IN VISITA NEL CARCERE DI CAVADONNA

 “Sono trascorsi già alcuni giorni da quando abbiamo celebrato la Pasqua. Ma la Pasqua del Signore deve essere Pasqua di rinascita e di resurrezione ogni giorno nella vita di ognuno di noi”. L’arcivescovo di Siracusa Mons. Salvatore Pappalardo saluta i detenuti del carcere di contrada Cavadonna a Siracusa. Sono nel cortile, passeggiano o giocano a calcio. Altri sono seduti. L’ora d’aria, il momento per loro di uscire da quella piccola cella dove spesso sono rinchiusi in quattro in uno spazio che ne potrebbe accogliere la meta’.

Una visita inaspettata. Mons. Pappalardo, un mese fa, nell’ambito della Visita pastorale, e’ stato nel carcere di Brucoli, Augusta. Il pastore della Chiesa siracusana ha sempre ribadito la necessita’ di portare il messaggio di salvezza della Pasqua in tutti i luoghi.

Ad accogliere l’arcivescovo, accompagnato dal cappellano del carcere don Angelo Lipari e dal diacono Salvatore Malfitano, e’ stata la direttrice del carcere dott.ssa Angela Giani’, insieme alla vice dott.ssa Linda Favi, ed al comandante delle guardie carcerarie.

Un saluto agli agenti di polizia penitenziaria, e poi una visita tra i diversi cortili che accolgono i detenuti in base al blocco di appartenenza.

Il carcere di Cavadonna soffre, come la maggior parte degli istituti di pena, il problema del sovraffollamento dei detenuti e della scarsità di organico degli agenti, in numero inferiore rispetto a quanto previsto. In realtà una nuova ala, con altre celle, potrebbe essere disponibile, essendo già stata realizzata, ma ancora si attende l’assegnazione del personale di polizia penitenziaria necessario. 

“Vi regalo questa immagine di Cristo che abbraccia la croce che mi e’ molto cara – ha detto l’arcivescovo parlando ai detenuti -: un particolare del quadro che si trova nella chiesa di Santa Maria in via Roma. “Gesù ha abbracciato la croce della nostra umanità per donarci la certezza della vita eterna” e’ la frase che ho scritto e sintetizza il messaggio di accoglienza e di condivisione della nostra condizione umana da parte di Gesù”.

L’arcivescovo ha avuto la possibilità di visitare la struttura, dalla lavanderia alla biblioteca, dalle aule studio, fino alla cappella. Un saluto anche ai soci della cooperativa “L’Arcolaio”, detenuti e non, che producono, nel laboratorio all’interno del carcere, prodotti biologici alle mandorle che vengono distribuiti in tutta Italia ed in diverse parti del mondo.

“E’ un posto segnato dalla sofferenza – ha detto don Angelo -. Come Chiesa interveniamo come possiamo, con l’ascolto e la preghiera, ma anche con i fondi che ci arrivano dall’8 x mille, grazie ai quali cerchiamo di rispondere ad esigenze primarie, come un paio di scarpe, indumenti, un paio di occhiali, ma anche un semplice pallone per giocare in cortile”.